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Raccolta abusiva scommesse: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di raccolta abusiva scommesse, annullando con rinvio la sentenza d’appello per alcuni imputati. Per due di essi, la condanna è stata annullata per contraddittorietà della motivazione sul loro ruolo effettivo. Per altri due, l’annullamento riguarda solo il trattamento sanzionatorio per violazione del divieto di ‘reformatio in peius’, avendo la corte d’appello lasciato invariata la pena nonostante la prescrizione di un capo d’imputazione. La Corte ha ribadito che l’attività di intermediazione di scommesse in Italia richiede sempre un’autorizzazione nazionale, anche se affiliati a un bookmaker estero.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Raccolta Abusiva Scommesse: La Cassazione Annulla le Condanne

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti in materia di raccolta abusiva scommesse, analizzando la posizione di gestori di centri affiliati a bookmaker esteri. La pronuncia si è soffermata non solo sulla sostanza del reato, ma anche su cruciali aspetti procedurali, come la coerenza della motivazione e il divieto di peggiorare la pena in appello. Analizziamo i dettagli di questa complessa vicenda giudiziaria.

I Fatti del Caso

Quattro persone, gestori e soci di due centri di raccolta scommesse, sono state condannate in primo e secondo grado per il reato di esercizio abusivo di attività di gioco o scommessa, previsto dalla legge n. 401/1989. L’accusa contestava loro di aver raccolto scommesse per conto di un noto bookmaker senza possedere la necessaria licenza di pubblica sicurezza (ex art. 88 T.U.L.P.S.).

La difesa degli imputati si basava su diversi punti: in primo luogo, sostenevano che l’attività fosse legittima in quanto svolta per conto di un operatore comunitario. Inoltre, avevano impugnato davanti al giudice amministrativo il diniego della licenza da parte della Questura, sostenendo che tale diniego fosse illegittimo. Nonostante ciò, i giudici di merito avevano confermato la loro responsabilità penale, pur dichiarando prescritto un secondo capo d’imputazione minore. Avverso la sentenza della Corte d’appello, gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i ricorsi e ha emesso una decisione articolata che ha parzialmente modificato l’esito del giudizio d’appello:

1. Annullamento con rinvio per due imputati: Per due dei ricorrenti, la Corte ha annullato la sentenza di condanna e ha disposto un nuovo processo d’appello. Il motivo risiede in una ‘manifesta illogicità’ della motivazione della corte territoriale, che non aveva adeguatamente spiegato perché questi due fossero considerati ‘gestori di fatto’ e quindi penalmente responsabili, a differenza di un’altra dipendente, assolta in appello, la cui posizione appariva analoga.

2. Annullamento parziale per gli altri due imputati: Per i restanti due imputati, la Corte ha annullato la sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio a un’altra sezione della Corte d’appello per la rideterminazione della pena. I ricorsi nel merito sono stati invece dichiarati inammissibili.

Le Motivazioni della Cassazione sul reato di raccolta abusiva scommesse

La sentenza si fonda su diversi pilastri argomentativi che meritano un’analisi approfondita.

La Contraddittorietà della Motivazione

Il punto più critico evidenziato dalla Cassazione riguarda la motivazione della sentenza d’appello sulla responsabilità di due degli imputati. I giudici di secondo grado li avevano definiti ‘gestori di fatto’ del punto scommesse, ma senza indicare gli elementi concreti da cui desumere tale ruolo attivo. Questa genericità è apparsa manifestamente illogica, soprattutto a fronte dell’assoluzione di un’altra dipendente. La Corte ha sottolineato che, in presenza di posizioni simili, ogni differente valutazione deve essere supportata da una giustificazione chiara e puntuale, assente in questo caso.

