LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Rapina impropria: consumata con la sottrazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per rapina impropria. Il caso riguardava il furto di un portafoglio su un autobus, seguito da resistenza per fuggire. La Corte ha ribadito che la rapina impropria si considera consumata con la semplice sottrazione del bene, anche senza un possesso pacifico, se seguita da violenza o minaccia per assicurarsi il bene o l’impunità. Ha inoltre escluso l’attenuante del danno di modesta entità per un valore di 100 euro.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rapina Impropria: Quando un Furto Diventa Consumato? La Cassazione Chiarisce

La distinzione tra reato tentato e reato consumato è uno dei pilastri del diritto penale, con conseguenze significative sulla pena applicabile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione torna a fare luce su questo confine, in particolare per il delitto di rapina impropria. Questa pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere quando l’azione criminale può dirsi completata, anche se il colpevole non riesce a godere pacificamente del maltolto.

Il Caso: Un Borseggio sull’Autobus che si Trasforma

I fatti alla base della decisione sono emblematici di una situazione purtroppo comune. Un individuo sfila il portafoglio dalla tasca di un passeggero a bordo di un autobus di linea. Tuttavia, viene scoperto dalle forze dell’ordine presenti sul posto. Per tentare di fuggire e assicurarsi l’impunità, l’uomo oppone resistenza agli agenti.

Condannato in primo e secondo grado per rapina impropria consumata, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, l’imputato presenta ricorso in Cassazione. La sua difesa si basa principalmente su due argomenti:
1. Il reato doveva essere qualificato come tentata rapina impropria, non consumata, poiché non vi era stato un impossessamento stabile del bene.
2. Doveva essere applicata l’attenuante del danno di particolare tenuità, dato il modesto valore del bene sottratto (cento euro).

La Questione sulla Consumazione della Rapina Impropria

Il cuore della controversia legale risiede nella definizione del momento consumativo della rapina impropria. Questo reato si differenzia dalla rapina “propria” perché la violenza o la minaccia non sono usate per sottrarre il bene, ma dopo la sottrazione, al fine di assicurarsi il possesso o l’impunità. L’imputato sosteneva che, non avendo mai avuto il controllo pacifico del portafoglio, l’azione si fosse fermata allo stadio del tentativo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile e confermando la condanna. Le motivazioni offrono una chiara lezione di diritto.

Basta la Sottrazione per la Consumazione

Richiamando un principio consolidato delle Sezioni Unite, i giudici hanno ribadito che, per la consumazione della rapina impropria, è sufficiente che si sia completata la sottrazione della cosa. Non è necessario il successivo impossessamento, inteso come acquisizione di un controllo pacifico e autonomo sul bene.

Nel caso specifico, l’atto di sfilare il portafoglio dalla tasca della vittima ha integrato pienamente la sottrazione, poiché ha interrotto la relazione di controllo tra il proprietario e il suo bene. La violenza usata immediatamente dopo contro gli agenti per fuggire ha perfezionato il reato nella sua forma consumata.

La Corte precisa che il tentativo di rapina impropria si configurerebbe solo se l’agente, dopo aver compiuto atti idonei a sottrarre il bene (ma senza riuscirci per cause esterne), usasse violenza. Poiché in questo caso la sottrazione era avvenuta, il delitto era consumato.

Nessuna Attenuante per Danno di 100 Euro

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha ritenuto che il valore del bene sottratto, pari a cento euro, non potesse essere considerato “irrisorio” al punto da giustificare l’applicazione dell’attenuante comune del danno di particolare tenuità (art. 62 n. 4 c.p.). Su questo punto, la decisione si allinea a un recente orientamento delle Sezioni Unite, che ha fissato criteri più stringenti per il riconoscimento di tale attenuante, escludendola in radice quando il valore economico non è del tutto trascurabile.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cruciale: nella rapina impropria, il discrimine tra tentativo e consumazione è segnato dal completamento della sottrazione, non dal consolidamento del possesso. La violenza o la minaccia successive alla sottrazione “cristallizzano” il reato nella sua forma consumata. La decisione ha importanti implicazioni pratiche, poiché consolida un’interpretazione rigorosa che mira a tutelare non solo il patrimonio, ma anche l’incolumità della persona, punendo più severamente chi, pur dopo un furto, non esita a ricorrere alla violenza per raggiungere i propri scopi.

Quando una rapina impropria si considera “consumata” e non solo “tentata”?
Secondo la Corte, la rapina impropria è consumata quando l’agente, dopo aver completato la sottrazione del bene, usa violenza o minaccia per assicurarsi il possesso o l’impunità. Non è necessario che riesca ad acquisire un possesso stabile e pacifico della refurtiva.

Perché il furto del portafoglio è stato considerato una “sottrazione” completa?
Perché l’atto di sfilare il portafoglio dalla tasca della vittima ha interrotto la relazione di controllo e disponibilità tra il proprietario e il suo bene. In quel momento, la sottrazione si è perfezionata, rendendo irrilevante che l’imputato sia stato scoperto immediatamente dopo.

Un danno di 100 euro può essere considerato di “particolare tenuità” per ottenere uno sconto di pena?
No. La Corte di Cassazione, conformandosi a un recente orientamento delle Sezioni Unite, ha stabilito che un valore di cento euro non è di per sé irrisorio e, pertanto, non è sufficiente per l’applicazione dell’attenuante del danno di particolare tenuità prevista dall’art. 62 n. 4 c.p.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati