Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10919 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10919 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Mazzarino il 12/12/1975 COGNOME NOME, nato a Palermo il 29/09/1976 COGNOME NOME, nato a Piazza Armerina il 26/12/1981 COGNOME NOME, nato a Piazza Armerina il 14/12/1990 avverso la sentenza del 09/04/2024 della Corte di appello di Palermo; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità di tutti i ricorsi;
udite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che si è riportato ai motivi dei ricorsi (richiamando, per l’imputato COGNOME, le note scritte di trattazione depositate dal difensore avv. NOME COGNOME chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 9 aprile 2024 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Palermo, in composizione monocratica, che il 21 dicembre 2023, aveva condannato COGNOME Salvatore, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME alla pena- sospesa- di mesi sei di reclusione e ed euro 20.000 di multa ciascuno, in ordine al reato di cui agli artt. 110 cod pen e 4, comma 4-bis, I. 410/89, capo a) e 110, 650 cod pen, capo b), ha assolto COGNOME NOME dal reato di cui al capo a) per non aver commesso il fatto; ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli appellanti tutti per il reato di cui al capo b), estinto per prescrizione, e, per l’effe ridotto la pena inflitta agli odierni ricorrenti a mesi sei di reclusione.
COGNOME NOME, COGNOME Sebastiano, COGNOME Alessandro, hanno proposto, a mezzo dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia, tempestivo ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
2.1. Col primo motivo lamentano, ex art. 606, comma 1, lett b ed e, cod proc pen, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 4, comma 4-bis, I. 410/90 e, ex lett d, violazione per mancata assunzione di prova decisiva.
2.1.a. Il motivo è articolato, in una prima parte, relativa alla contestualizzazione della vicenda relativa al mancato rilascio della licenza ex art. 88 TULPS.
Vi si ripercorrono, quanto a Ferrigno ed in relazione ad entrambi i punti di raccolta indicati in imputazione, gli step della procedura amministrativa -istanza ritualmente presentata alla Questura di Palermo;rigetto (per il punto di raccolta di INDIRIZZO del 18 gennaio 2016, notificato il 22 gennaio 2016, e per il punto di raccolta di INDIRIZZO del 3 marzo 2016, notificato il 9 marzo 2016, con contestuale ordine di chiusura) motivato con l’asseritamente errato presupposto dell’assenza dei necessari requisiti morali; ricorsi al giudice amministrativo (TAR e CGA le cui ordinanze cautelari accoglievano gli appelli ai soli fini della sollecita fissazione dell’udienza di merito ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a.) i cui esiti ‘interlocutori’ rispetto al merito venivano comunicati alla Questura di Palermo 1’11 luglio 2016, insistendo per il rilascio delle licenze; accessi del personale della
Questura presso i due suddetti centri di raccolta il 13 ottobre 2016, alle ore 17,10, con i contestuali sequestri preventivi dei locali, e probatori delle apparecchiature ivi installate, e contestazione degli addebiti di poi oggetto di imputazione nel presente procedimento; comunicazione di COGNOME, gestore della rete, con cui il medesimo 13 ottobre, alle ore 17.10, si comunicava il distacco del segnale con inibizione dell’attività di raccolta, su richiesta e segnalazione di AAMS-.
Si assume, poi, la mancanza di motivazione in merito al fatto che i centri di raccolta gestiti da COGNOME si limitassero a raccogliere le scommesse non su propri conti gioco ma per conto del bookmaker Goldbet, e su autorizzazione di AAMS, nonché in ordine al dolo dell’imputato.
2.1.b. In una seconda parte si denuncia contraddittorietà della motivazione in merito alla posizione dei due COGNOME, regolarmente assunti dalla società Fly di gestione dei punti raccolta indicati, al pari dell’altra imputata COGNOME anche ella dipendente, ed invece assolta, sulla scorta della validazione della ricostruzione operata dalla polizia giudiziaria.
2.2. Col secondo motivo si denuncia, ex art. 606, comma 1, lett b ed e, cod proc pen, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla applicazione della medesima pena comminata con la sentenza di primo grado, nonostante l’intervenuta prescrizione di uno dei due capi di imputazione.
COGNOME ha proposto, a mezzo dell’avv. NOME COGNOME tempestivo ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
3.1. Col primo denuncia, ex art. 606, comma 1, lett c cod proc pen, nullità della sentenza, ex art. 522 cod pro pen, per diversità tra i fatti oggetto di contestazione e quelli ritenuti in sentenza.
Si assume che, mai essendo stata posta in dubbio dal ricorrente l’attività di raccolta scommesse per conto di Goldbet, la sentenza della Corte di appello avrebbe travisato, manipolato, il fatto contestato, da individuarsi, invece, nella prosecuzione dell’attività dopo le pronunce del CGA, in ordine al quale avrebbe dovuto indagarsi la ricorrenza del profilo oggettivo e di quello soggettivo.
3.2. Col secondo motivo denuncia, eX art. 606, comma 1, lett b ed e cod proc pen, violazione e falsa applicazione dell’art. 43 cod pen, in relazione alla consapevolezza in capo a COGNOME, socio di COGNOME, della intervenuta caducazione del titolo autorizzatorio in capo a quest’ultimo.
3.3. Col terzo motivo denuncia, ex art. 606, comma 1, lett b e c, cod proc pen, falsa applicazione del divieto di reformatio in peius ex art. 597 comma 3, cod proc pen e violazione e falsa applicazione dell’art. 81 cod pen in relazione alla
applicazione della medesima pena comminata con la sentenza di primo grado, nonostante l’intervenuta prescrizione di uno dei due capi di imputazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve premettersi che, nel caso in esame, ci si trova in presenza di una «doppia conforme» di merito.
Ed infatti il secondo giudice, per rispondere alle critiche dei motivi di gravame, ha «riesaminato lo stesso materiale probatorio già sottoposto al tribunale e, dopo avere preso atto delle censure degli appellanti, è giunto alla medesima conclusione» (v., ex multis, Sez. 2, n. 5223 del 24/01/2007, Medina, Rv. 236130 – 01, Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009, COGNOME, Rv. 243636 – 01).
In questo caso, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 – 01; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218 – 01), ai fini del controllo di legittimità sul vizio d motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo e le motivazioni dei due provvedimenti si integrano a formare un corpo unico, con il conseguente obbligo per il ricorrente di confrontarsi in maniera puntuale con i contenuti delle due sentenze, circostanza, nel caso di specie, non sussistente (v. Sez. 1, n. 8868 dell’8/8/2000, COGNOME, Rv. 216906; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, COGNOME, Rv. 209145).
Non è ammissibile la mera riproposizione delle doglianze fatte valere in grado di appello.
Le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; conformi, ex multis, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841 – 01) hanno precisato che i motivi di impugnazione (sia in appello che in cassazione) sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato), posto che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425), e da genericità «intrinseca» quando risultano intrinsecamente indeterminati, risolvendosi sostanzialmente in formule di stile, come nel caso di appelli fondati su considerazioni generiche o astratte, o
comunque non pertinenti al caso concreto (ex multis, Sez. 6, n. 3721 del 2016 e Sez. 1, n. 12066 del 05/10/1992, Makram), ovvero su generiche doglianze concernenti l’entità della pena a fronte di sanzioni sostanzialmente coincidenti con il minimo edittale (ex multis, Sez. 6, n. 18746 del 21/01/2014, COGNOME, Rv. 261094).
Ciò premesso, richiamati i limiti già esplicitati per il caso di ricorso innanzi questa Corte vertente in un caso di cd. ‘doppia conforme’ di merito, quale è la pronuncia impugnata quanto alla affermazione di responsabilità in capo a tutti ricorrenti, e partendo dal ricorso proposto dall’avv. COGNOME è d’uopo operare un distinguo tra le posizioni dei ricorrenti.
