Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 16931 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 16931 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di: COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 30/05/1989, avverso la sentenza emessa in data 07/06/2024 dalla Corte di appello di Palermo, visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte trasmesse dal Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità della impugnazione.
RITENUTO IN FATTO
Il ricorrente è imputato del delitto previsto e punito dagli artt. 110, 628 commi 2 e 3 n. 1 cod. pen., perché, in concorso con NOME e altro soggetto rimasto ignoto, al fine di trarne un ingiusto profitto, dopo essersi impossessati di una quantità di carburante del valore di euro trenta circa, sottratto alla colonnina di erogazione del distributore aperto al pubblico, per assicurarsi quanto sottratto, usavano violenza e minaccia nei confronti di NOME COGNOME, addetto alla erogazione; violenza consistita nel tentativo di colpirlo con un pugno e minaccia consistita nell’utilizzo della seguente espressione “ora ammazzo a tutti e scasso tutta la pompa di benzina”. Con l’aggravante di aver commesso il fatto in più persone riunite. Con la recidiva specifica e infraquinquennale per COGNOME Vincenzo (non ritenuta dal giudice di primo grado).
Il Tribunale di Palermo, con sentenza in data 30 maggio 2022, dichiarava l’imputato responsabile del reato ascritto e non applicato l’aumento per la contestata recidiva, riconosciuta la sussistenza della circostanza attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 4 cod. pen., lo condannava alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed euro 1.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Il Tribunale assolveva il correo per non aver commesso il fatto.
La Corte di appello, adita su impugnazione proposta dall’imputato, con sentenza in data 7 giugno 2024, confermava la sentenza impugnata.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore all’uopo nominato, deducendo i motivi in appresso sintetizzati, secondo quanto dispone l’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:
4.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione della legge penale incriminatrice ed il difetto di motivazione, per avere la Corte confermato la sentenza di primo grado in tema di responsabilità per il delitto di rapina aggravata, come erroneamente qualificato il fatto contestato.
4.2. Con il secondo motivo di ricorso la difesa censura l’errore di diritto commesso dai giudici di merito, che avrebbero malinteso i principi di diritto enunciati da questa Corte (Sez. 2, n. 14241 del 2021), qualificando il fatto come rapina, rigettando il motivo di appello che, sulla base della conforme giurisprudenza di legittimità, chiedeva qualificarsi la condotta come insolvenza fraudolenta (art. 641 cod. pen.), in difetto dell’elemento della sottrazione della res, che precede la violenza e minaccia, che caratterizzano e qualificano la rapina
impropria
3. Con il terzo motivo si denuncia la carenza o la contraddittorietà della motivazione in punto di accertamento dell’elemento soggettivo, lamentando il ricorrente il difetto di motivazione circa la sussistenza del dolo specifico di rapina.
4.4. Con il quarto motivo si censura la sentenza impugnata, che non avrebbe argomentato il riconoscimento dell’aggravante della recidiva specifica infraquinquennale contestata.
4.5. Con la memoria di replica alle conclusioni del Procuratore generale, la difesa insisteva nella qualificazione giuridica del fatto contestato come insolvenza fraudolenta, accompagnata da separata minaccia, insisteva quindi per l’annullamento della sentenza impugnata, richiamando i titoli dei motivi di ricorso originari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato. Correttamente la Corte territoriale ha confermato la decisione di primo grado, che aveva valorizzato l’impossessamento del carburante, sottratto al titolare della rivendita/cisterna per l’equivalente di euro 30 di benzina. Tale sottrazione si è realizzata, argomentano i giudici di merito nella conformità verticale della decisione, invito domino, in quanto il rifornimento del carburante è avvenuto con il consenso solo apparente -e certamente viziato- dell’avente diritto, che -reclamato il corrispettivo- veniva fatto oggetto di minacce e violenza da parte dell’autore della sottrazione, che agiva con la finalità di mantenere il possesso della cosa appena sottratta e guadagnare l’impunità.
2. Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato.
2.1. Per risolvere il quesito circa la corretta qualificazione giuridica del fatt occorre fare riferimento all’art. 628, secondo comma, del codice penale, che descrive la condotta tipica di chi “adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé l’impunità”. La norma in esame non offre alcuna precisa indicazione delle modalità di realizzazione della sottrazione; pertanto, essa acquista i connotati della condotta a forma libera, non potendosi previamente tipizzare il polimorfismo modale con cui la sottrazione può manifestarsi e realizzarsi.
Il legislatore distingue due fasi della condotta tipica: prima occorre consumare l’attacco al patrimonio, mediante la “sottrazione” e, subito dopo, deve realizzarsi l’aggressione funzionale alla persona, finalizzata a mantenere il possesso della cosa sottratta o guadagnare l’impunità. Nella rapina impropria accade, dunque, che la disponibilità del bene ottenuta con la sottrazione della cosa -non violenta e non minacciosa- si trasforma e si consolida in possesso ossia in dominio di fatto sul bene- per effetto della violenza o della minaccia adoperate dallo stesso autore della sottrazione od anche da un soggetto diverso.
2.2. Così delineata la struttura del reato e passando all’esame della condotta contestata al ricorrente e riconosciuta dai giudici di merito, occorre verificare se si sia realizzata sottrazione, non prima di aver inteso cosa intenda il legislatore, che ha indicato una tale azione come punibile.
