Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 66 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 66 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato il 18/08/2003 NOME nato il 06/10/2003
avverso la sentenza del 21/10/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi di COGNOME e di COGNOME considerato che COGNOME ha proposto tre motivi:
il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato e, in realtà, formulato in termini non consentiti in questa sede di legittimità: la Corte di appello ha ricostruito l’episodio in maniera minuziosa, con puntuale riferimento alle emergenze istruttorie, che le hanno consentito di confermare la riconducibilità della condotta del ricorrente nel paradigma del delitto di rapina, essendo peraltro appena il caso di ribadire che, in tema di rapina impropria, il requisito della immediatezza della violenza o della minaccia va riferito esclusivamente agli aspetti temporali della “flagranza” o “quasi flagranza” e non va interpretato letteralmente nel senso che violenza o minaccia debbono seguire la sottrazione senza alcun intervallo di tempo (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 40421 del 26/06/2012, COGNOME, Rv. 254171 – 01; conf., Sez. 2, n. 43764 del 04/10/2013, COGNOME, Rv. 257310 – 01);
il secondo motivo è infondato “in fatto”, avendo la Corte di appello argomentato nel senso che il ricorrente, dopo una prima fase in cui le vittime si erano rifugiate in una pizzeria, era tornato insieme ad altri armati di tirapugni ed altri oggetti pericolosi per porre in essere una spedizione punitiva e portare a termine l’azione predatoria; ed è a questa fase che i giudici di merito, con apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, hanno riferito la sicura consapevolezza, da parte del ricorrente, della disponibilità di quegli strumenti da parte dei sodali;
il terzo motivo è manifestamente infondato per le ragioni correttamente spiegate, in punto di diritto, dalla Corte di appello (cfr., pag. 7 della sentenza) e che risultano del tutto corrette alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., Sez. 1 – , n. 15083 del 10/02/2021, D’Italia, Rv. 280903 – 01; Sez. 1, n. 57624 del 29/09/2017, Greco, Rv. 271901 – 01);
considerato che il ricorso dell’COGNOME è articolato un unico motivo concernente la congruità della pena ma è a sua volta manifestamente infondato essendo assolutamente consolidato il principio secondo il quale nel caso in cui venga irrogata una pena di gran lunga più vicina al minimo che al massimo edittale, il mero richiamo ai “criteri di cui all’art. 133 cod. pen.” realizza u motivazione sufficiente per dar conto dell’adeguatezza della pena all’entità del
fatto; invero, l’obbligo della motivazione, in ordine alla congruità della pena inflitta tanto più si attenua quanto più la pena, in concreto irrogata, si avvicina al minimo edittale (cfr., in tal senso, tra le tante, Sez. 1, n. 6677 del 05/05/1995, COGNOME, Rv.201537; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464); si è, inoltre, ritenuto che l’impegno motivazionale debba tener conto, quale parametro di riferimento, la media edittale; si è affermato che, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (cfr., Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288, in cui la Corte ha peraltro precisato che la media edittale deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo); né può ritenersi contraddittoria la decisione che, nel parametrare la pena base al di sopra del minimo edittale, contestualmente riconosca le circostanze attenuanti generiche;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 21 novembre 2023.