Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9220 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9220 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/02/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
Motivazione Semplificata
SENTENZA
Sui ricorsi proposti nell’interesse di: NOME COGNOME nato a BORGOSESIA il 04/09/1994, NOME COGNOME nato a BORGOSESIA il 31/12/1995, avverso la sentenza del 02/07/2024 della Corte d’appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte rassegnate dal Pubblico ministero, nella persona del sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Torino confermava, nei confronti del solo NOME COGNOME (fatta eccezione per la esclusione della recidiva contestata, senza che ciò influisse sulla entità della sanzione), la sentenza emessa il 20 settembre 2021 dal Tribunale di Biella, che, all’esito del dibattimento, aveva riconosciuto la responsabilità del ricorrente per i fatti di rapina impropria e lesioni personali aggravate a lui ascritti in concorso, condannandolo alla sanzione penale ritenuta di giustizia; mentre, nei confronti dei coimputato NOME COGNOME riformava la sentenza impugnata, sostituendo alla pena detentiva inflitta in primo grado la detenzione domiciliare con prescrizioni.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso gli imputati, a ministero del difensore comune, deducendo i motivi in appresso sinteticamente riportati, secondo quanto prescrive l’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:
2.1. violazione della legge penale e inosservanza della norma processuale stabilita a pena di nullità, avendo la Corte respinto, con motivazione manifestamente illogica, il motivo di gravame con il quale si censurava il negato accesso, nel corso del giudizio di primo grado, al programma di giustizia riparativa, essendosi la Corte trincerata, così come il giudice di primo grado, dietro motivi ‘formali’ inerenti alla concreta possibilità di accesso al programma di giustizia riparativa;
2.2. Inosservanza della norma processuale posta a pena di nullità, avendo la Corte rigettato il motivo di appello con cui si censurava la decisione di revocare l’ammissione del testimone richiesto
dalla difesa e negato la richiesta rinnovazione della istruttoria per ascoltare il teste pretermesso in primo grado;
2.3. Violazione e falsa applicazione della legge penale incriminatrice (art. 606, comma 1, lett. b, cod. proc. pen.), non avendo la Corte di merito colto l’elemento distintivo tra il delitto di rapina e quello di ragion fattasi (art. 393 cod. pen.), individuabile solo nell’elemento psicologico che anima l’agire illecito: avendo gli offensori agito nella convinzione della titolarità di un credito da riscuotere, nella ragionevole convinzione dunque di esercitare (con violenza alla persona) una propria legittima facoltà; laddove commette rapina chi, volendo conseguire un profitto ingiusto, con violenza alla persona o con minaccia si appropria della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene. E’ evidente che nella fattispecie, per le stesse modalità della condotta, l’agente intendesse solo riscuotere il suo credito, senza che ‘l’eccesso nei modi’, in quanto modalità della condotta, possa segnare il distinguo tra le differenti fattispecie;
2.4. Violazione della legge penale e vizio di motivazione, avendo la Corte confermato la sanzione irrogata in primo grado a Marouane Mouqsid, ad onta della esclusa recidiva qualificata;
2.5. vizi esiziali di motivazione sono, infine, dedotti in maniera promiscua in riferimento alla negazione della pena sostitutiva di quella detentiva nei confronti di NOME COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili, ai sensi dell’art. 606, comma 3, 581, 591, cod. proc. pen., per la manifesta infondatezza e l’assoluta genericità estrinseca dei motivi proposti, avendo i ricorrenti omesso ogni dovuto confronto con la diffusa e puntuale motivazione della sentenza impugnata, come osmoticamente integrata dal tessuto motivazionale della conforme decisione di primo grado.
1.1. Il motivo comune speso in ordine al rigetto del motivo di gravame con il quale la difesa si doleva del negato accesso al programma di giustizia riparativa Ł inammissibile, giacchØ manifestamente infondato in diritto. L’effetto della sospensione del processo per l’espletamento del programma di giustizia riparativa Ł infatti previsto dalla legge (art. 129 bis , comma 4, cod. proc. pen.) solo per il caso in cui si proceda per reati procedibili a querela soggetta a remissione, il che Ł escluso in considerazione dell’imputazione di rapina in concorso (Sez. 3, n. 33152 del 07/06/2024, Odoli, Rv. 286841). Sul tema, questa stessa Sezione della Corte ha pure ritenuto (in senso piø radicalmente tranciante) assolutamente inammissibile l’impugnazione del provvedimento con cui si nega l’accesso al programma di giustizia riparativa, trattandosi di provvedimento inserito in un procedimento di natura non giurisdizionale, ma amministrativa (Sez. 2, n. 6595 del 12/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285930).
