Rapina Impropria: Quando la Fuga Violenta Aggrava il Furto
La linea di confine tra un furto e una rapina può essere molto sottile. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione (Ordinanza n. 9144/2024) offre un chiarimento decisivo su quando un furto si trasforma nel più grave reato di rapina impropria. Il caso analizzato riguarda un episodio di violenza commesso subito dopo un furto in un supermercato, proprio per garantirsi la fuga. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: la contestualità tra la sottrazione del bene e la successiva violenza è l’elemento chiave per qualificare il reato.
I Fatti del Caso
La vicenda ha origine da un furto commesso all’interno di un supermercato. L’imputato, dopo aver sottratto della merce, veniva fermato da un addetto alla sorveglianza subito dopo aver varcato l’uscita del negozio. A questo punto, per assicurarsi la fuga e mantenere il possesso di quanto rubato, l’uomo aggrediva l’addetto. Condannato sia in primo grado che in appello per il reato di rapina impropria, l’imputato presentava ricorso in Cassazione, chiedendo che il fatto venisse riqualificato come due reati distinti e meno gravi: furto e minaccia.
L’Analisi della Cassazione sulla Rapina Impropria
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, giudicandolo manifestamente infondato. I giudici hanno sottolineato che la decisione della Corte d’Appello era corretta, logica e ben motivata. L’argomento centrale della difesa, volto a separare il momento del furto da quello della violenza successiva, non ha trovato accoglimento. La Cassazione ha infatti confermato che l’aggressione all’addetto alla sorveglianza non era un evento a sé stante, ma una condotta direttamente finalizzata a garantirsi l’impunità dopo il furto appena commesso.
Le Motivazioni
La Corte ha richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia. Per la configurazione della rapina impropria, ai sensi dell’art. 628, secondo comma, del codice penale, è sufficiente che tra l’azione di sottrazione del bene e l’uso della violenza o della minaccia non intercorra un lasso di tempo tale da spezzare l’unitarietà del contesto. L’azione violenta deve essere strettamente funzionale a impedire al derubato di recuperare i propri beni o ad assicurare al colpevole la fuga. Nel caso specifico, l’aggressione è avvenuta ‘immediatamente dopo’ il superamento delle casse, in un nesso temporale e finalistico che lega indissolubilmente il furto alla violenza. Pertanto, la condotta rientra a pieno titolo nella fattispecie della rapina impropria.
Le Conclusioni
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione consolida un importante principio di diritto: la violenza o la minaccia esercitata in stretta successione al furto per assicurarsi la fuga non costituisce un reato autonomo, ma qualifica l’intera azione come il più grave delitto di rapina impropria. Questo serve da monito sul fatto che la reazione violenta per sottrarsi alle conseguenze di un furto comporta conseguenze penali significativamente più severe.
Quando un furto si trasforma in rapina impropria?
Un furto si trasforma in rapina impropria quando, subito dopo la sottrazione della cosa, l’autore usa violenza o minaccia contro una persona per assicurare a sé o ad altri il possesso del bene sottratto o per garantirsi l’impunità.
Quanto tempo può passare tra il furto e la violenza affinché si configuri la rapina impropria?
Secondo la sentenza, non deve intercorrere un arco temporale tale da interrompere l’unitarietà dell’azione. La violenza o la minaccia devono avvenire in una fase immediatamente successiva alla sottrazione del bene, in uno stretto nesso temporale.
Aggredire un addetto alla sorveglianza dopo un furto per scappare è rapina impropria?
Sì, la Corte ha confermato che aggredire un addetto alla sorveglianza immediatamente dopo aver commesso un furto, al fine di garantirsi la fuga e l’impunità, è una condotta che integra pienamente il reato di rapina impropria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9144 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9144 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/05/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di impugnazione con cui il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 129 cod. proc. pen. e 628 comma secondo cod. pen. e la mancata riqualificazione del fatto nei reati di furto e minaccia è al contempo reiterativo e manifestamente infondato. La Corte territoriale, con motivazione priva di illogicità manifeste e congrua rispetto alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni dal Giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, ha sottolineato che il ricorrente, immediatamente dopo aver raggiunto l’uscita del supermercato, aggrediva l’addetto alla sorveglianza al fine di garantirsi l’impunità, condotta che i giudici d appello hanno correttamente ritenuto idonea a dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 628, comma secondo, cod. pen. (pagina 2 della sentenza impugnata);
osservato che la Corte di merito ha fatto corretto uso del principio di diritto secondo cui per la perfezione del reato di rapina impropria è sufficiente che, come nel caso di specie, tra la condotta di sottrazione e l’uso della violenza o della minaccia non intercorra un arco temporale tale da interrompere l’unitarietà dell’azione volta ad impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o di assicurare al colpevole l’impunità (cfr. Sez. 7, Ordinanza n. 34056 del 29/05/2018, Belegrouh, Rv. 273617- 01; Sez. 2, n. 2111 del 17/11/2022, dep. 2023, COGNOME, non massimata)
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 23 gennaio 2024
Il Consigré -Estensore
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