Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22833 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22833 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a TEANO il 15/03/1997 NOME nato a PRESENZANO il 29/01/1966
NOME nata a POZZUOLI il 11/04/1977
avverso la sentenza del 13/09/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili;
lette le conclusioni del difensore della parte civile costituita RAGIONE_SOCIALE ora RAGIONE_SOCIALE, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto che i ricorsi vengano rigettati;
lette le conclusioni dei difensori dei ricorrenti, Avv. COGNOME per NOME e NOMECOGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione, conclusioni ribadite con memoria del 05/05/2025, nonché Avv. NOME COGNOME per NOMECOGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione, conclusioni ribadite con memoria e conclusioni del 06/05/2025.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Verona, con sentenza del 13/09/2024, ha confermato la sentenza del G.i.p. presso il Tribunale di Verona del 17/10/2023, con la quale NOME, NOME e NOME sono stati condannati alla pena di giustizia per i delitti agli stessi rispettivamente ascritti (capi 1,2,3,4,5, per NOME e NOME, il solo capo 5 per NOME, artt. 110, 642 cod. pen.).
Avverso la predetta sentenza hanno proposto proposto ricorso per cassazione, per mezzo dei rispettivi difensori, NOME COGNOME, NOME Giuseppe e NOMECOGNOME proponendo motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Ricorso NOME e NOME.
3.1. GLYPH Inosservanza della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale in relazione all’art. 124 cod. pen.; la Corte di appello ha errato nel ritenere tempestivamente depositata la querela; la data finale delle investigazioni private SEA non poteva essere presa come riferimento per il decorso del termine al fine della tempestiva presentazione della querela; la consapevolezza della condotta da denunciare doveva essere riferita alla assunzione delle dichiarazioni dei due ricorrenti in data 12/06/2020, sicché la querela presentata in data 06/10/2020 era da ritenere tardiva.
3.2. GLYPH Vizio della motivazione in relazione all’art. 192 cod. proc. pen.; la motivazione è manifestamente illogica quanto alla condanna del NOME NOME, essendosi basata su elementi di prova del tutto neutri e sul tipo d’autore; manca qualsiasi prova certa in ordine alla partecipazione concorsuale dello stesso.
4. Ricorso Rosa Carnevale.
4.1. GLYPH Inosservanza e violazione della legge penale e processuale per non avere la Corte di appello rilevato la tardività della querela proposta dalla compagnia assicurativa in data 06/10/2025; la motivazione sul punto è insufficiente e illogica, soprattutto con riferimento al richiamo all’art. 148 del codice delle assicurazioni, attesa la presentazione della richiesta di risarcimento in data 25/03/2019;
tenuto conto della specifica disciplina in materia la querela avrebbe dovuto essere presentata al massimo entro il mese di giugno, avendo rigettato la richiesta di risarcimento del danno con r.a.r. del 24/06/2019; la spiegazione fornita dalla Corte di appello è parziale e insufficiente, essendosi limitata a richiamare il mancato invio della documentazione da parte della Carnevale ai sensi del 148, comma 2, del codice delle assicurazioni, mentre la presenza della condotta denunciabile mediante querela era emersa anche dalle precedenti investigazioni poste in essere.
4.2. GLYPH Erronea applicazione della legge penale e processuale e vizio della motivazione perché illogica e manchevole oltre che contraddittoria in ordine alla valutazione dell’elemento soggettivo e materiale del reato in relazione agli art. 192 e 530 cod. proc. pen.; nella lettera di messa in mora la dinamica del fatto viene descritta genericamente, non è stato mai provato che la ricorrente, proprietaria della vettura, fosse alla guida della stessa, ed anzi le dichiarazioni del NOME COGNOME andare in senso contrario; la vettura inoltre risultava cointestPal convivente della Carnevale e di tale situazione non si è tenuto conto; la buona fede della ricorrente poteva essere desunta da una serie di circostanze (pag. 8 del ricorso), tra le quali aveva certamente rilievo risolutivo il non aver coltivato e proseguito nella richiesta risarcitoria, alla quale rinunciava formalmente tramite il proprio legale.
4.3. GLYPH Erronea applicazione della legge penale e vizio della motivazione perché illogica, manchevole o contraddittoria quanto alla valutazione della condotta risarcitoria posta in essere ai sensi dell’art. 162-ter cod. pen.; la Corte di appello ha errato nel non ritenere contraddittoria la motivazione del G.i.p., che ha valutato come irrisorio il risarcimento del danno proposto pari a euro 500,00 per poi condannare al risarcimento del danno in solido per euro 1000,00, atteso che tra l’altro non vi è stato alcun danno economico per la compagnia assicurativa.
4.4. GLYPH Violazione di legge e vizio della motivazione perché mancante e/o inesistente quanto all’omesso riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen.; la ricorrente è imputata per il solo capo 5) e il giudice di merito ha escluso l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. motivando solo con riferimento alla condotta dei coimputati, senza effettiva considerazione della posizione della ricorrente, tra l’altro senza considerare gli effetti
innovativi della c.d. legge Cartabia, in ordine alla condotta susseguente al reato.
4.5. GLYPH Violazione di legge e vizio della motivazione in considerazione della omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche; la motivazione è illogica e contraddittoria non apparendo sufficiente a tal fine il mero richiamo alla banca dati ivass, senza tenere in alcun conto la incensuratezza della ricorrente e dell’aver posto in essere una condotta riparatoria.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili.
La difesa di parte civile ha depositato memorie conclusive in data 28/04/2025 chiedendo che venga dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi, con allegata nota spese.
L’Avv. COGNOME ha depositato memoria e conclusioni in data 05/05/2025, chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
L’Avv. COGNOME ha depositato memoria e conclusioni in data 06/05/2025 chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili perché proposti con motivi non consentiti, generici, oltre che manifestamente infondati.
Prima di esaminare separatamente i motivi di ricorso per ciascun ricorrente è opportuno affrontare alcune questioni di diritto, inerenti ad alcuni dei motivi di ricorso proposti con argomentazioni sovrapponibili. In tal senso si deve precisare come ci si trovi di fronte ad una affermazione conforme di responsabilità da parte dei due giudici di merito a seguito di richiesta di rito abbreviato formulata dai ricorrenti in primo grado.
1.1. GLYPH La Corte di appello ha pienamente condiviso, con motivazione logica e persuasiva, la decisione del giudice di primo grado, ricostruendo analiticamente la posizione e le condotte direttamente imputabili ai ricorrenti. In tal senso, la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente chiarito che la sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, specie quando i motivi di gravame non abbiano
riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nella pronuncia di primo grado (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 19122901; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218-01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595-01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615-01; Sez. 6, n. 8309 del 14/01/2021, COGNOME). Pertanto, in presenza di una doppia conforme anche nell’iter motivazionale, il giudice di appello non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi. Ne consegue che, in tal caso, debbono considerarsi implicitamente disattese le argomentazioni che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277593-01; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 26084101; Sez. 3, n. 13266 del 19/02/2021, Quatrini). Neppure la mancata enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie, con riguardo all’accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all’imputazione, determina la nullità della sentenza d’appello per mancanza di motivazione, se tali prove non risultano decisive e se il vaglio sulla loro attendibilità possa, comunque, essere ricavato per relationem dalla lettura della motivazione (Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018, dep. 2019, C., Rv. 275853-01): ciò è riscontrabile nella sentenza impugnata, che ha esaminato ed espressamente confutato le deduzioni difensive negli aspetti fondamentali per ciascun ricorrente.
In sede di legittimità, quindi, non è censurabile la sentenza per il silenzio su una specifica doglianza prospettata con il gravame, quando questa risulti disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, essendo sufficiente escludere la ricorrenza del vizio previsto dall’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., che essa evidenzi una ricostruzione dei fatti che implicitamente conduca alla reiezione della prospettazione difensiva, senza lasciare spazio a una valida alternativa (Sez. 2, n. 35817 dei 10/07/2019, Sirica, Rv. 276741-01; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275500-01; Sez. 2, n. 1405 del 10/12/2013, dep. 2014, Cento, Rv.
