Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27163 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27163 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nata a MARCIANISE il 02/12/1990 COGNOME nato a ACERRA il 22/03/1988
NOME nata a NAPOLI il 26/05/1992
avverso la sentenza del 21/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Napoli, emessa il 16 novembre 2022, che aveva condannato i ricorrenti alle pene di giustizia ed al risarcimento del danno nei confronti della parte civile in relazione a due reati di rapina impropria e cinque reati di furto aggravato di beni esposti presso supermercati della catena Lidi.
Ricorrono per cassazione gli imputati, a mezzo del loro comune difensore e con unico atto, deducendo:
violazione di legge e nullità della sentenza impugnata per effetto della mancata indicazione nella sentenza di primo grado del numero di registro, che non avrebbe consentito di accertare l’autenticità dell’atto pregiudicando il diritto di difesa de ricorrenti;
vizio della motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità dei ricorrenti per i reati di furto, non essendo stata quantificata e identificata la merce sottratta dagli esercizi commerciali, circostanza idonea ad ingenerare dubbi sulla sussistenza dei reati;
violazione di legge in ordine alla ritenuta responsabilità per i reati di rapina, essendo mancato l’elemento costitutivo della violenza o minaccia alla persona, commesse dopo diverso tempo dall’asportazione della merce e non condivisa tra i ricorrenti, che invocano, per questo, la qualificazione giuridica dei fatti come ipotesi di furto semplice, con applicazione di una pena adeguata;
violazione di legge in ordine alla circostanza aggravante delle più persone riunite, che non sarebbe stata motivata e che avrebbe dovuto ritenersi subvalente rispetto alle circostanze attenuanti generiche, tenuto conto dei problemi economici degli imputati, che li avevano spinti a delinquere.
I ricorrenti si dolgono anche della mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 4) cod.pen., avendo i ricorrenti agito in stato di necessità dovuto alle loro disagiate condizioni economiche;
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione della disciplina della continuazione rispetto ad altri reati precedentemente giudicati, di natura e modalità analoghe a quelli per cui si procede e commessi in tempi ravvicinati, nel triennio 2018-2021.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi generici e, comunque, manifestamente infondati.
Quanto al primo motivo, i ricorrenti omettono di indicare la decisiva circostanza che il numero di registro della sentenza di primo grado – la cui mancanza, in ogni caso, non aveva interferito in alcun modo con i diritti della difesa, che aveva proposto puntuali atti di appello avverso la sentenza di interesse, all’evidenza correttamente individuata – risulta inserito nella intestazione della sentenza.
In ordine al secondo motivo, i ricorrenti non si confrontano con la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di appello ha fatto riferimento alle testimonianze delle persone offese dei vari reati, presenti ai fatti, che
avevano documentato, nei vari casi, l’asportazione di merce da parte degli imputati senza alcun pagamento del corrispettivo ed in base ad un modello di comportamento illecito seriale e collaudato.
Del pari, in relazione al terzo motivo, il ricorso è generico, sorvolando del tutto sul resoconto delle vittime delle due rapine di cui ai capi 1 e 3, che avevano riferito di aver subito minacce o violenze dal ricorrente COGNOME, finalizzate ad assicurarsi il possesso dei beni e l’impunità; questi agiva in combutta con le coimputate, adibite ad asportare la merce dal supermercato poco prima dell’intervento del complice (fg. 6 della sentenza impugnata), con consequenziale corretta qualificazione giuridica dei fatti come rapina e non come furto.
4. Il quarto motivo è generico.
4.1. La Corte di appello, nel descrivere la dinamica seriale dei fatti, ha rimarcato la contestuale presenza dei tre imputati al cospetto delle vittime dei reati di rapina.
4.2. Altrettanto aspecifica e non legata ad oggettive risultanze significative è la censura che investe il giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee, effettuato dai giudici di merito nel senso della equivalenza anziché della prevalenza delle attenuanti generiche, essendo stato reputato congruo tale giudizio in ragione del numero degli episodi, elemento che è stato valorizzato anche per la determinazione della pena.
La giurisprudenza di legittimità è, infatti, concorde nel ritenere che in tema di bilanciamento di circostanze eterogenee, non incorre nel vizio di motivazione il giudice di appello che, nel formulare il giudizio di comparazione, dimostri di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell’art. 133 cod. pen. e gli altri dati significativi (Sez. 1, n. 17494 d 18/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279181; Sez. 2, n. 3610, del 15/01/2014, COGNOME, Rv. 260415).
4.3. Del tutto inconferente è l’assunto volto a censurare la mancata concessione della attenuante del danno di speciale tenuità, ancorata ad una non meglio specificata situazione necessitata dei ricorrenti e senza tenere conto della natura plurioffensiva dei reati di rapina e del notevole profitto ottenuto siccome indicato nella sentenza impugnata (fg. 7).
Infine, quanto al rigetto della richiesta di continuazione “esterna”, di cui all’ultimo motivo di ricorso, la Corte territoriale ha offerto una valutazione di merito non viziata da manifeste illogicità, allorquando ha valorizzato la serialità degli episodi contestati, dimostrativi, piuttosto che di un medesimo disegno criminoso, di una spiccata attitudine a delinquere assurta a scelta di vita, nonché sottolineando che i precedenti penali già giudicati – che il ricorso non
precisa neanche a quali degli imputati riferibili – erano datati nel tempo, al contrario di quelli all’odierno esame.
Deve rammentarsi, in proposito, che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, condivisa dal Collegio, in tema di continuazione, l’accertamento del
requisito della unicità del disegno criminoso costituisce una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito, il cui apprezzamento in sede di
legittimità è sindacabile solo ove non sia sorretto da adeguata motivazione (Sez.
6, n. 49969 del 21/09/2012, COGNOME Rv. 254006-01; Sez. 4, n. 25094 del
13/06/2007, COGNOME Rv. 237014-01).
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa
delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa degli stessi ricorrenti nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso, il 25/06/2025.