1.2. Del pari inammissibile il secondo motivo (comune) di natura processuale, avendo la Corte compiutamente ed efficacemente argomentato in ordine alla superfluità della escussione del teste indicato dalla difesa e della rinnovazione della istruttoria, giacchØ la dinamica dei fatti era stata chiarita dalla narrazione della persona offesa, confortata da dati documentali, senza che la testimonianza ulteriore potesse offrire con certezza elementi dirimenti di contrasto con la narrazione già acquisita agli atti; la rinnovazione si sarebbe comunque posta in contrasto col principio costituzionale della ragionevole durata del processo (sul punto, Sez. 5, n. 8422 del 14/01/2020, COGNOME, Rv. 278794: Il giudice, ai sensi dell’art. 495, comma 4, cod. proc. pen., può revocare una prova testimoniale già ammessa non solo quando essa, rispetto al materiale probatorio già assunto nel contraddittorio tra le parti, non appaia piø decisiva ma anche quando non sia piø utile, perchØ incompatibile con il principio di ragionevole durata del processo ).
1.3. La Corte di appello – con argomentazioni giuridicamente corrette, esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede – ha confermato la qualifica in termini di rapina dei fatti descritti al capo 1, valorizzando le dichiarazioni costanti e coerenti rese dalla persona offesa e gli aspetti inequivoci della condotta, esplicitamente evidenziati in motivazione,
ove Ł stata attentamente argomentata anche l’attendibilità del narrato, corroborato dalla prova generica. Tali elementi dimostrativi della fattispecie testimoniano della qualità ed entità delle lesioni inferte all’offeso e della perdita di un incisivo, con conseguente indebolimento della funzione della masticazione.
L’assunto di aver agito con la volontà di riscuotere un preteso credito Ł rimasto, argomenta la Corte territoriale, indimostrato nel giudizio di merito. Tale convinzione (secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte) deve essere, appunto, ragionevole, non del tutto fantasiosa o ipotetica (Sez. U., n. 29541 del 16/7/2020, del 23/10/2020, in motivazione punto 10.5, pag. 21). L’agente deve dimostrare di avere ‘azione’, non già mera soggettiva ipotetica e astratta convinzione di una immaginaria ragione da tutelare (in questi termini: Sez. 2, n. 44325, del 18/10/2007, Rv. 238309; Sez. 2, n. 23678, del 1/4/2015, Rv. 263840; Sez. 2, n. 56400, del 14/12/2016, Rv. 269685; da ultimo Sez. U. 29541/2020, cit., in motivazione punto 11, pag. 23). Il motivo di ricorso che insiste sulla diversa prospettazione senza confrontarsi con le argomentazioni logiche coerenti e puntuali offerte dalla Corte a sostegno della decisione Ł, dunque, inammissibile, per difetto di specificità estrinseca.
A fronte della doppia decisione conforme di condanna, per il fatto di rapina come qualificato in imputazione, fondata su congruo e non contraddittorio ordito motivazionale, inammissibili si rivelano le doglianze svolte in merito alla ricostruzione dei fatti, alla consistenza del compendio probatorio ed al travisamento della prova, in quanto tutte si risolvono nella inammissibile richiesta di valutazione della capacità dimostrativa delle prove già assunte nel merito, che Ł esclusa dal perimetro che circoscrive la giurisdizione di legittimità (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Rv. 251516). La stessa illogicità della motivazione, quando non manifesta, non Ł deducibile quale vizio della motivazione del provvedimento impugnato (Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
1.4. Del pari Ł a dirsi per la inalterata dimensione dosimetrica della pena (NOME COGNOME) anche ad onta della esclusione, in grado di appello, della recidiva contestata. In primo grado infatti erano state già riconosciute le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata recidiva; la pena base, calcolata nel minimo edittale era stata ridotta nella misura massima possibile di un terzo; tanto, all’evidenza aritmetica, inibisce ogni ulteriore possibilità di mitigare la sanzione irrogata in primo grado.
1.5. La medesima sorte processuale avvince anche l’ultimo motivo di ricorso (negata pena sostitutiva anche per NOME COGNOME). La Corte ha sul punto argomentato la propria decisione di rigetto, valorizzando i precedenti penali dell’imputato, che testimoniano di una indomita trasgressività incompatibile con la favorevole prognosi di rispetto degli impegni assunti con la sostituzione della pena detentiva. Tale argomentare appare corretto ed aderente alla giurisprudenza di legittimità formatasi sul tema (Sez. 5, n. 17959 del 26/01/2024, Avmar, Rv. 286449 – 01).
2.Segue alla inammissibilità dei ricorsi la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la condanna al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende che stimasi equo determinare in euro tremila per ciascuno dei ricorrenti.
La pronta soluzione delle questioni proposte con i motivi di ricorso e l’applicazione di principi consolidati nella giurisprudenza della Corte consigliano la redazione della motivazione in forma semplificata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 14/02/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME COGNOME