259643-01; Sez. 5, n. 607 del 14/11/2013, dep. 2014, COGNOME Rv. 256879-01).
1.2. Occorre, inoltre, rilevare come i motivi proposti dai ricorrenti si caratterizzino per l’avere nella maggior parte della loro articolazione reiterato argomenti già introdotti con l’atto di appello. I ricorrenti hanno riproposto le proprie argomentazioni difensive al fine di giungere ad una lettura alternativa del merito, senza realmente confrontarsi con la motivazione logica e persuasiva della Corte di appello, che ha analiticamente ricostruito le condotte poste a base della condanna degli stessi. Le difese hanno, di fatto, sollecitato una rilettura delle prove acquisite in dibattimento, in contrasto con il diritto vivente. Deve essere, in tal senso, sottolineato che è preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito attraverso una diversa ed alternativa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti dì prova (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME Rv. 277758-01, Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217-01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, Battaglia, Rv. 275100-01).
Da ciò consegue l’inammissibilità di tutte le doglianze che criticano la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento, rappresentando tutto ciò una non ammissibile interferenza con la valutazione del fatto riservata al giudice del merito (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747-01, Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965-01).
Ciò premesso, occorre rilevare come il primo motivo proposto da NOME e NOME e il primo motivo proposto da NOME si debbano ritenere non solo generici e non
consentiti in mancanza di confronto con la motivazione, ma anche manifestamente infondati in diritto. La Corte di appello ha specificamente motivato sul tema, ricostruendo la scansione temporale relativa all’accertamento dei cinque sinistri che avevano coinvolto come asserito conducente NOME COGNOME su vettura di proprietà di NOME COGNOME con soggetto coinvolto come danneggiato in uno dei sinistri di NOME Rosa (capo 5), analizzando la documentazione di riferimento, così come la necessità di puntuali e diverse indagini a seguito dei primi accertamenti che avevano sollevato dei dubbi sulla autenticità delle dichiarazioni inoltrate (pag. 5 e seg). La Corte di appello ha specificamente indicato le attività espletate, la complessità delle stesse, l’utilizzo anche di falsa denuncia di smarrimento della patente da parte del NOME NOME, le dichiarazioni contrastanti rese in sede di audizione rispetto alle comunicazioni inoltrate, la procedura specifica seguita anche per la Carnevale Rosa, chiarendo in modo ineccepibile, con argomentazioni logiche e approfondite, come la piena consapevolezza in ordine alla strutturata e organizzata illecita attività posta in essere dai ricorrenti era stata desunta nella sua complessità, solo dal momento della consegna della relazione finale da parte della società RAGIONE_SOCIALE incaricata dei relativi accertamenti, con conseguente tempestività della querela. La Corte di appello ha anche motivato puntualmente in ordine alle specifiche deduzioni sul punto della tempestività introdotte dalla Carnevale, e reiterate in questa sede, senza alcun confronto con tali considerazioni che non si prestano a censure, in mancanza di qualsiasi manifesta illogicità. Il giudice di secondo grado ha difatti chiarito come i termini richiamati dalla odierna ricorrente fossero da riferire alla procedura amministrativa ed alla attività istruttoria rispetto alla quale la stessa si era mostrata inadempiente, non inviando la documentazione richiesta, precisando, inoltre, come il termine richiamato non è mai maturato proprio a causa del mancato deposito di tale documentazione. La Corte di appello ha, dunque, correttamente ritenuto la tempestività della querela per tutti gli odierni ricorrenti in applicazione del principio di diritto, che qui si intende ribadire, secondo il quale il termine per proporre la querela è sempre da individuare in relazione all’art. 124 cod. pen. decorrente dalla piena conoscenza dell’illecito, riscontrata in modo specifico nel caso in esame dalla puntuale ed analitica motivazione della Corte di appello
(Sez. 2, n. 11144 del 18/12/2020, Caci, Rv. 280993-01). In tal senso la Corte di appello ha correttamente fatto riferimento all’ordinaria disciplina codicistica del primo comma dell’art. 124 cod. pen., la quale àncora il dies a quo per proporre la querela alla conoscenza certa, sulla base di elementi seri, del fatto-reato, nella sua dimensione oggettiva e soggettiva. Conoscenza che può essere acquisita in modo completo soltanto se e quando il soggetto passivo abbia contezza dell’autore e possa, quindi, liberamente determinarsi, con la conseguenza che, nel caso in cui siano svolti accertamenti, indispensabili per la individuazione del soggetto attivo, il termine di cui all’art. 124 cod. pen. decorre non dal momento in cui la persona offesa viene a conoscenza del fatto oggettivo del reato, né da quello in cui, sulla base di semplici sospetti, indirizza le indagini verso una determinata persona, ma dall’esito di tali indagini (Sez. 2, n. 9940 del 16/02/2024, Hessler, n.m.; Sez. 5, n. 46485 del 20/06/2014, COGNOME, Rv. 261018-01; Sez. 5, n. 33466 del 09/07/2008, Ladogana, Rv. 241395-01; Sez. 5, n. 14660 del 01/10/1999, COGNOME, Rv. 215188-01).
