Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22422 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22422 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nata a Bergamo il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/06/2023 della Corte d’appello di Ancona dato avviso alle parti;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME NOME, la quale ha proposto un motivo aggiunto e ha chiesto che il ricorso venga trattato in pubblica udienza;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione di legge e il vizio della motivazione in punto di ritenuta configurabilità del reato rapina impropria consumata anziché tentata è manifestamente infondato, atteso che la Corte di merito, sulla base di una ricostruzione del fatto che non è censurabile in questa sede di legittimità, nel ritenere l’avvenuta consumazione della rapina, si è conformata al principio, affermato dalla Corte di cassazione, secondo cui, ai fini della consumazione del delitto di rapina impropria, non è necessario che l’agente abbia conseguito il possesso della cosa mobile altrui, essendo sufficiente che ne abbia semplicemente compiuto la sottrazione, rispetto alla cui sussistenza non assume rilievo in senso contrario il controllo del personale di vigilanza, siccome idoneo a eventualmente impedire soltanto la successiva
acquisizione di un’autonoma disponibilità della cosa stessa (Sez. 2, n. 15584 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 281117-01, relativa a una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la condanna per rapina impropria consumata di due soggetti che avevano sottratto altrettanti trapani da un esercizio commerciale, usciti dal quale avevano usato violenza nei confronti degli addetti alla vigilanza, che li avevano tenuti sotto controllo, al fine di assicurarsi la fuga e il possesso dei trapani);
considerato che il secondo motivo, con il quale si deduce la violazione dell’art. 62, n. 4), cod. pen., è generico perché è privo dei requisiti prescritti dall’art. 58 comma 1, lett. d), cod. proc. pen., in quanto non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, tenuto conto del fatto che la Corte di cassazione ha chiarito che, ai fini della configurabilità dell’attenuante del danno di special tenuità con riferimento al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura plurioffensiva del delitto de quo, il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto, con la conseguenza che, solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo all’applicazione dell’attenuante, sulla base di un apprezzamento riservato al giudice di merito (Sez. 2, n. 50987 del 17/12/2015, COGNOME, Rv. 265685-01; Sez. 2, n. 19308 del 20/01/2010, Uccello, Rv. 247363-01);
ritenuto che, alla luce di tale orientamento della Corte di cassazione, il motivo di appello della ricorrente appariva comunque manifestamente infondato, tenuto conto della lesione della libertà e dell’integrità anche fisica che è stata recata all persona offesa dal reato, minacciata di gravi conseguenze («ti faccio ammazzare, di faccio fare una brutta fine») e colpita con schiaffi e con pugni;
reputato che il terzo motivo, con il quale si deduce la violazione di legge in punto di ritenuta sussistenza del reato di resistenza a un pubblico ufficiale, non è consentito in sede di legittimità perché tende a ottenere un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati d giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si veda, in particolare, la pag. 5 sulle risultanze istruttorie, da cui è emerso come l’agente COGNOME, ancorché in borghese, si fosse qualificato come appartenente alla Polizia RAGIONE_SOCIALE, e come l’imputata avesse deliberatamente usato violenza e minaccia nei suoi confronti per opporglisi mentre, evidentemente, stava ormai esercitando il proprio ufficio);
pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
rilevato che, a norma dell’art. 585, comma 4, secondo periodo, cod. proc. pen., l’inammissibilità dell’impugnazione si estende ai motivi nuovi.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 16 aprile 2024.