Rapina Consumata: Basta un Attimo di Possesso per Completare il Reato
Quando si può dire che una rapina sia effettivamente completata? È sufficiente che il colpevole riesca ad afferrare il bene, anche solo per un istante, o è necessario che riesca a fuggire e a garantirsi il bottino? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 34850/2024, torna a chiarire i confini del concetto di rapina consumata, ribadendo un principio consolidato e di grande rilevanza pratica. La decisione sottolinea come il reato si perfezioni nel momento esatto in cui la cosa sottratta entra nella sfera di controllo esclusivo dell’agente, a prescindere dalla durata di tale possesso.
Il Caso in Esame: Un Ricorso contro la Condanna per Rapina
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato condannato per rapina dalla Corte d’Appello di Genova. L’imputato sosteneva, tra le varie censure, che il reato non si fosse pienamente consumato. Secondo la sua tesi, il breve e precario possesso della refurtiva, immediatamente interrotto, non era sufficiente a integrare la fattispecie di rapina consumata, ma al massimo quella di tentata rapina.
Il ricorrente, in sostanza, chiedeva alla Suprema Corte di riesaminare le valutazioni di fatto compiute dai giudici di merito, contestando la ricostruzione della dinamica criminale e le conclusioni a cui erano giunti.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Concetto di Rapina Consumata
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi proposti non consentiti in sede di legittimità e manifestamente infondati. I giudici hanno colto l’occasione per riaffermare con forza il principio di diritto secondo cui il reato di rapina si consuma nel preciso istante in cui la cosa sottratta passa sotto il dominio esclusivo del soggetto agente.
Questo principio vale anche se:
– Il possesso dura per un tempo brevissimo.
– L’impossessamento avviene nello stesso luogo in cui si è verificata la sottrazione.
– Il colpevole è costretto ad abbandonare la refurtiva subito dopo, a causa dell’intervento del proprietario o delle Forze dell’Ordine.
Una volta che l’agente ha acquisito l’autonoma disponibilità del bene, il reato è perfezionato. Ciò che accade dopo non cambia la natura del reato da consumato a tentato.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha motivato la propria decisione su due pilastri principali. In primo luogo, ha evidenziato che la Corte d’Appello aveva correttamente applicato il principio di diritto appena esposto, citando anche un precedente giurisprudenziale conforme (Sentenza n. 14305/2017). La motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata adeguata e completa, avendo esaminato tutti gli elementi costitutivi del reato.
In secondo luogo, la Cassazione ha sottolineato la natura del proprio giudizio. Il ricorso non evidenziava reali violazioni di legge o vizi logici nella sentenza, ma mirava a ottenere un nuovo esame del merito della vicenda, un’operazione preclusa alla Corte di legittimità. Le censure, inoltre, erano una mera ripetizione di quelle già respinte, con adeguata motivazione, in appello. Per questi motivi, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche del Principio di Diritto
L’ordinanza in commento consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza. Stabilire il momento esatto della consumazione del reato ha conseguenze significative, sia in termini di qualificazione giuridica del fatto (tentativo o consumazione) sia in termini di commisurazione della pena. La decisione chiarisce che per aversi una rapina consumata non è richiesto un consolidamento del possesso o un allontanamento sicuro con la refurtiva. È sufficiente la rottura del controllo della vittima sul bene e la contestuale acquisizione di un potere autonomo, anche se solo potenziale e momentaneo, da parte del rapinatore. Questa interpretazione garantisce una tutela più efficace della vittima e una maggiore certezza del diritto.
Quando si può considerare consumato il reato di rapina?
Il reato di rapina si considera consumato nel momento in cui la cosa sottratta entra nel dominio esclusivo del soggetto agente, cioè quando quest’ultimo ne acquisisce la piena disponibilità, anche se per un tempo molto breve e nello stesso luogo della sottrazione.
Cosa succede se il rapinatore è costretto ad abbandonare subito la refurtiva?
Anche se il colpevole è costretto ad abbandonare immediatamente la refurtiva a causa dell’intervento della vittima o delle forze dell’ordine, il reato è comunque considerato consumato. La successiva perdita del possesso non trasforma il reato da consumato a tentato.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano manifestamente infondati e proponevano questioni non consentite in sede di legittimità. In particolare, il ricorrente non contestava una violazione di legge, ma cercava di ottenere un riesame dei fatti già valutati dalla Corte d’Appello, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34850 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34850 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a AGRIGENTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/06/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che i due motivi di ricorso sono inammissibili perché propongono questioni non consentite in sede di legittimità e perché manifestamente infondati, atteso che la Corte di appello ha fatto corretta applicazione del principio di diritt secondo cui II reato di rapina si consuma nel momento in cui la cosa sottratta cade nel dominio esclusivo del soggetto agente, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui si è verificata la sottrazione, e pur se, subito dopo il brev impossessamento, il soggetto agente sia costretto ad abbandonare la cosa sottratta per l’intervento dell’avente diritto o della Forza pubblica (Sez. 2 Sentenza n. 14305 del 14/03/2017, COGNOME, Rv. 269848 – 01);
considerato che la corte di appello ha adeguatamente motivato circa la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato alle pagine 6-7 della sentenz impugnata;
a fronte di una motivazione adeguata, le doglianze articolate nel ricorso non sono volte a evidenziare violazioni di legge o mancanze argomentative e manifeste illogicità della sentenza impugnata, ma mirano a sollecitare un improponibile sindacato sulle scelte valutative della Corte di appello e reiterano in gran parte le censure già sollevate dinanzi a quel Giudice, che le ha ritenute infondate sulla base di una lineare e adeguata motivazione, strettamente ancorata a una completa e approfondita disamina delle risultanze processuali, nel rispetto dei principi di diritto vigenti in materia;
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2024.