Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1790 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1790 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
avverso la sentenza in data 31/01/2024 della CORTE DI APPELLO DI TO-
NOME ITALIA nata il 04/11/1975 a PRATO RINO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME RAGIONE_SOCIALE per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 31/01/2024 della Corte di appello di Torino, che ha confermato la sentenza in data 09/02/2022 del Tribunale di Vercelli, che l’aveva condannata per il reato di rapina aggravata.
Deduce:
Omessa motivazione in relazione all’art. 56 cod. pen..
La ricorrente denuncia il vizio di omessa motivazione in relazione al motivo di gravame con il quale si sosteneva che il fatto andava più correttamente qualificato come tentativo di rapina, non essendovi stata alcuna sottrazione.
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Manifesta illogicità della motivazione in riferimento all’oggetto materiale del reato.
A tale proposito premette che con il primo dei motivi nuovi esposti in appello aveva dedotto la mancata individuazione dell’oggetto materiale del reato, attesa l’indeterminatezza del riferimento generico ai capi di abbigliamento, non meglio individuati, visto che nel locale erano esposti migliaia di capi di ogni genere.
Denuncia, quindi, il vizio di omessa motivazione su tale doglianza.
Inosservanza dell’art. 62, comma primo, n. 4.
Il motivo viene qui riportato integralmente: «Le medesime emergenze avrebbero dovuto indurre a riconoscere la particolare tenuità del fatto e del danno che ne è conseguito».
4. Erronea applicazione dell’art. 59 della legge n. 689 del 24.11.1981.
Con l’ultimo motivo d’impugnazione si deduce l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il titolo di reato fosse ostativo all’accesso alla sostituzione della pena con pene sostitutive, là dove -invece- la giurisprudenza di legittimità ha spiegato che è possibile l’applicazione della sanzione sostituiva anche per il reato di rapina.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. GLYPH Il ricorso è complessivamente infondato.
1.1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, atteso che la Corte di appello, diversamente da quanto dedotto dalla ricorrente, ha dato risposta al motivo di appello con il quale si sosteneva la configurabilità di un tentativo di rapina, in luogo di una rapina consumata.
I giudici, infatti, hanno spiegato che la fattispecie configura una rapina consumata, in quanto la violenza è stata adoperata quando era già stata perpetrata la sottrazione dei beni, realizzata indossando i capi di abbigliamento esposti nel negozio, con i quali l’odierna ricorrente voleva allontanarsi vincendo la resistenza opposta dalla persona offesa dal reato.
La conclusione raggiunta dai giudici di merito è conforme all’insegnamento di questa Corte, che ha chiarito che «ai fini della configurazione della rapina impropria consumata è sufficiente che l’agente, dopo aver compiuto la sottrazione della cosa mobile altrui, adoperi violenza o minaccia per assicurare a sé o ad altri il possesso della “res”, mentre non è necessario che ne consegua l’impossessamento, non costituendo quest’ultimo l’evento del reato ma un elemento che appartiene al dolo specifico. (Nella fattispecie, la RAGIONE_SOCIALE. ha ritenuto immune da censure la condanna per rapina impropria consumata con riferimento alla condotta dell’imputato che
insieme ad altri correi, dopo aver tagliato la cassaforte, riponendone il contenuto in una borsa, sorpreso dalla polizia mentre si trovava ancora all’interno dell’appartamento, opponeva violenza per procurarsi l’impunità). (conf. Sez. 2, n. 1136 e 1137 del 22/02/2017, non mass.)» (Sez. 2, n. 11135 del 22/02/2017 Cc., Tagaswill, Rv. 269858 – 01; Sez. 2, n. 15584 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 281117 – 01; più di recente, tra molte, non massimata, Sez. 2, n. 44695 del 18/09/2024, Mejri).
1.2. Con il secondo motivo d’impugnazione la ricorrente si duole della mancata specificazione dell’oggetto materiale del reato e dell’omessa motivazione sul punto.
A tale riguardo va rilevata l’inammissibilità del motivo di gravame di cui si denuncia l’omessa considerazione, in quanto è stato sollevato con motivi nuovi privi di collegamento con quelli esposti con l’appello principale, con i quali si deduceva l’erroneità della qualificazione giuridica del fatto e il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, comma primo n. 4, cod. pen..
Va, dunque, rilevato come il tema della mancata specifica determinazione dell’oggetto materiale del reato non risulti in alcuna maniera ancorabile ai motivi dell’atto d’impugnazione tempestivamente dedotti.
Da ciò l’inammissibilità del motivo in esame già in sede di appello, dovendosi ricordare che «i motivi nuovi proposti a sostegno dell’impugnazione devono avere ad oggetto, a pena di inammissibilità, i capi o i punti della decisione impugnata già investiti dall’atto di impugnazione originario» (Sez. 2, n. 17693 del 17/01/2018, COGNOME, Rv. 272821 – 01).