Secondo l’orientamento formatosi in tema di furto (che sanziona pur sempre una condotta di sottrazione ed impossessamento, ma monca della aggressione alla persona), integra il delitto di furto aggravato dall’uso di mezzo fraudolento e non quello di insolvenza fraudolenta, la condotta di colui che si rifornisca di benzina presso un distributore e, approfittando della contingente situazione di assenza di controllo, si allontani prontamente senza corrispondere il relativo prezzo, in quanto in tal modo si realizza uno spossessamento invito domino (Sez. 5, n. 3018 del 09/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278148; Sez. 2, n. 43107 del 11/10/2013, G., Rv. 257243; Sez. 2, n. 407 del 24/02/1969, COGNOME, Rv. 111184 – 01). Tale esegesi è condivisa anche quanto alla rapina (Sez. 2, n. 31792 del 29/05/2018, COGNOME, non mass.; Sez. 2, 14241/2021), dovendo pur sempre valorizzarsi l’elemento costitutivo della sottrazione del bene al possessore (sostenuta da dolo apertamente manifestatosi), senza il suo valido consenso.
A tale orientamento si contrappone (per la rapina impropria) quello che valorizza una esegesi della sottrazione più “negoziale” (risentendo del consenso, espresso o assente, del detentore legittimo) e niente affatto “aritmetica” (Sez. 2, n. 18039 del 15/04/2014, COGNOME, Rv. 259582; Cass. pen., Sez. 2, n. 47925, del 18/10/2023, Forte, non mass.). Secondo tale interpretazione dell’azione tipizzata, risponde dei reati concorrenti di insolvenza fraudolenta e di minaccia e non, invece, di quello di rapina impropria – chi rifornisca la propria autovettura di carburante presso un distributore, a cui può lecitamente accedere con immediatezza, e poi si allontani, omettendo di corrispondere il relativo importo e minacciando l’impiegato del distributore, attesa l’assenza di una condotta di sottrazione fisica, intesa come svellimento della res dal dominio del detentore.
Ritiene il Collegio di dover dar seguito al primo orientamento richiamato, osservando che, nel caso al vaglio, deve ritenersi integrata la condotta di
sottrazione, posto che la condotta di chi, come l’imputato, manifestando interesse all’acquisto di un bene, ne acquisisca il possesso, dandosi repentinamente alla fuga con esso, realizza lo spossessamento invito domino, che caratterizza il delitto di furto, assente nella truffa o nell’insolven fraudolenta, in cui il possesso della “res” si consegue con il consenso della vittima (nei termini, Sez. 2, n. 3710 del 21/01/2009, COGNOME e altro, Rv. 242678).
Tale divisamento, invero, risulta aderente alla struttura del reato di rapina impropria, come sopra delineata e al cui riguardo si è sottolineato come sia indifferente, per il legislatore, la modalità di realizzazione della sottrazione, che pertanto- può avere alla sua base anche una domanda apparentemente lecita, che è solo una delle possibili modalità (per la riserva mentale che la caratterizza) di realizzazione della sottrazione.
Tanto è accaduto nella fattispecie, ove l’imputato ha chiesto all’addetto l’erogazione del carburante, con il preciso proposito di sottrarglielo, senza corrisponderne il prezzo.
A tale condotta di sottrazione, intesa come obiettivo depauperamento della massa custodita dal detentore legittimo, è poi seguito l’uso della minaccia e della violenza, al fine di consolidare il possesso del bene appena sottratto. Il semplice prelievo del carburante dalla colonnina di esposizione (ancorché assentito dall’addetto alla pompa) neppure può essere assunto come atto di manifestazione della volontà di accettare l’offerta (in considerazione della riserva mentale preesistente), non è quindi condotta idonea a determinare la conclusione del contratto (presupposto necessario del delitto di insolvenza fraudolenta); viceversa, quel prelevamento, congiunto al successivo stivaggio nel serbatoio del veicolo e seguito dalla aggressione personale, realizza gli elementi tipici del delitto contestato.
La compresenza di tutti gli elementi costitutivi previsti dall’art. 628, comma secondo, cod. pen. porta ad affermare che integra il reato di rapina impropria la condotta di colui che rifornisca la propria autovettura di carburante presso un distributore, con l’ausilio del benzinaio, e poi si allontana omettendo di corrispondere il relativo importo e minacciando l’impiegato del distributore, atteso che la sottrazione indica una condotta a forma libera, valorizzata dal risultato, che può essere realizzata anche in esito ad una richiesta “nec vi nec clam” (Sez, 2, n. 14241, del 26/11/2021, dep. 2022, COGNOME, non mass.).
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato, giacché oltre alla finalità di profitto ingiusto, il soggetto, dopo la sottrazione, ha agito con violen e minaccia, all’evidente scopo di assicurarsi il possesso del carburante. Mentre
nel reato di insolvenza fraudolenta il dolo è generico, rappresentato dallo stato di insolvenza dell’agente, e da quello, volitivo, di dissimulazione di tale stato al
momento dell’assunzione dell’obbligazione.
4.
Il quarto motivo di ricorso è manifestamente inammissibile, in quanto il
Tribunale di Palermo ha rilevato l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’aumento previsto per la recidiva, talché difetta a monte l’interesse a
coltivare l’esclusione di una aggravante il cui effetto ingravescente non è stato calcolato dal giudice del merito (art. 568, comma 4, cod. proc. pen.).
5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 7 marzo 2025.