3.1. Logicamente prioritario l’esame della doglianza di cui alla dedotta contraddittorietà della motivazione della responsabilità degli COGNOME (primo motivo di ricorso, punto 2.1.b) rispetto alla originaria coimputata COGNOME
Si osserva che la sentenza della Corte territoriale, nel discettare delle responsabilità degli imputati, li qualifica «gestori di fatto del punto vendita sito INDIRIZZO a Palermo», ma non declina le circostanze fattuali da cui desume tale qualità, se non con la generica affermazione secondo cui «dagli accertamenti svolti dalla P.G., invero, compendiati nelle note sopra citate, si ricava che tutti gli odierni imputati svolgevano un ruolo attivo nella gestione dei due centri scommesse, con i rispettivi compiti» per gli COGNOME come dianzi indicati.
Di poi affermando di non condividere l’affermazione di un ruolo analogo in capo alla RAGIONE_SOCIALE, pure ritenuto dal Tribunale, e ciò senza che neppure dalla sentenza del primo giudice (nel noto unicum motivazionale in questa sede valutabile) sia dato rinvenire differenze di sorta atte a giustificare tale differente valutazione.
Si tratta di illogicità manifestamente rilevabile, che induce questa Corte ad annullare la sentenza impugnata in parte qua con rinvio, alla Corte di appello di Palermo, in altra composizione giurisdizionale, per colmare la dedotta aporia.
3.2. Non coglie nel segno, invece, il motivo primo di ricorso, nella residua parte già indicata al punto 2.1.a. della motivazione in fatto.
3.2.1. Si osserva, innanzi tutto, che a fronte di una enunciazione di una violazione per mancata assunzione di prova decisiva, nessuna indicazione è al proposito svolta.
Il motivo, in parte qua intrinsecamente generico, è inammissibile.
3.2.2. Si osserva, nel resto, che a dispetto della puntuale indicazione degli step procedimentali relativi alla denegata istanza di licenza ex art. 88 TULPS, il motivo pecca, ancora una volta, in termini di genericità intrinseca, lamentando, alfine, una mancanza di motivazione da parte della Corte di appello peloritana in ordine
alle modalità di raccolta delle scommesse, non contrastata da argomento alcuno, e alla esistenza di autorizzazione dei Monopoli di Stato, poi revocata, evenienza, anch’essa, non discussa da alcuno né revocabile in dubbio sulla scorta delle descritte emergenze processuali, per sostenere, alfine, la mancanza di dolo in capo al COGNOME, in forza della svolta impugnazione (si è detto di quale portata e con quali esiti) in sede amministrativa.
Accedendo le argomentazioni svolte, sia pure con la censurata genericità, alla individuazione dell’oggetto della imputazione, così come i primi due -nn 2 e 3 del secondo ricorso, quello proposto nell’interesse di COGNOME Bianco che pretenderebbe di individuare l’in sè del rimprovero mosso agli imputati nella prosecuzione dell’attività di raccolta scommesse pur dopo le pronunce dei giudici amministrativi, da cui la conseguente questione (posta con riferimento alla asserita non consapevolezza, in capo al Lo Bianco, della caducazione del titolo autorizzatorio)si procede ad una loro discussione unitaria, conducente ad una pronuncia di inammissibilità, per manifesta infondatezza, in quanto tutti ripropongono questioni di diritto già costantemente decise dalla giurisprudenza sovranazionale e nazionale in senso opposto rispetto a quanto sostenuto dalla difesa.
3.2.3. Occorre, infatti, chiarire che l’imputazione è elevata (in concorso) con riferimento, chiaro, alla violazione dell’art. 4, comma 4-bis, I 401/89, che punisce «chiunque effettui la raccolta o la prenotazione di giocate del lotto, di concorsi pronostici o di scommesse per via telefonica o telematica, ove sprovvisto di apposita autorizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze Agenzia delle dogane e dei monopoli, all’uso di tali mezzi per la predetta raccolta o prenotazione.»
3.2.4. Ancora recentissimamente questa sezione ha ritenuto che «In tema di esercizio abusivo di attività di gioco o scommessa, risponde del reato di cui all’art. 4, comma 4-bis, legge L 13 dicembre 1989, n. 401, il gestore di un centro scommesse affiliato a un “bookmaker” comunitario che mette a disposizione dei clienti il proprio conto-giochi, consentendo la giocata senza far risultare chi l’abbia realmente effettuata, realizzandosi, in tal modo, un’illegittima attività d intermediazione e raccolta diretta delle scommesse che esclude la configurabilità di un servizio transfrontaliero “puro” dell’operatore straniero, con conseguente irrilevanza di ogni profilo discriminatorio nella partecipazione di quest’ultimo alle gare.», cfr. Sez. 3, n. 13657 del 16/02/2024 Ud. (dep. 04/04/2024) Rv. 286101 – 01.
