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Querela tardiva: quando inizia il termine per le società?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per frode assicurativa. Il punto centrale riguarda la presunta querela tardiva. La Corte chiarisce che per una società, il termine di tre mesi per sporgere querela non decorre da quando una qualunque sua ramificazione viene a conoscenza del fatto, ma dal momento in cui l’organo direttivo (es. consigliere delegato) ha conoscenza certa e completa del reato, del suo autore e dell’illiceità della condotta. In questo caso, la conoscenza è stata acquisita con una relazione investigativa, rendendo la querela successiva tempestiva.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Querela tardiva: la Cassazione chiarisce il ‘dies a quo’ per le società

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto processuale penale: la decorrenza del termine per la presentazione della querela quando la persona offesa è una società. Spesso, si genera confusione su quale sia il momento esatto in cui una complessa organizzazione aziendale acquisisce quella ‘conoscenza del fatto’ che fa scattare il cronometro. La pronuncia in esame offre un chiarimento fondamentale, distinguendo tra la semplice ricezione di un’informazione a livello periferico e la piena consapevolezza da parte degli organi decisionali. L’analisi di questo caso ci permette di approfondire il concetto di querela tardiva e le sue implicazioni pratiche.

Il caso: una richiesta di risarcimento fraudolenta

Il caso trae origine da una richiesta di risarcimento danni avanzata nei confronti di una compagnia di assicurazioni. Sospettando una frode, la società avviava un’indagine interna tramite un’agenzia investigativa specializzata. Solo alla ricezione della relazione finale, datata 18 febbraio 2021, la compagnia aveva acquisito la piena contezza della natura fraudolenta della richiesta. Conseguentemente, in data 25 febbraio 2021, sporgeva querela.

L’imputato, condannato sia in primo grado che in appello, presentava ricorso per Cassazione, basando la sua difesa principalmente su un punto: la querela tardiva. A suo dire, la società era a conoscenza dei fatti ben prima, già dall’11 gennaio 2020, data di una consulenza tecnica. Pertanto, la querela presentata oltre un anno dopo sarebbe stata irrimediabilmente tardiva, violando l’art. 124 del codice penale che stabilisce un termine di tre mesi.

I motivi del ricorso e la questione della querela tardiva

L’imputato articolava il suo ricorso su quattro motivi distinti:
1. Violazione dell’art. 124 c.p.: Sosteneva la tardività della querela, ritenendo che il termine dovesse decorrere da una data anteriore a quella della relazione investigativa.
2. Violazione dell’art. 642 c.p.: Contestava la sussistenza stessa del reato di frode assicurativa, riproponendo questioni di fatto già valutate nei precedenti gradi di giudizio.
3. Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Lamentava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
4. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Criticava la decisione dei giudici di merito di non concedere le circostanze attenuanti generiche nella massima estensione.

La Corte ha concentrato la sua attenzione sul primo motivo, il più rilevante dal punto di vista giuridico.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutti i motivi. Per quanto riguarda la questione principale della querela tardiva, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: il termine per la presentazione della querela decorre dal momento in cui il titolare del diritto ha una conoscenza certa e completa del fatto-reato, sia nei suoi aspetti oggettivi (la condotta) che soggettivi (l’autore).

Le motivazioni

La motivazione della Corte è fondamentale per comprendere la gestione dei reati subiti dalle persone giuridiche. I giudici hanno specificato che, nel caso di una società, il dies a quo (il giorno da cui decorre il termine) non coincide con il momento in cui un’informazione giunge a una qualsiasi ‘ramificazione periferica’ dell’azienda. Al contrario, esso si individua nel momento in cui l’organo direttivo a cui spetta il potere di querela (come il consigliere delegato o l’amministratore unico) è messo in condizione di avere un quadro chiaro e completo della situazione.

Nel caso specifico, solo la relazione investigativa finale del 18 febbraio 2021 ha fornito alla dirigenza della compagnia assicurativa gli ‘elementi seri’ per comprendere la natura fraudolenta della richiesta e l’identità del responsabile. La precedente consulenza tecnica non era, di per sé, sufficiente a integrare quella conoscenza certa richiesta dalla legge. Di conseguenza, la querela presentata il 25 febbraio 2021 è stata considerata tempestiva. Gli altri motivi sono stati giudicati aspecifici o manifestamente infondati, in quanto riproponevano doglianze già affrontate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello, la quale aveva correttamente escluso sia la tenuità del fatto (data la gravità della condotta e il potenziale danno) sia la concessione di ulteriori attenuanti (per l’assenza di elementi positivi a favore dell’imputato).

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Per le aziende, vittime di reati come frodi, truffe o diffamazione, stabilisce un principio di garanzia: il tempo per decidere se agire penalmente inizia a scorrere solo quando chi ha il potere di farlo possiede tutti gli elementi necessari per una valutazione consapevole. Ciò evita che il diritto di querela possa essere pregiudicato da informazioni parziali o non verificate che circolano all’interno di strutture complesse, assicurando che la decisione di avviare un procedimento penale sia ponderata e basata su fondamenta solide.

Da quando inizia a decorrere il termine per presentare una querela se la vittima del reato è una società?
Il termine di tre mesi per la presentazione della querela decorre non dal momento in cui un qualsiasi dipendente o una sede periferica viene a conoscenza di un fatto, ma dal momento in cui l’organo direttivo con potere di querela (es. amministratore delegato) acquisisce una conoscenza certa e completa del reato, dei suoi elementi oggettivi e soggettivi, e dell’identità del suo autore.

Perché la Corte ha respinto la richiesta di applicare la non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali hanno escluso l’applicazione di tale norma in considerazione della gravità della condotta posta in essere e del valore significativo del danno che si sarebbe potuto potenzialmente cagionare alla persona offesa.

È sufficiente riproporre in Cassazione le stesse argomentazioni già presentate in appello?
No. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i motivi di ricorso che erano ‘aspecifici’ e ‘reiterativi’, ossia che si limitavano a riproporre le medesime doglianze sulla ricostruzione dei fatti e sull’interpretazione delle prove già esaminate e respinte in modo preciso e concludente dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuove e pertinenti critiche alla sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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