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Ragionevolezza temporale nel sequestro: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato un’ordinanza di sequestro preventivo su un immobile, rigettando il ricorso della moglie di un imputato. La Corte ha stabilito che il Tribunale ha correttamente motivato il nesso di ragionevolezza temporale tra l’acquisto del bene e le attività illecite, anche se alcuni pagamenti sono avvenuti poco prima del periodo formale di contestazione del reato, ritenendo plausibile che l’attività criminosa fosse già in corso.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ragionevolezza Temporale nel Sequestro: La Cassazione Conferma la Linea Dura

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26644 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di misure cautelari reali: il criterio della ragionevolezza temporale nel sequestro preventivo finalizzato alla confisca per sproporzione. La decisione offre importanti chiarimenti su come valutare il nesso tra l’acquisto di un bene e la commissione di un reato, anche quando l’acquisto precede formalmente il periodo di attività illecita contestato. Questo principio è fondamentale per bilanciare le esigenze di repressione dei reati con la tutela del diritto di proprietà.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria riguarda il ricorso presentato dalla moglie di un soggetto indagato per associazione a delinquere, frodi fiscali e riciclaggio nel settore dei prodotti petroliferi. Il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto il sequestro preventivo di diversi beni, tra cui un immobile intestato alla ricorrente, ai sensi dell’art. 240-bis del codice penale (confisca per sproporzione).

La difesa aveva impugnato il provvedimento, sostenendo che l’acquisto dell’immobile fosse avvenuto prima dell’inizio delle condotte illecite attribuite al marito. In particolare, i primi pagamenti per la compravendita risalivano al 2016, mentre il capo di imputazione collocava l’inizio dell’attività criminosa dell’indagato nel 2017 e il suo ruolo operativo in un’associazione criminale nel 2019.

Il Tribunale del Riesame, anche in sede di rinvio dopo un primo annullamento della Cassazione proprio sul punto della motivazione, aveva rigettato l’appello, confermando il sequestro. Contro questa decisione, la difesa ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione, lamentando ancora una volta la violazione di legge e l’omessa motivazione sul presupposto della ragionevolezza temporale.

La Questione Giuridica: Il Principio di Ragionevolezza Temporale

Il cuore della questione legale ruota attorno all’interpretazione del nesso di ragionevolezza temporale. Per poter sequestrare un bene in via preventiva, la legge richiede che vi sia un collegamento cronologico plausibile tra il momento in cui l’indagato ha commesso i reati (i cosiddetti “reati-spia”) e il momento in cui ha acquisito il bene di valore sproporzionato. Se l’acquisto è troppo lontano nel tempo rispetto al reato, la presunzione che derivi da attività illecita diventa irragionevole.

La difesa sosteneva che, essendo l’acquisto iniziato nel 2016 e perfezionato nel 2018, mentre il coinvolgimento attivo dell’indagato era contestato a partire dal 2017-2019, mancasse questo fondamentale presupposto. Secondo questa tesi, il Tribunale avrebbe dovuto limitarsi a considerare le date formali indicate nel capo di imputazione, senza poter estendere retroattivamente la presunzione di illiceità.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno chiarito che il Tribunale del Riesame aveva fornito una motivazione logica e adeguata, conformandosi ai principi di diritto già stabiliti.

In primo luogo, la Corte ha sottolineato che il Tribunale ha correttamente evidenziato come l’acquisto immobiliare si fosse perfezionato “in costanza di attività illecita”. Sebbene i primi pagamenti risalissero al 2016, una parte significativa era stata versata tra il 2017 e il 2018, un’epoca “del tutto sovrapponibile” alle date di consumazione delle condotte criminose contestate. I pagamenti del 2016 erano stati considerati “a ridosso del dies a quo” (il termine iniziale) dell’operatività dell’associazione, fissato al 1° gennaio 2017.

Inoltre, la Cassazione ha avvalorato la tesi del Tribunale secondo cui era “del tutto plausibile” che le condotte sistematiche di frode e riciclaggio fossero iniziate prima delle date emerse dalle indagini. La presenza di numerose società “cartiere” riconducibili agli indagati, costituite in epoca precedente, è stata considerata un forte indizio dell’esistenza di un’attività criminale già consolidata, capace di generare i proventi necessari per l’acquisto dell’immobile.

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibili le censure della difesa che miravano a una diversa ricostruzione dei fatti (ad esempio, sostenendo che il ruolo dell’indagato fosse iniziato solo nel 2019). Tali argomentazioni, infatti, non costituiscono una “violazione di legge”, unico motivo per cui è ammesso il ricorso in Cassazione contro i provvedimenti di sequestro, ma una contestazione nel merito, non consentita in sede di legittimità.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione della ragionevolezza temporale non deve essere un esercizio puramente formale, basato sulle sole date indicate nel capo di imputazione. Il giudice può e deve considerare un quadro più ampio, basandosi su elementi logici e fattuali (come la struttura dell’organizzazione criminale e la costituzione di società veicolo) per presumere che l’attività illecita fosse già operativa e produttiva di reddito prima del periodo formalmente contestato.

Questa decisione consolida l’orientamento giurisprudenziale che permette una valutazione flessibile e sostanziale del nesso temporale, rafforzando l’efficacia dello strumento del sequestro per sproporzione come mezzo di contrasto all’accumulazione di ricchezze di provenienza illecita. Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente indicare una mera discrepanza temporale, ma è necessario fornire prove concrete che dimostrino la provenienza lecita dei fondi utilizzati per l’acquisto.

Quando un bene può essere sequestrato se acquistato prima del periodo indicato nel capo d’imputazione?
Un bene può essere sequestrato anche se il suo acquisto è iniziato prima del periodo formale contestato nel capo d’imputazione. Secondo la sentenza, è sufficiente che l’acquisto sia avvenuto in un’epoca “a ridosso” o “sovrapponibile” all’attività criminosa e che vi siano elementi per ritenere plausibile che tale attività illecita fosse già in corso e avesse già prodotto i fondi necessari.

Cosa si intende per “ragionevolezza temporale” in un sequestro per sproporzione?
Per “ragionevolezza temporale” si intende la necessità di un collegamento logico e cronologico plausibile tra il reato che si presume abbia generato i profitti illeciti e l’acquisto del bene sproporzionato. L’acquisto non deve essere così lontano nel tempo rispetto al reato da rendere irragionevole la presunzione che i soldi utilizzati provengano da quell’attività criminale.

È possibile contestare la ricostruzione dei fatti del giudice in un ricorso per cassazione contro un sequestro?
No, la sentenza chiarisce che il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro è ammesso solo per “violazione di legge”. Non è possibile proporre una diversa ricostruzione dei fatti o una differente valutazione delle prove. Tali censure sono considerate inammissibili perché attengono al merito della decisione, che non può essere riesaminato in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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