E, infatti, la normativa amministrativa prevede che le attività di raccolta e di gestione delle scommesse siano esercitabili solo da soggetti che abbiano ottenuto,
al termine di una pubblica gara, una delle concessioni, di cui lo Stato fissa il numero complessivo.
I medesimi soggetti debbono ottenere tuttavia, anche un’autorizzazione di polizia che, ai sensi dell’art. 88 T.U.L.P.S., «può essere concessa esclusivamente a soggetti concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o altri enti ai quali la legg riserva la facoltà di organizzazione e gestione delle scommesse, nonché a soggetti incaricati dal concessionario o dal titolare di autorizzazione in forza della stessa concessione o autorizzazione». La proposta al pubblico di giochi d’azzardo senza concessione o autorizzazione di polizia è sanzionata penalmente ai sensi dell’art. 4, comma 4 bis, L. 401/1989.
3.2.5. La questione concernente la compatibilità di tale normativa con gli artt. 49 e 56 TFUE (già affrontata e risolta positivamente dalla CGUE) -neppure concretamente posta all’attenzione di questa Corte nel caso che ne occupa- è ultronea rispetto alle problematiche poste dai ricorsi, sicchè ci si limita, in questa sede, a rammentare che la Corte di Giustizia è pervenuta alla conclusione della detta compatibilità sul rilievo per cui l’obbiettivo perseguito dalla normativa italiana, attinente alla lotta contro la criminalità collegata ai giochi d’azzardo, idoneo a giustificare restrizioni alle libertà fondamentali, purché tali restrizion soddisfino il principio di proporzionalità e nella misura in cui i mezzi impiegati siano coerenti e sistematici (punto 23 sentenza COGNOME).
La stessa Corte, con un precedente arresto (sentenza 16 febbraio 2012, COGNOME, C-72/10 e C-77/10), ha affermato che quando una società estera svolge attività di gestione e raccolta delle scommesse in Italia esclusivamente attraverso CTD – ossia locali aperti al pubblico gestiti da operatori indipendenti contrattualmente legati alla società estera, nei quali gli scommettitori possono concludere scommesse sportive per via telematica accedendo direttamente al server della società ubicata in un altro Stato membro – grava sul bookmaker comunitario l’obbligo di ottenere una concessione per l’esercizio di attività di raccolta e di gestione delle scommesse in Italia, ciò che permetterebbe ai CTD di esercitare le loro attività.
E, in relazione a tale situazione, la CGUE ha chiarito che, in ossequio agli artt. 43 e 49 CE, non possono essere applicate sanzioni per l’esercizio di un’attività organizzata di raccolta di scommesse senza concessione o autorizzazione di polizia nei confronti di persone legate ad un operatore che era stato escluso da una gara in violazione del diritto dell’Unione.
3.2.6. Ma, occorre rammentare che questa Corte è intervenuta sul tema dell’esercizio abusivo di attività di gioco o scommessa, affermando il principio ormai largamente consolidato – per cui qualora l’agente non si sia limitato alla
mera trasmissione delle scommesse effettuate dai clienti ad un allibratore straniero, ma abbia posto in essere la condotta di cui all’art. 4, comma 4 bis, L. 401/1989 attraverso un’attività di intermediazione e raccolta diretta delle scommesse, rimane escluso ogni profilo discriminatorio nella partecipazione dell’allibratore straniero alle gare, dovendo escludersi la sussistenza di una ipotesi di servizio transfrontaliero “puro” offerto dall’operatore estero, sì che l’attività esercizio di raccolta di scommesse e la conseguente necessità di titolo autorizzativo vanno individuate direttamente in capo all’operatore italiano (in tal senso, Sez.3, n.55329 del 16/07/2018 – 28/11/2018, COGNOME, Rv. 275179 01; Sez.3, n.889 del 28/06/2017-dep.12/01/2018, COGNOME, Rv 271977-01; Sez.3, n.44381 del 15/09/2016 – dep.20/10/2016, COGNOME, Rv.269282-01; Sez.3 n.19248 del 8/03/2012 – dep. 21/05/2012, COGNOME e altro, Rv.252623-01). Pertanto, quando il gestore di un centro scommesse italiano affiliato a un bookmaker straniero mette a disposizione dei clienti il proprio conto-gioco, con sentendo la giocata senza far risultare chi la abbia realmente effettuata, il suo legame con detto bookmaker diviene irrilevante, configurandosi come una mera occasione per l’esercizio illecito della raccolta di scommesse (Sez.3, n.18590 del 9/01/2019-dep.3/05/2019, § 3.2 del Considerato in diritto).
