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Rapina con cioccolatino: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per rapina aggravata a carico di una donna accusata di aver narcotizzato le sue vittime offrendo loro un cioccolatino per poi derubarle. La Corte ha stabilito che l’uso di sostanze narcotiche per neutralizzare la volontà della vittima costituisce l’elemento della ‘violenza’ richiesto dal reato di rapina. Il ricorso dell’imputata, basato sulla mancata identificazione da parte delle vittime in aula e sulla presunta assenza di violenza, è stato dichiarato inammissibile in quanto volto a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, soprattutto in presenza di una ‘doppia conforme’ condanna nei gradi di merito.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rapina con cioccolatino: quando l’inganno diventa violenza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8059 del 2024, affronta un caso peculiare di rapina con cioccolatino, stabilendo principi importanti sulla natura della violenza nel reato di rapina. La decisione chiarisce che l’uso di sostanze narcotiche per mettere la vittima in condizione di non potersi difendere integra pienamente l’elemento della violenza, anche in assenza di una coercizione fisica diretta.

I fatti di causa

Una donna è stata condannata in primo grado e in appello per aver commesso due rapine aggravate ai danni di due uomini. Il suo modus operandi consisteva nell’offrire loro un cioccolatino contenente una sostanza narcotica. Una volta che le vittime, ingerito il dolce, cadevano in uno stato di sonnolenza e narcosi, la donna le derubava dei loro beni per poi allontanarsi. La condanna della Corte d’Appello di Brescia aveva ridotto la pena a due anni e quattro mesi di reclusione e 450 euro di multa, revocando l’indulto precedentemente concesso.

I motivi del ricorso in Cassazione

L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione affidandosi a due principali motivi:

1. Carenza della prova: La difesa ha sostenuto che la condanna si basasse su elementi indiziari equivoci e incerti. In particolare, ha sottolineato come le persone offese, durante il processo, non avessero riconosciuto con certezza l’imputata come autrice dei fatti. Secondo il ricorso, questo violerebbe il principio della colpevolezza “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
2. Assenza di violenza: Il secondo motivo contestava la configurabilità stessa del reato di rapina. La difesa argomentava che non vi fosse stata alcuna violenza, poiché l’imputata non avrebbe potuto costringere fisicamente due uomini maturi a ingerire un cioccolatino. Di conseguenza, mancherebbero gli elementi costitutivi del reato e dell’aggravante dell’uso di narcotici.

La rapina con cioccolatino e la decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in via definitiva la condanna. Gli Ermellini hanno smontato entrambi i motivi di ricorso, fornendo importanti chiarimenti sia sul piano processuale che su quello sostanziale.

La valutazione della prova e la doppia condanna conforme

Riguardo al primo motivo, la Corte ha ribadito un principio consolidato: in presenza di una “duplice condanna conforme” (cioè quando Tribunale e Corte d’Appello giungono alla stessa conclusione), il sindacato della Cassazione sulla motivazione è molto limitato. Il ricorso non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente valutato un quadro probatorio solido e convergente, che includeva il riconoscimento dell’imputata alla guida di un’auto a lei intestata il giorno dopo uno dei colpi e l’uso di un’utenza telefonica, sempre a lei riconducibile, per contattare la vittima. Il mancato riconoscimento in aula, a distanza di cinque anni dai fatti, è stato considerato un elemento non decisivo a fronte degli altri indizi gravi e precisi.

Le motivazioni

Il cuore della sentenza risiede nell’analisi del secondo motivo di ricorso. La Cassazione ha affermato senza esitazioni che la condotta dell’imputata integra pienamente gli elementi della rapina aggravata. La Corte ha spiegato che la ‘violenza’ richiesta dall’art. 628 del codice penale non è solo quella fisica, ma qualsiasi mezzo idoneo a coartare la volontà della vittima, annullandone o diminuendone la capacità di difesa. La somministrazione di una sostanza narcotica, anche se tramite un inganno come l’offerta di un cioccolatino, è una forma di violenza costrittiva perché pone la vittima in uno stato di incapacità. Il nesso tra la somministrazione del cioccolatino, lo stato di narcosi indotto e la successiva sottrazione dei beni è stato ritenuto evidente. La Corte ha qualificato il fatto come un reato complesso, risultante dalla fusione del reato di furto con quello di procurata incapacità. Di conseguenza, la condotta rientra pienamente nella fattispecie della rapina aggravata dall’uso di mezzi che procurano uno stato di incapacità di volere o di agire.

Le conclusioni

La sentenza consolida l’interpretazione estensiva del concetto di violenza nel reato di rapina. Viene chiarito che qualsiasi azione che neutralizzi la capacità di difesa della vittima, anche se subdola e non implicante una lotta fisica, costituisce l’elemento materiale del reato. Il caso della rapina con cioccolatino dimostra come l’astuzia, quando finalizzata a creare uno stato di incapacità per commettere un furto, si trasforma giuridicamente in violenza. La decisione, dichiarando inammissibile il ricorso, comporta anche la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a causa della palese infondatezza dei motivi proposti.

Offrire un cioccolatino drogato per poi derubare una persona è considerato rapina?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che somministrare una sostanza narcotica, anche con un inganno come l’offerta di un cioccolatino, per porre la vittima in stato di incapacità e sottrarle dei beni, costituisce il reato di rapina aggravata. L’azione di neutralizzare la capacità di difesa della vittima integra l’elemento della ‘violenza’ richiesto dalla norma.

Se la vittima non riconosce l’aggressore in tribunale, è comunque possibile una condanna?
Sì, è possibile. Come chiarito dalla Corte, il mancato riconoscimento in dibattimento, specialmente se avvenuto a molta distanza di tempo dai fatti, non è di per sé sufficiente a escludere la colpevolezza se esistono altri elementi di prova gravi, precisi e concordanti (come indizi, testimonianze indirette, tabulati telefonici, etc.) che convergono univocamente verso la responsabilità dell’imputato.

Cosa si intende per reato complesso in questo contesto?
In questo caso, la rapina aggravata è considerata un reato complesso perché è il risultato della fusione di due figure di reato autonome: il furto (la sottrazione dei beni) e la procurata incapacità (l’aver causato lo stato di narcosi con il cioccolatino). La legge considera questa fusione un unico, più grave reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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