La Violazione del Divieto di ‘Reformatio in Peius’

Per gli altri due imputati, la Corte ha accolto la censura relativa alla violazione del divieto di ‘reformatio in peius’ (art. 597 c.p.p.). La Corte d’appello, pur avendo dichiarato prescritto il reato minore (capo b), aveva lasciato invariata la pena di sei mesi di reclusione inflitta in primo grado. Questo, secondo la Cassazione, costituisce un peggioramento illegittimo della posizione dell’imputato, poiché la pena finale è rimasta la stessa nonostante la scomparsa di una delle accuse. Di conseguenza, ha disposto un nuovo giudizio per ricalcolare la pena in modo corretto.

La Necessità della Licenza Nazionale per la Raccolta Scommesse

Sul tema centrale della raccolta abusiva scommesse, la Corte ha rigettato le argomentazioni difensive, ribadendo un principio consolidato: l’esercizio di un’attività di raccolta scommesse in Italia, attraverso un centro fisico, costituisce un’attività di intermediazione che richiede inderogabilmente una concessione e un’autorizzazione di polizia rilasciate dallo Stato italiano. L’affiliazione a un bookmaker straniero, anche se operante legittimamente nel proprio paese, non è sufficiente a sanare la mancanza dei titoli autorizzativi nazionali. L’attività svolta non può essere considerata un ‘servizio transfrontaliero puro’ quando vi è una struttura fisica stabile sul territorio italiano che interagisce con i clienti.

L’Onere della Prova della Discriminazione

Infine, la Corte ha chiarito che spetta alla difesa dimostrare di aver subito una discriminazione illegittima nell’accesso al sistema delle concessioni. Non è sufficiente contestare il diniego della licenza; occorre provare che tale diniego sia avvenuto in violazione del diritto dell’Unione Europea, ad esempio escludendo illegittimamente l’operatore straniero di riferimento dalle gare per le concessioni. In assenza di tale prova, il reato di esercizio abusivo di attività di scommesse è pienamente integrato sia nell’elemento oggettivo (la mancanza di licenza) che in quello soggettivo (la consapevolezza di operare senza titolo).

Conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento rigoroso della giurisprudenza in materia di giochi e scommesse, confermando che chiunque intenda operare sul territorio italiano deve munirsi delle licenze previste dalla normativa nazionale, senza che l’affiliazione a operatori esteri possa costituire una scorciatoia. Al contempo, la decisione richiama i giudici di merito alla necessità di una motivazione rigorosa, logica e non contraddittoria, specialmente quando si tratta di distinguere le responsabilità tra più coimputati. Infine, riafferma l’importanza del principio del divieto di ‘reformatio in peius’ come garanzia fondamentale per l’imputato nel processo d’appello.

È legale gestire un centro scommesse in Italia affiliato a un bookmaker estero senza licenza italiana?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che l’attività di intermediazione e raccolta diretta di scommesse attraverso un centro fisico sul territorio italiano richiede sempre una concessione e un’autorizzazione di pubblica sicurezza (licenza) rilasciate dallo Stato italiano, anche se si opera per conto di un bookmaker estero.

Cosa succede se la Corte d’appello, pur dichiarando un reato prescritto, non riduce la pena totale?
Questa azione viola il divieto di ‘reformatio in peius’. Se l’appello è stato proposto solo dall’imputato, il giudice non può peggiorare la sua situazione. Lasciare la pena invariata nonostante la cancellazione di un’imputazione costituisce un peggioramento vietato. In tal caso, la sentenza può essere annullata sul punto della pena, con rinvio per una nuova determinazione.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna per alcuni imputati e non per altri?
La Corte ha annullato la condanna per due imputati a causa di una ‘manifesta illogicità’ e contraddittorietà della motivazione della sentenza d’appello. I giudici non avevano spiegato in modo sufficiente perché questi imputati fossero considerati responsabili come ‘gestori di fatto’, a differenza di un’altra dipendente con una posizione apparentemente simile che era stata assolta. Per gli altri, i motivi di ricorso nel merito sono stati ritenuti infondati, e l’annullamento ha riguardato solo il calcolo della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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