Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36043 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36043 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ANGERA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 12/03/2025 della CORTE di APPELLO di TORINO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso ;
ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli articoli 610 comma 5 e 611 comma 1bis e seguenti del codice di procedura penale.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Torino ha confermato la condanna dell’imputato per il reato di rapina aggravata di un cellulare.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione la difesa de ll’imputato , formulando quattro motivi.
2.1. Innanzitutto, si lamenta (sotto l’egida dell’art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.) la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al momento in cui è avvenuto lo spossessamento, vale a dire -si evidenzia in ricorso – dopo che la persona offesa aveva concluso la telefonata con i carabinieri.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta ( ex art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.) il difetto di contestazione del fatto e di correlazione tra fatto ed accusa, poiché lo strappo era diretto alla cosa e non alla persona. Si trattò perciò di furto con strappo e non di rapina.
2.3. L’art. 606 , comma 1, lett. e, cod. proc. pen. è evocato anche nel terzo motivo, che lamenta la mancata valutazione ex officio della particolare tenuità del fatto (Corte cost. 86/2024).
2.4. Il quarto e ultimo motivo deduce l’apparenza motivazionale della sentenza per non aver considerato le deposizioni dei genitori e dell’amico dell’imputato sull’effettivo ruolo di pacere, e non di aggressore, svolto dall’COGNOME nella vicenda.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza dei motivi addotti. Fin dalla formulazione dei motivi e delle relative rubriche, il ricorso manifesta carenze concettuali, dipartendo dalle categorie proprie del giudizio di legittimità.
Infatti, si confonde sistematicamente la violazione di legge con il vizio di motivazione (art. 606, comma 1, lett. b e c, rispetto all’ipotesi della let t. e, cod. proc. pen.), si pretende di attribuire il carattere di decisività al fatto ed alla relativa valutazione, piuttosto che alla prova (art. 606, comma 1, lett. d, cod. proc. pen.) e, in generale, si pretende da questa Corte un giudizio sul fatto che non le pertiene.
1.1. Partendo dall’ultimo motivo (relativo alla prova sulla responsabilità), per ragioni di pregiudizialità, essendo necessario valutare le questioni sull’ an , cioè sulla sussistenza della responsabilità, prima di passare alla corretta qualificazione giuridica del fatto, si osserva che la rubrica deduce carenza/apparenza di motivazione per omessa valutazione di un fatto decisivo (la deposizione dei genitori dell’imputato) .
Il motivo è manifestamente infondato: costituisce, infatti, jus receptum di questa Corte, l’insegnamento per cui in tema di motivazione della sentenza, è necessario, ma anche sufficiente, che il giudice indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del proprio convincimento, così da consentire l’individuazione dell’iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata, essendo irrilevante il silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame ove essa sia disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, posto che non è necessaria l’esplicita confutazione delle specifiche tesi difensive disattese, ma è sufficiente una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione
implicita di tale deduzione, senza lasciare spazio a una valida alternativa (Sez. 3, n. 3239 del 04/10/2022, dep. 2023, Tocci, Rv. 284061 – 01).
Nel caso concreto, la motivazione di secondo grado ha ampiamente dato conto delle ragioni dell’affermazione di responsabilità dell’imputato, incentrata sulla valutazione di attendibilità della persona offesa e dei testimoni d’accusa e, per contro, sulla esposizione delle ragioni che inducono a non dare alcun affidamento alle dichiarazioni autoindizianti di NOME COGNOME, nella parte in cui mirano ad appuntare solo ed esclusivamente su di sé ‘salvando’ l’COGNOME – la responsabilità per quanto accaduto. Si tratta di una struttura argomentativa completa ed esaustiva che d’altronde si inserisce in un quadro decisionale costituito da una c.d. “doppia conforme” in punto affermazione della penale responsabilità per il reato contestato, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente, costituendo un unico corpo decisionale, essendo stati rispettati i parametri del richiamo della pronuncia di appello a quella di primo grado e dell’adozione – da parte di entrambe le sentenze – dei medesimi criteri nella valutazione delle prove (cfr., Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 – 01; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 – 01).
1.2. Il primo ed il secondo motivo, trattabili congiuntamente, sono manifestamente infondati e, ancor prima, non consentiti in quanto prendono le mosse da una ricostruzione del fatto che non era mai stata in precedenza formulata e che, quindi, costituisce un novum non consentito, perché in violazione della catena devolutiva (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.).
In ogni caso, si tratta di una ricostruzione alternativa manifestamente infondata in diritto, perché confonde dolo con movente: quale che fosse la ragione dell’agire dell’imputato nel sottrarre con violenza alla persona offesa il cellulare (interromperne la chiamata con i Carabinieri, o un motivo di lucro, o anche, semplicemente, fare un dispetto a chi aveva osato opporsi alle sue ‘sgasate’ in motorino ), è chiaro che essa rimane sullo sfondo, dovendosi solamente valutare, ai fini della configurazione del reato di rapina, se vi fu l’intenzionale sottrazione della res , al fine di trarne profitto (che può pure avere natura non economica, anche nei reati contro il patrimonio: principio affermato da questa Sezione fin da sent. n. 10978 del 22/06/1983, Artusa, Rv. 161799 01 ed ora sancita da Sez. U, n. 41570 del 25/05/2023, C., Rv. 285145 – 01).
La manifesta infondatezza del primo motivo non può che riflettersi nella manifesta infondatezza del secondo, basato su una premessa rivelatasi inconsistente. In realtà, non vi è stata alcuna immutatio , né facti , né accusationis dal momento che il fatto, come prospettato nell’imputazione, è stato poi ritenuto in sentenza.
1.3. Anche il terzo motivo di appello è manifestamente infondato, costituendo principio radicato e tralatizio quello per cui alla previsione di un potere ex officio , nell’art. 597, comma 5, cod. proc. pen., in relazione al riconoscimento di benefici ed all’applicazione di circostanze attenuanti, non corrisponda un dovere motivazionale nel caso di mancato esercizio di tale facoltà (Sez. 4, n. 1513 del 03/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258487 – 01; Sez. 4, n. 43113 del 18/09/2012, COGNOME, Rv. 253641 – 01; Sez. 5, n. 41126 del 24/09/2001, Casamassima, Rv. 220254 01) dovendosi pertanto escludere, in tale eventualità, ipotesi di violazione di legge o di vizio di motivazione.
Nel caso specifico, la parte interessata avrebbe potuto formulare l’istanza di applicazione della circostanza attenuante speciale, coniata dalla giurisprudenza pretoria della Corte Costituzionale , non certo nell’atto di appello – anteriore alla pronuncia della sentenza del Giudice delle leggi – ma almeno nelle conclusioni per l’udienza di discussione, successiva alla pronuncia . In difetto di iniziativa di parte, il silenzio della Corte non è sindacabile in questa sede.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 9 ottobre 2025 Il Consigliere relatore Il Presidente NOME COGNOME