Rapina Consumata: La Sottile Linea tra Furto e Violenza
Il confine tra il reato di furto e quello di rapina può essere molto sottile, ma le conseguenze legali sono profondamente diverse. Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: quando la violenza segue immediatamente la sottrazione di un bene per assicurarsi la fuga, si configura il più grave reato di rapina consumata. Questo principio emerge chiaramente da un caso recente, dove un furto in un supermercato si è trasformato in un’aggressione.
I Fatti: Dal Tentativo di Furto all’Aggressione
La vicenda ha origine da un episodio avvenuto all’interno di un supermercato. Una persona sottrae della merce esposta sugli scaffali ma viene notata dall’addetto alla vigilanza. Nel tentativo di assicurarsi l’impunità e fuggire con la refurtiva, l’individuo aggredisce il vigilante. A seguito di questo comportamento, viene processato e condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di rapina.
La Tesi Difensiva: Furto e Lesioni Separate
L’imputato, non accettando la condanna, ha proposto ricorso in Cassazione. La sua difesa si basava su una tesi precisa: i fatti avrebbero dovuto essere considerati come due reati distinti e separati. Da un lato, il furto della merce; dall’altro, le lesioni cagionate all’addetto alla vigilanza. Secondo questa interpretazione, mancava l’elemento costitutivo della rapina, ovvero l’uso della violenza al fine di commettere il furto o di assicurarsene il possesso.
L’Analisi della Cassazione e la nozione di rapina consumata
La Corte di Cassazione ha esaminato il caso e ha rigettato completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che le argomentazioni proposte erano una semplice ripetizione di quanto già discusso e correttamente valutato dalla Corte d’Appello. La ricostruzione dei fatti e l’interpretazione del materiale probatorio operate dai giudici di merito sono state ritenute logiche e rispettose dei principi di diritto.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione risiede nella valutazione del nesso tra la sottrazione e la violenza. La Corte ha stabilito che non è revocabile in dubbio la correttezza della qualificazione giuridica come rapina consumata. La motivazione si fonda su due elementi cruciali:
1. Continuità dell’Azione: Le condotte di sottrazione della merce e l’uso della violenza si sono succedute “senza soluzione di continuità”. Ciò significa che non c’è stata una pausa o un’interruzione significativa tra il furto e l’aggressione; i due atti sono stati parte di un unico contesto finalizzato a portare a termine l’azione illecita.
2. Finalità della Violenza: L’aggressione all’addetto alla vigilanza è stata posta in essere con lo scopo preciso di “assicurarsi l’impunità per la sottrazione illecita della merce”. Questa finalità è proprio ciò che distingue la rapina (impropria) dal concorso tra il reato di furto e quello di violenza o lesioni. La violenza non è stata un evento slegato, ma uno strumento per garantire il successo del furto.
Le Conclusioni
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio consolidato: quando la violenza è immediatamente successiva al furto ed è finalizzata a conservare il possesso della refurtiva o a garantirsi la fuga, il reato commesso è quello di rapina e non una pluralità di reati distinti. La decisione sottolinea l’importanza di analizzare il contesto e l’intento dell’agente. In questo caso, l’azione violenta non era un mero “dopo”, ma una parte integrante del piano criminoso. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Quando un furto si trasforma in rapina consumata?
Un furto si trasforma in rapina consumata quando l’autore, subito dopo la sottrazione del bene, usa violenza o minaccia contro una persona per assicurarsi il possesso di quanto sottratto o per garantirsi la fuga e l’impunità.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati considerati aspecifici e semplici ripetizioni di doglianze già esaminate e respinte con motivazioni logiche e corrette dalla Corte d’Appello.
Qual è stato l’elemento decisivo per la condanna per rapina?
L’elemento decisivo è stata la stretta e ininterrotta successione tra la sottrazione della merce e l’aggressione all’addetto alla vigilanza, con quest’ultima azione finalizzata a garantirsi l’impunità per il furto appena commesso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22158 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22158 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/10/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta consumazione del reato di rapina ed in ordine alla mancata riqualificazione giuridica del fatto nei reati di furto e lesioni è aspecifico in quanto reiterativo di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale; Entrambe le sentenze hanno dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto i giudici di merito ad affermare che il ricorrente abbia commesso il reato di rapina consumata, a seguito di una valutazione degli elementi probatori che appare rispettosa dei canoni di logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle prove (vedi pagg. 2, 3 e 4 della sentenza impugnata);
ritenuto che non appare revocabile in dubbio la correttezza della qualificazione giuridica operata dalla Corte territoriale, deliberazione fondata sul fatto che le condotte di sottrazione ed uso della violenza si sono succedute senza soluzione di continuità e che l’aggressione dell’addetto alla vigilanza del supermercato è stata posta in essere per assicurarsi l’impunità per la sottrazione illecita della merce esposta sui banchi (vedi pag. 4 della sentenza impugnata).
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
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Così deciso in Roma, il 23 aprile 2024
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