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Rapina impropria: appello inammissibile se generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per rapina impropria. I motivi sono stati giudicati generici, ripetitivi di quanto già esaminato in appello e volti a ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa al giudice di legittimità. La condanna per rapina impropria è stata quindi confermata, con l’aggiunta del pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rapina impropria: quando il ricorso in Cassazione è destinato a fallire

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei rigorosi limiti entro cui si muove il giudizio della Corte di Cassazione, soprattutto in casi complessi come la rapina impropria. Questa fattispecie di reato si configura quando la violenza o la minaccia non precedono la sottrazione del bene (come nella rapina propria), ma la seguono immediatamente, allo scopo di conservare il maltolto o assicurarsi la fuga. Con una recente decisione, la Suprema Corte ha ribadito che non è possibile utilizzare il ricorso di legittimità per tentare di ottenere una terza valutazione dei fatti già esaminati nei due gradi di merito.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di rapina impropria. L’imputato, dopo essere stato giudicato colpevole in primo grado e aver visto confermata la sua condanna in appello, decideva di presentare ricorso per Cassazione. La sua difesa si basava su due motivi principali: la richiesta di riqualificare il reato in una fattispecie meno grave, come il tentato furto, e una critica alla motivazione della sentenza d’appello.

I Motivi del Ricorso e la tesi della difesa

La difesa del ricorrente contestava la qualificazione giuridica dei fatti. Sosteneva che gli elementi raccolti non fossero sufficienti a configurare una rapina impropria, ma al massimo un tentato furto. In sostanza, si contestava la valutazione delle prove operata dalla Corte d’Appello, in particolare l’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, con l’obiettivo di ottenere una ricostruzione dei fatti più favorevole.

Inoltre, il secondo motivo di ricorso lamentava un vizio di motivazione, asserendo che i giudici di secondo grado non avessero adeguatamente spiegato perché avessero escluso la possibilità di derubricare il reato. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe considerato a fondo le argomentazioni difensive, giungendo a una conclusione errata.

Le Motivazioni della Cassazione: Inammissibilità per Genericità e Riesame dei Fatti

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La motivazione della Suprema Corte si fonda su principi cardine del processo penale.

In primo luogo, il primo motivo è stato giudicato inammissibile perché le argomentazioni erano le stesse già presentate e respinte in modo congruo dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione deve presentare critiche nuove e specifiche alla sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le medesime questioni. Inoltre, e questo è il punto cruciale, il ricorrente chiedeva di fatto una nuova valutazione del materiale probatorio. La Cassazione, però, non è un “terzo grado di giudizio” dove si possono riesaminare i fatti. Il suo compito, definito “sindacato di legittimità”, è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria, senza entrare nel merito delle prove.

Anche il secondo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato e aspecifico. I giudici di legittimità hanno osservato che la Corte d’Appello aveva correttamente individuato tutti gli elementi costitutivi del reato di rapina impropria, conformemente alla giurisprudenza consolidata. La decisione di non riqualificare il fatto come tentato furto era, quindi, giuridicamente corretta e adeguatamente motivata.

Le Conclusioni: la conferma della condanna

L’esito del ricorso è stata la dichiarazione di inammissibilità. Questa decisione comporta due conseguenze significative per il ricorrente: la sentenza di condanna della Corte d’Appello diventa definitiva e irrevocabile. Inoltre, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista per aver intrapreso un’impugnazione rivelatasi priva di fondamento. Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legge o di logica della motivazione, e non può diventare un pretesto per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti.

Perché un ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile in questo caso di rapina impropria?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano generici, riproponevano argomentazioni già respinte in appello e, soprattutto, chiedevano una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.

Qual è la differenza tra furto tentato e rapina impropria che emerge dall’ordinanza?
L’ordinanza conferma che la rapina impropria si configura quando, dopo la sottrazione del bene, l’agente usa violenza o minaccia per conservare il possesso della refurtiva o per garantirsi la fuga. È proprio questo uso di violenza o minaccia ‘successiva’ che la distingue dal furto tentato, dove tale elemento è assente.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso da parte della Cassazione?
Comporta che la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende come sanzione per aver presentato un ricorso infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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