Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28239 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28239 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a GROSSETO il 27/11/1984
avverso la sentenza del 11/12/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta violazione di legge e vizio di motivazione per mancata riqualificazione del reato di rapina impropria in quello di furto, risulta privo dei requisiti richiesti, a pena di inammissibilità ricorso, dalli art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., essendo fondato su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e adeguatamente esaminati e disattesi dai giudici di appello, con lineare e congrua motivazione, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, omettendo un effettivo confronto con le ragioni di fatto e di diritto poste a base della decisione della sentenza impugnata (si veda, in particolare, pag. 2);
considerato, infatti, che la nozione di immediatezza richiesta dall’art. 628, comma secondo, cod. pen. non va intesa in senso spazio-temporale, in quanto, per la sua esatta comprensione, occorre fare riferimento alla sua accezione etimologicamente più ampia, che sta a indicare qualcosa che non ha nulla di interposto, di cose che si succedono nel tempo e nello spazio e che sono tra loro in rapporto di causalità, senza che fra l’una e l’altra si interpongano altre persone o cose o fatti. Tanto vale a dire che il fatto da qualificare deve intendersi in maniera unitaria e complessiva e considerare se vi sia stata una soluzione di continuità tra la sottrazione/impossessamento, l’inizio delle ricerche, il rintraccio dei malviventi nel corso della fuga (anch’essa intesa in senso ampio, potendo protrarsi per un tempo indeterminato e con modalità variabili) e, infine, la violenza adoperata per sottrarsi alla cattura e guadagnarsi l’impunità. Sulla base di tale nozione di immediatezza, va ribadito il principio di diritto già affermato da questa Corte (correttamente richiamato dai giudici di merito), a mente del quale «nella rapina impropria, la violenza o la minaccia possono realizzarsi anche in luogo diverso da quello della sottrazione della cosa e in pregiudizio di persona diversa dal derubato, sicché, per la configurazione del reato, non è richiesta la contestualità temporale tra sottrazione e uso della violenza o minaccia, essendo sufficiente che tra le due diverse attività intercorra un arco temporale tale da non interrompere l’unitarietà dell’azione volta ad impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o di assicurare al colpevole l’impunità. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione come rapina impropria di un furto cui erano seguite immediate indagini di P.G. nell’ambito delle quali gli autori dello stesso, dopo circa due ore, venivano individuati ed arrestati, dopo aver tentato di forzare un posto di blocco)» (Sez. 2, n. 43764 del 04/10/2013, COGNOME, Rv. 257310 – 01; Sez. 7, n. 34056 del 29/05/2018, Belegrouh, Rv. 273617 – 01). Il motivo, dunque, è Corte di Cassazione – copia non ufficiale
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manifestamente infondato, in quanto contrasta con un pacifico e oramai risalente principio di diritto;
considerato che, inoltre, avendo il ricorrente censurato un’errata valutazione delle emergenze probatorie, lamentando, in particolare, l’omessa assunzione di una rilevante prova testimoniale, giova ribadire come la valutazione delle risultanze processuali e la scelta tra le varie fonti di prova di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono giudizi di fatto estranei al sindacato di legittimità e riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento (per tutte, Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, COGNOME, Rv. 207944; si vedano anche, ex plurimis: Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482 – 01; Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, COGNOME, Rv. 250362);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 4, cod. pen., è manifestamente infondato, poiché il giudice di appello ha motivato tale diniego in termini coerenti con la costante ed assolutamente prevalente giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che sono conseguenza del reato, sicché, con specifico riguardo al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura pluri-offensiva del delitto, il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto (cfr. Sez. U, n. 42124 del 27/06/2024, COGNOME, Rv. 287095 – 02; Sez. 2, n. 28269 del 31/05/2023, Conte, Rv. 284868 – 01; Sez. 2, n. 50987 del 17/12/2015, COGNOME, Rv. 26568501; Sez. 2, n. 19308 del 20/01/2010, COGNOME, Rv. 247363- 01). Ne consegue che, solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo all’applicazione dell’attenuante, sulla base di un apprezzamento riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità se, come nel caso di specie risulta immune da vizi logico-giuridici (si veda la pag. 3 della sentenza impugnata ove, per escludere detta attenuante, si fa riferimento alla condotta particolarmente grave e pericolosa, non solo nei confronti degli agenti di polizia
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ma, anche più in generale, per la pubblica incolumità, posta in essere dal ricorrente);
pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la rilevato,
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, il 17 giugno 2025.