Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26644 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26644 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nata a Napoli il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 10.10.2023 dal Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha chiesto di rigettare il ricorso; udite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l’appello cautelare e ha confermato l’ordinanza di rigetto dell’istanza di revoca del
sequestro preventivo emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria in data 23 marzo 2023.
AVV_NOTAIO, difensore della NOME, ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l’annullamento, deducendo congiuntamente, con unico motivo, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., l’inosservanza degli artt. 321 cod. proc. pen. e 240-bis cod. pen. e l’omessa motivazione con riferimento ai principi statuiti dalla Corte di cassazione nella sentenza rescindente.
2.1. Il ricorrente premette:
che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, con decreto emesso in data 16 aprile 2021, ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per sproporzione, ai sensi dell’art. 240-bis cod. pen., dei beni di NOME sottoposto ad indagine e, di seguito, imputato per essere stato promotore e capo di un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di frodi fiscali nella commercializzazione dei prodotti petroliferi e di delitti di riciclaggio;
che il sequestro ha attinto anche l’immobile sito in Cercola, identificato al catasto al foglio n. 5, particella 1360, sub. 15, intestato a NOME COGNOME, moglie di NOME;
che, in data 6 ottobre 2022, NOME COGNOME, in qualità di terza estranea al reato, ha chiesto la restituzione di tale immobile e il Giudice per le indagini preliminari, con ordinanza del 23 marzo 2022, ha rigettato l’istanza;
che il Tribunale di Reggio Calabria, con ordinanza del 8 settembre 2022, ha rigettato l’appello proposto dalla COGNOME avverso l’ordinanza di rigetto della istanza di revoca del sequestro preventivo emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria in data 23 marzo 2022;
che la seconda sezione della Corte di cassazione, con sentenza n. 25683 dell’Il maggio 2023, ha accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e ha annullato l’ordinanza impugnata, rinviando per nuovo giudizio sul punto della ragionevolezza temporale dell’acquisto del bene sequestrato al Tribunale di Reggio Calabria competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.;
con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Reggio Calabria, giudicando in sede di rinvio, ha nuovamente disatteso l’appello proposto dalla NOME.
2.2. Il difensore deduce che il Tribunale di Reggio Calabria non si è conformato alla sentenza rescindente, in quanto, ancora una volta, non ha motivato in ordine al presupposto della c.d. ragionevolezza temporale.
Secondo l’ipotesi di accusa, infatti, l’NOME sarebbe stato incaricato dall’organizzazione criminale di controllare l’amministratore della RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, nei rapporti con gli istituti di credito o con le pubbliche
amministrazioni e di sostituirsi allo stesso nelle conversazioni telefoniche con i rappresentanti delle banche e dei pubblici uffici.
Dal capo di imputazione, risulterebbe, tuttavia, che il COGNOME ha assunto la carica di amministratore della RAGIONE_SOCIALE a partire dal 5 aprile 2019, in concomitanza con il passaggio del controllo della società dal gruppo calabrese (già operante da anni con altri indagati) al gruppo napoletano (di cui avrebbe fatto parte l’COGNOME).
Ad avviso del difensore, dunque, la condotta illecita ascritta all’NOME sarebbe successiva all’acquisto dell’immobile di cui si controverte, atteso che il primo versamento per l’acquisto del bene in sequestro risale al 29 settembre 2016.
Il Tribunale di Reggio Calabria non si sarebbe confrontato con le argomentazioni proposte dalla difesa, in quanto, a fronte di una contestazione che, nei confronti di NOME e del figlio NOME, indica come cornice temporale «dall’anno 2017 al mese di ottobre 2020» e colloca le condotte di autoriciclaggio a partire dal 2018, non avrebbe verificato il momento specifico dell’ingresso del NOME nel sodalizio criminoso, successivo al passaggio di consegne tra il gruppo calabrese e quello napoletano nel 2019, né il contributo concreto fornito all’operatività dello stesso.
Il criterio della ragionevolezza temporale dovrebbe essere applicato con riferimento non già all’operatività del sodalizio criminoso nella sua interezza, bensì alla concreta condotta contestata all’NOME.
Non vi sarebbe, inoltre, alcun elemento dal quale desumere che la stessa possa essere ritenuta sussistente anteriormente al 2018-2019, in quanto la prima disposizione di pagamento risale al 29 settembre 2016 e la provvista per il primo pagamento sarebbe stata accumulata nel 2015 e, dunque, in un’epoca troppo lontana rispetto ai fatti oggetto della contestazione.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 19 marzo 2024, il AVV_NOTAIO generale, NOME COGNOME, ha chiesto di rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rigettato.
Con l’unico motivo proposto, il ricorrente deduce che il Tribunale di Reggio Calabria non si è uniformato al principio di diritto enunciato dalla sentenza rescindente, in quanto non ha motivato in ordine al presupposto della c.d. ragionevolezza temporale.
l Il motivo è infondato.
