Rapina impropria o tentato furto? La Cassazione fa chiarezza
La distinzione tra un furto che non riesce e una rapina impropria può essere sottile ma ha conseguenze penali molto diverse. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i criteri per distinguere le due fattispecie, sottolineando come la condotta minacciosa posta in essere dopo la sottrazione del bene sia l’elemento decisivo. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere quando un tentativo di furto si trasforma in un reato ben più grave.
I Fatti del Caso
Il caso nasce dal ricorso di un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato di rapina impropria. L’imputato, attraverso il suo difensore, sosteneva che la sua condotta dovesse essere riqualificata come tentato furto. Secondo la sua tesi, le azioni commesse non avevano raggiunto quel livello di violenza o minaccia necessario per integrare il delitto di rapina. Le sue lamentele, o doglianze, si concentravano su una diversa interpretazione dei fatti, già esaminata e respinta nel precedente grado di giudizio.
L’Analisi della Corte sulla rapina impropria
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione principale di questa decisione risiede nella mancanza di ‘specificità’ del ricorso stesso. In pratica, l’imputato non ha sollevato nuove questioni di diritto, ma si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni di fatto già discusse e ritenute infondate dalla Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno ricordato che il loro ruolo non è quello di riesaminare i fatti come un terzo grado di giudizio, ma di verificare la corretta applicazione della legge.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha evidenziato che la decisione dei giudici d’appello era ben motivata, sia dal punto di vista logico che giuridico. L’analisi della Corte d’Appello aveva chiaramente ricostruito i fatti basandosi sulle prove emerse durante il dibattimento. Da questa ricostruzione era emersa ‘l’idoneità della condotta minacciosa’ dell’imputato e del suo complice a ‘intimorire la persona offesa’. È proprio questo elemento, la capacità della minaccia di incutere timore e coartare la volontà della vittima, a trasformare un furto in una rapina impropria. La violenza o minaccia, anche se esercitata dopo la sottrazione per assicurarsi il bottino o la fuga, qualifica il reato in modo più grave. Poiché il ricorso non contestava la violazione di una norma di legge ma tentava di ottenere una nuova valutazione dei fatti, è stato dichiarato inammissibile.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma due principi importanti. In primo luogo, un ricorso in Cassazione deve contenere critiche specifiche alla sentenza impugnata su questioni di diritto, non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni fattuali. In secondo luogo, e più sostanzialmente, conferma che per configurare una rapina impropria è sufficiente una condotta minacciosa che, valutata nel contesto, sia capace di intimidire la vittima. Non è necessaria una violenza fisica esplicita; anche una minaccia velata o gestuale può essere sufficiente a integrare questo più grave reato. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Qual è la differenza tra tentato furto e rapina impropria secondo questa ordinanza?
La differenza fondamentale risiede nell’uso di violenza o minaccia subito dopo la sottrazione del bene. Se l’autore del furto utilizza una condotta minacciosa capace di intimidire la vittima per assicurarsi la refurtiva o la fuga, il reato si qualifica come rapina impropria e non come semplice tentato furto.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per mancanza di specificità, in quanto si limitava a riproporre le stesse questioni di fatto già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare valide censure sulla corretta applicazione della legge.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4831 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4831 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di Procaccini NOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione di legge in ordine alla qualificazione giuridica della condotta nel reato di r impropria in luogo di quello di tentato furto, è privo di specificità poiché ripr le stesse doglianze in punto di fatto già discusse e ritenute infondate dal gi del gravame con corretti argomenti logici e giuridici (si vedano, in particol pagg. 3 e 4 sulla ricostruzione dei fatti alla luce delle risultanze dibattimen cui emerge l’idoneità della condotta minacciosa dell’imputato e del correo intimorire la persona offesa e, quindi, a integrare il delitto di rapina imp contestato);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con l condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 17 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente