Rapina Aggravata: Quando l’Uso dell’Arma e il Porto Abusivo sono Reati Distinti
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su due questioni cruciali nel diritto penale: la distinzione tra rapina aggravata dall’uso dell’arma e il reato autonomo di porto abusivo, e i criteri per l’applicazione dell’attenuante della lieve entità del fatto. La pronuncia conferma un orientamento consolidato, sottolineando come la gravità delle modalità di esecuzione di un reato possa prevalere su altri fattori, come il modesto danno economico. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne le implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso: Il Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un uomo condannato per rapina e porto abusivo di arma. La difesa sosteneva due punti principali. In primo luogo, chiedeva che il reato di porto d’arma fosse considerato “assorbito” nell’aggravante della rapina, evitando così una doppia condanna per lo stesso contesto fattuale. In secondo luogo, lamentava la mancata concessione dell’attenuante della lieve entità del fatto per la rapina, nonostante il danno economico causato alla vittima fosse minimo.
La Decisione sulla Rapina Aggravata e il Porto d’Armi
La Corte di Cassazione ha respinto entrambi i motivi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato. La decisione si basa su principi giuridici consolidati e chiarisce in modo inequivocabile la logica dietro la coesistenza dei due reati e la valutazione delle circostanze del crimine.
La Distinzione tra Uso dell’Arma e Porto Abusivo
Il primo punto affrontato dalla Corte riguarda la presunta sovrapposizione tra l’aggravante della rapina (l’uso dell’arma) e il reato di porto abusivo d’arma. I giudici hanno ribadito che si tratta di due fattispecie distinte e autonome. Il porto abusivo è un reato di mero pericolo, che punisce la semplice azione di portare un’arma illegalmente, a prescindere dal suo utilizzo, per tutelare la sicurezza pubblica. L’uso dell’arma durante una rapina, invece, è una circostanza che aumenta la gravità del reato contro il patrimonio e la persona, rendendo l’azione più intimidatoria e pericolosa.
La Corte ha specificato che l’elemento materiale del porto abusivo non può essere assorbito nel delitto di rapina, poiché quest’ultima può essere aggravata anche quando l’arma impiegata è detenuta e portata legalmente. Di conseguenza, i due reati concorrono e l’imputato deve rispondere di entrambi.
La Valutazione dell’Attenuante della Lieve Entità
Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato infondato. La difesa puntava sul modesto valore del danno economico per ottenere l’attenuante della lieve entità. Tuttavia, la Cassazione, richiamando una recente sentenza della Corte Costituzionale (n. 86/2024), ha chiarito che la valutazione non può limitarsi al solo danno patrimoniale. Il giudice deve considerare un quadro completo: “la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo”.
Nel caso specifico, i giudici di merito avevano evidenziato la particolare gravità della condotta: l’imputato aveva agito usando un’arma e con il volto completamente travisato. Queste modalità, altamente intimidatorie, sono state ritenute sufficienti a escludere la lieve entità del fatto, rendendo irrilevante il basso valore economico della refurtiva.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa interpretazione della legge e della giurisprudenza. La distinzione tra il reato di porto d’armi e la rapina aggravata si giustifica sulla base dei diversi beni giuridici tutelati: la sicurezza pubblica nel primo caso, il patrimonio e la libertà personale nel secondo. Non vi è, quindi, un’identità di fatto che giustifichi l’assorbimento.
Per quanto riguarda l’attenuante, la motivazione risiede nella necessità di una valutazione complessiva della gravità del reato. Limitarsi al solo aspetto economico significherebbe ignorare l’impatto psicologico e la pericolosità sociale di un’azione condotta con violenza e minaccia, come una rapina a mano armata. La decisione riafferma che la modalità dell’esecuzione è un elemento centrale per determinare la reale offensività del fatto.
Conclusioni
L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni. Primo, chi commette una rapina utilizzando un’arma illegalmente detenuta risponderà di due reati distinti: rapina aggravata e porto abusivo d’arma. Non è possibile invocare il principio del reato complesso per ottenere l’assorbimento. Secondo, l’attenuante della lieve entità del fatto non è un automatismo legato al valore del bottino; al contrario, richiede un’analisi attenta di tutte le circostanze del reato, con particolare attenzione alla gravità e alla pericolosità della condotta tenuta dall’aggressore.
Chi commette una rapina usando un’arma risponde anche del reato di porto abusivo d’arma?
Sì. Secondo la Cassazione, l’uso dell’arma come aggravante della rapina è un fatto oggettivamente distinto dal porto abusivo. Quest’ultimo è un reato di mero pericolo che non viene ‘assorbito’ dalla rapina, quindi i due reati concorrono.
Un danno economico modesto è sufficiente per ottenere l’attenuante della lieve entità in una rapina?
No, non necessariamente. La Corte ha stabilito che il giudice deve valutare tutte le circostanze dell’azione, come la natura, i mezzi e le modalità. Nel caso specifico, la gravità della condotta (minaccia con un’arma e volto travisato) ha prevalso sul modesto valore del danno, escludendo l’attenuante.
Perché il porto abusivo d’arma non è considerato un elemento del reato complesso di rapina aggravata?
Perché la rapina può essere aggravata dall’uso di un’arma anche quando questa è detenuta e portata legalmente. Il porto illegale, invece, costituisce un reato autonomo di pericolo, che tutela un bene giuridico diverso (la sicurezza pubblica) e quindi non è un elemento essenziale della rapina aggravata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6357 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6357 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato a Marsala il 14/aig/1983
avverso la sentenza del 09/05/2024 della Corte d’appello di Palermo
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta vizio di motivazione in ordine all’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 628, terzo comma, n. 1), cod. pen., con riferimento al delitto di rapina di cui al capo a) di imputazione, non avendo i giudici di appello considerato l’assorbimento della stessa nel reato di cui all’art. 4 della legge 18 aprile del 1975, n. 110, ascritt all’odierno ricorrente e di cui al capo b) di imputazione, è manifestamente infondato alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr.: Sez. 2, n. 8999 del 18/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263229), secondo cui l’uso dell’arma, costituente aggravante della rapina, è fatto oggettivamente distinto dal porto abusivo di arma, il quale costituisce un reato di mero pericolo, il cui elemento materiale non può considerarsi assorbito, in base alla normativa del reato complesso, nell’obiettività del delitto di rapina, tanto più che questo può essere aggravato, a norma dell’art. 628, primo comma, n, 1), cod. pen., anche quando l’arma impiegata non risulti detenuta e portata illegalmente;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta l’omessa applicazione della circostanza attenuante della lieve entità del fatto con riferimento al reato di rapina attribuito al ricorrente, a fronte dell’intervento (nelle more d deposito della motivazione della sentenza impugnata) della sentenza della Corte costituzionale n. 86 del 2024, è manifestamente infondato in quanto, sulla base del richiamato arresto della Consulta, ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità, il giudice deve considerare «la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo», motivo per cui, nel caso di specie, non potendosi valorizzare solamente l’elemento del modesto valore del danno economico cagionato alla persona offesa, depone per l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione della diminuente de qua quanto ricostruito e accertato dai giudici di merito, í quali (cfr. pag. 14 sentenza di primo grado e pag. 3 della sentenza di secondo grado), hanno sottolineato la gravità delle modalità della condotta, e in particolare l’aver esercitato minaccia tramite l’uso di un’arma con volto completamente travisato;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.