Va ulteriormente ricordato che «la inammissibilità dell’impugnazione non rilevata dal giudice di secondo grado deve essere dichiarata dalla Cassazione, quali che siano state le determinazioni cui detto giudice sia pervenuto nella precedente fase processuale, atteso che, non essendo le cause di inammissibilità soggette a sanatoria, esse devono essere rilevate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento. (Fattispecie di inammissibilità dell’appello dovuta a tardiva presentazione dei motivi)» (Sez. 3, n. 20356 del 02/12/2020 Ud., dep. 2021, Mirabella, Rv. 281630 – 01).
1.3. Il terzo motivo d’impugnazione, relativo all’art. 62, comma primo, n. 4 cod. pen., riportato integralmente nella parte narrativa, è aspecifico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi
mossi ed esercitare il proprio sindacato.
1.4. Il quarto motivo di ricorso è infondato.
La Corte di appello ha ritenuto che l’art. 59 della Legge n. 689/1981 negasse la possibilità di accedere alla sanzione sostituiva delle pene detentive brevi nel caso di imputato condannato per il reato di rapina aggravata. Tanto è stato ritenuto in forza dell’art. 59, comma primo, lett. d), Legge 24 novembre 1981, n. 689, là dove dispone che la pena non può essere sostituita «nei confronti dell’imputato di uno dei reati di cui all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stata riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’ articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale».
Tra i reati indicati dall’art. 4-bis della Legge 26 luglio 1975, n. 354 si rinviene -in effetti e per quello che qui interessa- proprio la rapina aggravata.
Da qui la Corte di appello ha concluso nel senso che la pena sostitutiva non poteva essere riconosciuta all’imputata, in quanto condannata per un reato per cui non poteva essere disposta, per effetto della lettura combinata dell’art. 59 della Legge n. 689 del 1981 e dell’art. 4-bis della Legge n. 354 del 1975.
1.4.1. Va tuttavia osservato come la formulazione normativa cui ha fatto riferimento la corte di appello è quella entrata in vigore il 30/12/2022, siccome modificata dall’art. 71, comma 1, lett. g), decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia).
La norma vigente all’epoca della commissione del delitto (02/10/2020), invece, era così formulata:
«La pena detentiva non può essere sostituita nei confronti di coloro che, essendo stati condannati, con una o più sentenze, a pena detentiva complessivamente superiore a (tre anni) di reclusione, hanno commesso il reato nei cinque anni dalla condanna precedente.
La pena detentiva, se è stata comminata per un fatto commesso nell’ultimo decennio, non può essere sostituita:
nei confronti di coloro che sono stati condannati più di due volte per reati della stessa indole;
nei confronti di coloro ai quali la pena sostitutiva, inflitta con precedente condanna, è stata convertita, a norma del primo comma dell’articolo 66, ovvero nei confronti di coloro ai quali sia stata revocata la concessione del regime di semilibertà;
nei confronti di coloro che hanno commesso il reato mentre si trovavano sottoposti alla misura di sicurezza della libertà vigilata o alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, disposta con provvedimento definitivo ai sensi delle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, e 31 maggio 1965, n. 575».
La collazione del testo della norma così come formulato prima e dopo la c.d.
riforma COGNOME fa emergere che, all’epoca del fatto, la condanna per il reato di rapina aggravata non era ostativa alla sostituzione della pena detentiva breve.
Va, dunque, osservato che le modifiche apportate con la riforma Cartabia all’art. 59 della Legge n. 689 del 1981 hanno portata sostanziale e, in quanto tali, soggiacciono alla regola della necessaria applicazione della norma più favorevole ai procedimenti pendenti al tempo cui sopravvenga una modifica normativa in senso sfavorevole all’imputato.
Con l’ulteriore specificazione che l’individuazione del regime di maggior favore per il reo deve essere operata in concreto, comparando le diverse discipline sostanziali succedutesi nel tempo, stante il valore assoluto del principio di irretroattività della norma meno favorevole (in tal senso, tra molte, Sez. 4, n. 50047 del 24/10/2014, Ferrante).
Nel caso in esame la norma di minor favore per l’imputato va individuata in quella attualmente vigente, in forza della quale, per come visto, all’imputata sarebbe precluso l’accesso alla sostituzione della pena in quanto condannata per il reato di rapina aggravata.
Da ciò discende che la Corte di appello, in effetti, ha negato l’accesso alle sanzioni sostitutive con una motivazione resa in violazione dell’art. 2 cod. pen., atteso che ha ritenuto applicabile all’odierna ricorrente una norma più sfavorevole rispetto a quella vigente all’epoca del fatto.
1.4.2. Ciononostante, va comunque rilevato come anche in applicazione della normativa vigente all’epoca del fatto -sia pure per ragioni differenti da quelli indicate dalla Corte di appello- l’imputata non potrebbe accedere alla sanzione sostitutiva a ciò ostandovi l’art. 59 comma secondo lett. a) della legge 24 novembre 1981 n. 689, in quanto condannata più di due volte per reati della stessa indole, visto che nei suoi confronti è stata ritenuta la recidiva, specifica e infraquinquennale.
Il motivo va, dunque, rigettato sul punto.
Segue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 17/12/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME