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Raccolta illecita scommesse: Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per raccolta illecita di scommesse a carico del titolare di un locale che, pur figurando come internet point, operava come intermediario per un bookmaker estero privo di concessione. La Corte ha ritenuto irrilevante la difesa basata sulla mera elaborazione dati, valorizzando invece gli elementi concreti che provavano un’attività organizzata di accettazione e raccolta di giocate. È stata inoltre esclusa la particolare tenuità del fatto per via della natura non occasionale dell’attività e respinta la censura sulla violazione del divieto di ‘reformatio in peius’.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Raccolta Illecita Scommesse: Condanna per l’Internet Point che Funzionava da Agenzia

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato un caso di raccolta illecita di scommesse, confermando la condanna per il gestore di un locale che, dietro la facciata di un internet point, svolgeva in realtà un’attività di intermediazione per un bookmaker estero privo di autorizzazione. Questa decisione ribadisce principi fondamentali sulla distinzione tra attività lecite di elaborazione dati e l’esercizio abusivo del gioco e delle scommesse.

I Fatti di Causa

Il titolare di un locale a Roma veniva condannato in primo grado alla pena di due anni di reclusione per aver organizzato e favorito la raccolta di scommesse sportive per conto di un operatore straniero senza concessione italiana. La Corte di Appello, in parziale riforma, riduceva la pena a un anno, confermando però il giudizio di colpevolezza.
L’imputato ricorreva in Cassazione lamentando diversi vizi, tra cui:
1. Una motivazione contraddittoria sulla prova della colpevolezza.
2. La mancata valutazione di una ricostruzione alternativa, secondo cui la sua attività era una lecita elaborazione dati.
3. Il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, data la presunta occasionalità della condotta.
4. La violazione del divieto di reformatio in peius, poiché il giudice d’appello, pur riducendo la pena, sarebbe partito da una base sanzionatoria peggiorativa.

La Raccolta Illecita di Scommesse e l’Analisi della Corte

La Cassazione ha respinto i primi due motivi di ricorso, ritenendoli infondati. I giudici hanno sottolineato come le sentenze di primo e secondo grado formino un apparato argomentativo unitario e coerente. L’attività svolta nel locale non era quella di un semplice internet point, ma una vera e propria raccolta illecita di scommesse.
La prova è emersa da una pluralità di elementi convergenti:
– L’affissione di cartelli con le quote delle scommesse.
– L’esposizione del marchio del bookmaker estero.
– La disponibilità di schedine e penne per la compilazione.
– La presenza di un bancone con computer, stampante termica e ricevute di scommesse già effettuate.
– Cartelli con diciture come “non si fa credito a nessuno” e “attenzione hai cinque minuti di tempo per annullare la scommessa”, incompatibili con una gestione autonoma delle giocate online da parte dei clienti.
Questi elementi, secondo la Corte, dimostravano in modo inequivocabile un coinvolgimento diretto del gestore nell’intermediazione, rendendo secondaria la questione tecnica del pre-indirizzamento dei computer del locale al sito del bookmaker.

L’Insussistenza della Particolare Tenuità del Fatto

Anche il motivo relativo al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) è stato rigettato. La difesa sosteneva che la condotta fosse circoscritta a un’unica data, quella dell’accertamento. Tuttavia, la Corte ha specificato che l’episodicità del fatto va esclusa quando, come in questo caso, l’attività è svolta in modo organizzato, si rivolge a un pubblico indeterminato ed è chiaramente destinata a protrarsi nel tempo. L’accertamento puntuale fotografa una condotta che non è affatto occasionale, ma abituale, impedendo l’applicazione del beneficio.

Divieto di ‘Reformatio in Peius’: un Principio Rispettato

Infine, la Corte ha escluso la violazione del divieto di reformatio in peius. Sebbene la Corte d’Appello abbia applicato un calcolo della pena diverso da quello del primo giudice, il risultato finale è stato una riduzione della pena da due anni a un anno di reclusione. La Cassazione ha chiarito che ciò che conta è l’esito finale del trattamento sanzionatorio: se questo è più favorevole all’imputato, non vi è alcuna violazione, anche se i parametri intermedi di calcolo sono stati modificati.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano sulla prevalenza della sostanza sulla forma. Non è il nome dell’attività (‘internet point’ o ‘centro elaborazione dati’) a definirne la liceità, ma il suo concreto svolgimento. La presenza di una struttura organizzata per l’intermediazione nella raccolta di scommesse per conto di un operatore non autorizzato integra pienamente il reato contestato. L’insieme degli indizi raccolti ha delineato un quadro probatorio solido, che ha reso irrilevanti le argomentazioni difensive incentrate su singoli aspetti tecnici. La natura organizzata e continuativa dell’attività ha giustamente precluso l’applicazione della particolare tenuità del fatto, mentre il calcolo della pena in appello, avendo portato a un risultato finale migliorativo, non ha violato alcun principio processuale.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di gioco illegale. Le implicazioni pratiche sono chiare: chiunque gestisca un’attività di intermediazione per scommesse senza le necessarie autorizzazioni, anche mascherandola sotto altre forme, commette un reato. La valutazione del giudice si baserà sugli elementi fattuali che dimostrano la reale natura dell’attività, come l’organizzazione del locale e le modalità di interazione con la clientela. La decisione conferma inoltre che per provare la non occasionalità di un reato non è sempre necessaria la prova di molteplici episodi, potendo essa desumersi dalla struttura stessa dell’attività illecita.

Un’attività di ‘internet point’ può essere considerata una raccolta illecita di scommesse?
Sì, se gli elementi concreti (es. affissione di quote, disponibilità di schedine, presenza di un bancone per la gestione delle puntate, istruzioni per i giocatori) dimostrano che l’attività principale è l’intermediazione per le scommesse per conto di un operatore estero non autorizzato, e non la mera fornitura di accesso a internet.

Per negare la ‘particolare tenuità del fatto’ è necessario provare più episodi criminosi?
No. La Corte ha stabilito che la non occasionalità del comportamento può essere desunta anche da un singolo accertamento, se questo rivela un’attività organizzata, rivolta a un pubblico indeterminato e destinata a protrarsi nel tempo, come nel caso di una sala scommesse abusiva.

Si ha una ‘reformatio in peius’ se il giudice d’appello riduce la pena finale ma parte da una pena base diversa da quella del primo grado?
No. Secondo la sentenza, non c’è violazione del divieto di reformatio in peius se la pena finale irrogata in appello è inferiore a quella del primo grado. Il calcolo interno, anche se basato su parametri diversi, è irrilevante se il risultato finale è migliorativo per l’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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