Rapina Consumata: Basta un Attimo di Possesso per Perfezionare il Reato
La distinzione tra un reato tentato e uno consumato è una delle questioni più delicate e cruciali del diritto penale, con conseguenze significative sulla pena applicabile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 43351/2024) torna a fare chiarezza su questo punto, specificando il momento esatto in cui una rapina si considera perfezionata. La pronuncia sottolinea come, per integrare la rapina consumata, sia sufficiente che l’aggressore riesca a impossessarsi della refurtiva anche solo per un breve istante, sottraendola così al controllo della vittima.
I Fatti del Caso: Un Impossessamento Breve ma Decisivo
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava un ricorso presentato da un imputato, condannato nei gradi di merito per il reato di rapina. La difesa sosteneva che il reato dovesse essere riqualificato come tentata rapina, poiché l’imputato aveva mantenuto il possesso dei beni sottratti solo per un brevissimo lasso di tempo prima di essere fermato. Secondo la tesi difensiva, questa fugace disponibilità della refurtiva non sarebbe stata sufficiente a considerare il reato come pienamente realizzato.
La Decisione della Corte: Il Ricorso è Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando completamente la tesi difensiva. Gli Ermellini hanno evidenziato come i motivi del ricorso fossero meramente riproduttivi di censure già analizzate e respinte dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, con argomenti logici e corretti, aveva già stabilito che, sulla base della ricostruzione dei fatti, l’imputato era effettivamente riuscito a impossessarsi della refurtiva, facendone perdere la detenzione alla persona offesa, seppur per un breve periodo.
L’Orientamento Consolidato sulla Rapina Consumata
La decisione si allinea perfettamente all’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità. La Corte ha richiamato diversi precedenti che confermano un principio fondamentale: per la consumazione del reato di rapina, non è necessario che l’autore del reato consegua un possesso tranquillo e definitivo della cosa sottratta. È invece sufficiente che la vittima perda la disponibilità materiale e il controllo sul bene, e che, contestualmente, l’aggressore ne acquisisca un’autonoma disponibilità, anche se solo per un momento.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha spiegato che il ricorso era privo di specificità e mirava a una rilettura del merito dei fatti, attività non consentita nel giudizio di legittimità. Il compito della Cassazione, infatti, non è quello di riesaminare le prove, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente applicato i principi giuridici consolidati, concludendo che il breve ma effettivo impossessamento del bene era sufficiente per configurare la rapina consumata. Qualsiasi tentativo di offrire una ‘lettura alternativa’ dei fatti in sede di Cassazione è destinato all’inammissibilità.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza ribadisce un punto fermo per operatori del diritto e cittadini: il discrimine tra tentativo e consumazione nella rapina si gioca sulla rottura del legame tra la vittima e il bene. Nel momento in cui la vittima perde il controllo fisico sulla cosa a causa della violenza o della minaccia, e l’aggressore ne acquisisce la disponibilità autonoma, il reato è già perfezionato. La durata di tale possesso è irrilevante. Questa interpretazione garantisce una tutela più forte alla persona offesa e chiarisce che la piena realizzazione del reato non dipende dal successo della fuga o dalla capacità dell’aggressore di godere a lungo del bottino.
Quando un reato si qualifica come rapina consumata anziché tentata?
Si qualifica come rapina consumata nel momento in cui l’autore del reato riesce a impossessarsi del bene, sottraendolo alla sfera di controllo e vigilanza della vittima, anche se solo per un breve lasso di tempo. Non è necessario che il possesso sia pacifico e duraturo.
È sufficiente un possesso di brevissima durata dei beni rubati per configurare il reato?
Sì, secondo la Corte di Cassazione e la giurisprudenza consolidata, anche un possesso momentaneo della refurtiva è sufficiente per integrare la rapina consumata, a condizione che la persona offesa abbia perso, in quell’istante, la detenzione del bene.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto privo di specificità. Invece di contestare vizi di legittimità della sentenza, si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello e a sollecitare una nuova valutazione dei fatti, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43351 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43351 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione di legge in relazione alla qualificazione giuridica del fatto come rapina consumata in luogo di quella tentata, è privo di specificità poiché è meramente riproduttivo di profili di censura già discussi e ritenuti infondati dal giudice del gravame con corretti argomenti logici e secondo il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità in tema di configurabilità della rapina consumata o tentata, congruamente richiamato (si vedano, in particolare, pagg. 2 e 3 sulla ricostruzione dei fatti dai quali emerge come l’imputato sia riuscito, seppur per un breve tempo, a impossessarsi della refurtiva, facendone perdere la detenzione alla persona offesa);
che sono stati introdotti motivi di ricorso evidentemente finalizzati ad introdurre una lettura alternativa del merito non consentite in questa sede (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data h ottobre 2024
La Consigliera est.
Il Presi ente
Corte di Cassazione – copia non ufficiale