Rapina Impropria: La Sottile Differenza tra Furto e Violenza Post-Sottrazione
Quando un furto cessa di essere tale e si trasforma in un reato più grave? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, torna a fare luce sulla distinzione tra furto e rapina impropria, un concetto fondamentale nel diritto penale. Il caso analizzato offre spunti cruciali per comprendere come la reazione violenta successiva alla sottrazione di un bene possa cambiare drasticamente la qualificazione giuridica del fatto e, di conseguenza, la pena. L’ordinanza chiarisce i criteri per distinguere le due fattispecie e valuta la legittimità della reazione nei confronti delle forze dell’ordine.
Il caso: dal furto alla condanna per rapina
I fatti riguardano un individuo condannato nei gradi di merito per i reati di rapina impropria, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali. In sintesi, dopo aver commesso un furto, l’imputato, al fine di assicurarsi il possesso della refurtiva e di garantirsi la fuga, opponeva una violenta resistenza agli agenti di polizia intervenuti, provocando loro delle lesioni. La difesa dell’imputato ha contestato tale ricostruzione, chiedendo alla Suprema Corte di riqualificare il fatto come semplice furto e di riconoscere una causa di non punibilità per la resistenza opposta.
I motivi del ricorso: una difesa basata sulla qualificazione del reato
La difesa ha basato il proprio ricorso per cassazione su due motivi principali:
1. Errata qualificazione giuridica: Secondo il ricorrente, il fatto avrebbe dovuto essere qualificato come furto e non come rapina impropria. La violenza, a suo dire, non era strettamente connessa e immediatamente successiva al furto al punto da trasformarne la natura.
2. Causa di non punibilità: Per i reati di resistenza e lesioni, la difesa ha invocato l’applicazione dell’art. 393-bis del codice penale, che esclude la punibilità per chi reagisce a un atto arbitrario del pubblico ufficiale.
La decisione della Cassazione sulla rapina impropria
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo che i motivi proposti fossero una mera riproposizione di argomentazioni già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno confermato la validità del ragionamento dei giudici di merito, che si basava su elementi chiari e logici.
La continuità tra furto e violenza
Il punto centrale della decisione riguarda il legame temporale e finalistico tra la sottrazione del bene e la violenza successiva. La Corte d’Appello aveva evidenziato come il ristretto arco temporale tra il furto e la fuga violenta dimostrasse che l’aggressione ai pubblici ufficiali era finalizzata proprio ad assicurarsi il possesso di quanto sottratto. È questa finalità, unita all’immediatezza dell’azione, a configurare il delitto di rapina impropria anziché quello di furto.
Il rigetto della causa di non punibilità
Anche riguardo alla resistenza e alle lesioni, la Cassazione ha ritenuto corrette le conclusioni della corte territoriale. Quest’ultima aveva già esaminato e motivato le ragioni per cui non era applicabile la causa di non punibilità, basandosi sia sulla dinamica dell’aggressione fisica sia sui certificati medici che attestavano le lesioni subite dagli agenti. Il ricorso, non presentando nuovi elementi validi, è stato quindi respinto su questo punto.
Le motivazioni della Corte
Le motivazioni della Suprema Corte si fondano sul principio della non rivalutazione del merito in sede di legittimità. Se il giudice di secondo grado ha già esaminato in modo logico e giuridicamente corretto le censure dell’imputato, la Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella precedente. In questo caso, la Corte d’Appello aveva fornito argomenti solidi per qualificare il fatto come rapina impropria, sottolineando il nesso inscindibile tra l’impossessamento della refurtiva e la successiva aggressione per mantenerne il possesso. Similmente, aveva adeguatamente motivato il diniego della scriminante della reazione ad atto arbitrario. Pertanto, il ricorso, limitandosi a ripetere le stesse doglianze, è stato giudicato inammissibile.
Le conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio consolidato: la violenza o la minaccia, esercitate immediatamente dopo un furto per assicurarsi la refurtiva o l’impunità, trasformano il reato in rapina impropria. La decisione sottolinea l’importanza di analizzare il contesto e la sequenza delle azioni. Per gli operatori del diritto e i cittadini, ciò significa che qualsiasi atto violento posto in essere durante la fuga successiva a un furto può comportare conseguenze penali molto più severe. Inoltre, la pronuncia conferma che la causa di non punibilità per la reazione a un atto del pubblico ufficiale non può essere invocata genericamente, ma richiede una prova rigorosa dell’arbitrarietà della condotta dell’agente, prova che in questo caso era mancata.
Quando un furto si trasforma in rapina impropria?
Secondo l’ordinanza, un furto diventa rapina impropria quando, immediatamente dopo la sottrazione del bene, l’autore usa violenza o minaccia per assicurarsi il possesso di quanto rubato o per garantirsi la fuga. Il fattore decisivo è lo stretto legame temporale e finalistico tra il furto e la successiva condotta violenta.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una semplice ripetizione di argomenti già adeguatamente esaminati e respinti con motivazioni logiche e giuridicamente corrette dalla Corte d’Appello. La Cassazione non può riesaminare nel merito una decisione ben motivata.
Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per la resistenza a pubblico ufficiale?
La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di non applicare la causa di non punibilità (art. 393-bis c.p.) perché le ragioni a sostegno di tale richiesta erano già state valutate e respinte. La decisione si basava sull’analisi della dinamica dell’aggressione fisica ai danni degli agenti e sui certificati medici che provavano le lesioni.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 934 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 934 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato il 27/05/1994
avverso la sentenza del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
considerato che il primo e il secondo motivo di ricorso, con cui si deducono la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto nel reato di rapina impropria in luogo di quello di furto, nonché in relazione all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali (invocandosi, per tale delitto, la causa di non punibilità di cui all’art. 393-bis cod. pen.), sono meramente riproduttivi di profili di censura in punto di fatto già adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte territoriale con corretti argomenti logici e giuridici (cfr. pp. 9-11, sul ristretto a temporale tra la commissione del furto e la fuga, finalizzata ad assicurarsi il possesso del bene, nonché sulla resistenza dell’imputato ai pubblici ufficiali, che era sfociata in una aggressione fisica nei confronti degli stessi; sui certificati medici attestanti le lesioni e sulle ragioni del diniego della causa di non punibilità);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in data 19 novembre 2024
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