Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 45605 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 45605 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
COGNOME NOME NOME a RIBERA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/02/2024 della CORTE DI APPELLO di PALERMO visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le richieste del PG AVV_NOTAIO COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Palermo ha integralmente confermato la pronuncia di condanna emessa in data 25 ottobre 2023 dal Tribunale di Palermo nei confronti di NOME COGNOME, per i reati di cui agli artt. 628 cod. pen. e 75, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, articolando due motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si contesta, sotto il profilo del vizio di motivazione, l’affermazione di responsabilità per la rapina impropria, nonostante specifici motivi
di gravame avessero invocato la riqualificazione in tentato furto con strappo, in difetto di condotta effettivamente minacciosa, data l’assenza di timore nella persona offesa, e di possesso esclusivo della cosa sottratta.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa censura la mancata applicazione dell’art. 62-bis cod. pen.
All’odierna udienza pubblica, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
La doppia conforme motivazione dei giudici di merito ha già congruamente chiarito – all’esito di una ricostruzione in fatto impermeabile allo scrutinio di legittimità, in quanto priva di vizi logico-giuridici – come l’imputata, al fine d assicurarsi il possesso del telefono appena sottratto alla persona offesa, abbia minacciato quest’ultima, evocando un risolutivo intervento del fratello; la vittima della rapina, intimorita, anche per il contestuale intervento di due ignoti extracomunitari che ventilavano addirittura di accoltellarlo, aveva gridato, invocando aiuto (cfr. sentenza di appello, p. 2; sentenza di primo grado, pp. 2-5).
Ferma questa descrizione della vicenda, in punto di diritto, la Corte territoriale ha fatto buon governo del principio secondo cui la minaccia necessaria a integrare l’elemento oggettivo della rapina può consistere in qualsiasi comportamento deciso, perentorio e univoco dell’agente, che sia astrattamente idoneo a produrre l’effetto di turbare o diminuire la libertà psichica e morale del soggetto passivo (Sez. 2, Sentenza n. 48955 del 11/09/2019, R., Rv. 277783-01; Sez. 1, n. 46118 del 04/11/2009, COGNOME, Rv. 245498-01).
Le deduzioni difensive, avulse da questo ampio e congruo apparato argomentativo, sono, dunque, generiche e, comunque, manifestamente infondate.
Del pari, è manifestamente priva di fondamento la doglianza incentrata sull’incompiutezza dell’impossessamento.
La condotta di impossessamento, invero, si realizza non appena l’agente abbia la disponibilità materiale della cosa sottratta, intesa come passaggio nella propria esclusiva detenzione, instaurando una relazione diretta con la res, con conseguente privazione per la vittima della detenzione, del potere di dominio e di vigilanza sulla cosa stessa. A nulla rileva la circostanza che l’impossessamento abbia avuto durata minima, e persino che non ci sia stato allontanamento dal luogo in cui si è verificata la sottrazione, ovvero la mera temporaneità della condizione di dominio sulla refurtiva, per l’intervento dell’avente diritto o della Forza pubblica o per altra causa (Sez. 2, n. 7500 del 26/01/2017, COGNOME, Rv. 269576-01; Sez. 2, n. 14305 del 14/03/2017, COGNOME, Rv. 269848; Sez. 2, n. 5512 del
22/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258207-01; nonché, in tema di furto, Sez. 5, n. 33605 del 17/06/2022, Rv. 283544-01).
La Corte di appello, infine, ha motivato congruamente – esprimendo un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità, non rilevandosi contraddittorietà o illogicità – l’impossibilità di riconoscere le circostanze attenuanti generiche, richiamando congruamente la gravità della condotta e la negativa personalità dell’imputata, gravata da precedenti specifici (p. 3). D’altronde, non è necessario che il giudice di merito, nel motivare sul punto, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quell ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione – cfr. Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549-02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269-01; Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163-01).
Il secondo motivo non è, pertanto, consentito e d è comunque manifestamente infondato.
Il ricorso, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30 ottobre 2024
Il AVV_NOTAIO estensore
La Presidente