3.2.7. Esattamente, secondo quanto risulta dalle sentenze di merito, ciò che si è verificato nel caso di specie.
Di tal chè, è, intanto, certo l’elemento oggettivo del contestato reato.
E’ stato condivisibilmente ritenuto ( cfr. Sez. 3, n. 15243 del 02/03/2023 Ud. (dep. 12/04/2023 ) Rv. 284326 – 01, che «In tema di raccolta abusiva di scommesse su eventi sportivi, senza licenza, da parte di intermediario per conto di un allibratore estero, l’onere della prova in capo all’accusa si esaurisce con la dimostrazione della condotta materiale del reato di cui all’art. 4, comma 4-bis, legge 13 dicembre 1989, n. 401 e dell’assenza di licenza di pubblica sicurezza ex art. 88 T.U.L.P.S. in capo all’esercente, mentre è onere della difesa che invochi la disapplicazione della norma incriminatrice e del regime concessorio interno per contrasto con gli artt. 43 e 49 del trattato UE, come interpretato dalla Corte di giustizia, dimostrare la discriminazione operata a suo carico per effetto dell’illegittimo diniego di autorizzazione per mancanza di concessione in capo all’operatore straniero illegittimamente escluso per non conformità, con il diritto dell’unione, dei bandi di gara.», laddove « il suddetto reato è invece integrato laddove le autorizzazioni suddette siano state negate per ragioni diverse dalla assenza di valida concessione in dipendenza del collegamento con società con azionariato anonimo. (Conf. : Sez. III, 2418 e 2420 del 2009, non massimate).»,
così sin da Sez. 3, n. 2417 del 22/10/2008 Ud. (dep. 21/01/2009 ) Rv. 242344 01.
Nè può revocarsi in dubbio l’esistenza dell’elemento soggettivo della contravvenzione de qua, così in capo a Ferrigno, che tanto ne era consapevole da proporre impugnazione in sede amministrativa al riguardo, come in capo a COGNOME, nella sua qualità di legale rappresentante, al pari del coimputato, titolare dei due punti vendita; la sua timidamente allegata mancata consapevolezza della mancanza della licenza è affermata, peraltro, in difetto di qualsivoglia allegazione probatoria, laddove si assume, per converso, la perfetta conoscenza dei presupposti autorizzatori per lo svolgimento della società, di percettibilità molto meno immediata.
3.2.8. Le considerazioni svolte sono assorbenti rispetto alle censure mosse con il secondo dei motivi di ricorso di COGNOME.
Fondati, invece, risultano il secondo motivo di ricorso di COGNOME ed il terzo di COGNOME in tema di trattamento sanzionatorio.
Certamente violato è il divieto di reformatio in peius nella misura in cui, dichiarata la prescrizione del reato di cui al capo b), è rimasta inalterata la pena irrogata in primo grado.
Si rende pertanto necessario il rinvio alla Corte di appello, diversa sezione, per la rideterminazione della pena.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME Salvatore e COGNOME Angelo limitatamente al punto concernente il trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo. Dichiara inammissibildi ricorsi di COGNOME Salvatore e COGNOME NOME. Così deciso in Roma, il 26 novembre 2024 La on GLYPH st GLYPH Il Presidente