Il Tribunale ha argomentato in ordine al nesso di «ragionevolezza temporale», ritenendo sussistente, con motivazione effettiva e con argomenti non manifestamente illogici, il rapporto tra la commissione del reato-spia accertato e l’acquisto del bene sequestrato.
Il Tribunale ha, infatti, rilevato che «l’acquisto immobiliare è stato perfezionato in costanza di attività illecita; su 80 mila euro complessivi corrisposti all’alienante, euro 10.010,00 sono stati versati tra la fine del 2017 e il primo semestre del 2018, in epoca del tutto sovrapponibile alle date di consumazione delle condotte criminose perseguite; i restanti 70 mila euro sono stati corrisposti tra settembre e ottobre 2016, quindi a ridosso del dies a quo, I’l gennaio 2017, di operatività dell’associazione per delinquere capeggiata dall’NOME e dal figlio NOME.
Il Tribunale ha, del resto, ritenuto del tutto plausibile che le sistematiche condotte di frode fiscale e di riciclaggio del danaro provento di tali delitti, in Ital e all’estero, fossero anteriori alle indagini espletate e al dies a quo individuato dall’organo inquirente, in quanto numerose tra le società cartiere nella disponibilità dei sodali risultano costituite in epoca precedente.
Il Tribunale ha, inoltre, rilevato che l’argomento della difesa, secondo il quale l’assunzione del ruolo associativo di NOME sarebbe legata al subingresso della testa di legno NOME COGNOME, quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE, sarebbe smentito dalle intercettazioni e dal multiforme ruolo assunto dall’NOME nel contesto dell’associazione a delinquere.
NOME, infatti, si è occupato anche della gestione delle società cartiere, del riciclaggio e dell’autoriciclaggio dei proventi illeciti, e ha svolto il ru di stretto collaboratore del figlio NOME nella fase di commercializzazione del prodotto petrolifero in violazione della disciplina sull’IVA.
Da ultimo, ancorché le intercettazioni telefoniche fossero state eseguite nel corso dell’anno 2019, gli accertamenti fiscali e le acquisizioni documentali hanno acclarato l’operatività dell’associazione a delinquere diretta da NOME anche negli anni precedenti.
Il Tribunale di Reggio Calabria, dunque, ha indicato le ragioni per le quali, rispetto alle condotte specificamente contestate a NOME, l’acquisto del bene immobile sequestrato non è talmente lontano dall’epoca di commissione del “reato spia” da rendere ictu ocu/i irragionevole la presunzione di derivazione del bene stesso da un’attività illecita, secondo i principi enunciati dalla dal costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (Sez. U, n. 920 del 17/12/2003 (dep. 2004), Montella, Rv. 226490 – 01; Sez. U, n. 27421 del 25/02/2021, Crostella, Rv. 281561 – 01; conf., ex plurimis: Sez. 1, n. 36499 del 06/06/2018, Quattrone, Rv. 273612 – 01) e ribaditi dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 33 del 2018.
4. Le ulteriori argomentazioni proposte dal difensore, volte a dimostrare che NOME sarebbe stato preposto esclusivamente al controllo dell’amministratore della RAGIONE_SOCIALE, nella persona di NOME COGNOME, solo a partire dal 2019, in concomitanza con il passaggio dal gruppo calabrese (già operante da anni con altri indagati) al gruppo napoletano (di cui avrebbe fatto parte NOME) del deposito fiscale della società e con la nomina di COGNOME NOME ad amministratore, avvenuta il 5 aprile 2019, sono, invece, inammissibili.
Queste censure si risolvono, infatti, nella prospettazione di una diversa ricostruzione di fatto, non consentita in sede di legittimità.
L’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. ammette, infatti, il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio ammesso solo per «violazione di legge».
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tale nozione si devono ricomprendere esclusivamente gli errores in iudicando o in procedendo e quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (ex plurimis: Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01; conf. Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 – 01, nella fattispecie, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 12-sexies D.L. 306 del 1992, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso che, a fronte di una approfondita valutazione, da parte del tribunale del riesame, degli elementi reddituali del nucleo familiare interessato dal sequestro, aveva riproposto, sotto il profilo della omessa o carente motivazione, questioni riguardanti l’accertamento della sproporzione).
Non sono, dunque, deducibili in cassazione i vizi attinenti alla verifica in concreto dei presupposti di fatto del sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all’art. 12 sexies D.L. n. 306 del 1992, conv. dalla legge. n. 356 del 1992, con conseguente inammissibilità del ricorso (Sez. 3, n. 20432 del 04/03/2009, Puppa, Rv. 244074 – 01, nella specie, le doglianze concernevano la mancata giustificazione del possesso di beni da parte dell’indagato per reati connessi al traffico di stupefacenti e la sproporzione rispetto al reddito dichiarato ai fini Irpe ed all’attività economica svolta dall’indagato).
5. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigettato.
La ricorrente deve, pertanto, essere condannata, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
xt
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2024.