3. Il secondo motivo presentato da NOME COGNOME e NOME COGNOME ed il secondo motivo proposto da NOME Rosa non sono consentiti, oltre che caratterizzati da genericità, avendo i ricorrenti reiterato doglianze ampiamente vagliate dalla Corte di appello in assenza di confronto con la motivazione, all’evidente fine di introdurre una lettura alternativa del merito non consentita in questa sede ((Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01). In tal senso la Corte di appello: quanto alla Carnevale ha valorizzato una serie di elementi di fatto, ampiamente considerati in senso conforme dal giudice di primo grado, del tutto univoci (pag. 7 e seg. con particolare riferimento alla risolutiva circostanza della presentazione della falsa denuncia ed alla comunicazione della rinuncia, dalla quale ha dedotto indici certi della fittizietà della denuncia tenuto conto delle circostanze dichiarate dal NOME AntonioCOGNOME che invece confermava il sinistro in questione, nonché con riferimento all’essersi sottratta la ricorrente agli accertamenti di fatto sul proprio veicolo, oltre alla evidente rilevanza dell’essere la stessa risultata coinvolta in modo anomalo in molti sinistri come
emergente dalla banca dati Isvass); – quanto a NOME Antonio e NOME Giuseppe ha richiamato, valorizzandoli, elementi significativi, ripetuti e costanti, indicativi di una loro organizzata dedizione alla attività oggetto di imputazione (pag. 8 e seg. quanto all’elevato numero di sinistri, alla mancanza di patente in capo al NOME NOME, al rapporto di convivenza con il padre NOME NOME, anche egli segnalato per attività simili, alla falsa denuncia di smarrimento patente presentata). Con tale motivazione i ricorrenti non si confrontano.
Il terzo e quarto motivo di ricorso proposti dalla Carnevale sono generici e non consentiti, limitandosi la ricorrente a reiterare le doglianze proposte con l’atto di appello, senza confrontarsi con la motivazione specifica sul punto della Corte di appello (pag. 9, dove la Corte ha chiarito, con argomentazione non censurabile in questa sede, che non ricorre alcuna contraddittorietà perché la provvisionale ha per definizione natura parziale, mentre la norma evocata subordina la richiesta di estinzione del reato al risarcimento dell’intero danno, cifra ritenuta non raggiunta con l’offerta della ricorrente; pag. 9 e 10 quanto al 131-bis cod. pen. dove la Corte ha valorizzato le particolari caratteristiche, di tipo sistematico ed organizzato, delle condotte poste in essere dai ricorrenti NOME e dalla NOME, così escludendone la particolare tenuità, con motivazione del tutto priva di aporie, che si riferisce all’evidenza anche alla ricorrente, coinvolta nel complessivo sistema truffaldino, come emerge dalla interrelazione con i ricorrenti NOME quanto alle parti coinvolte nel sinistro mai avvenuto di cui al capo 5).
Anche il quinto motivo di ricorso è del tutto reiterativo e non si confronta con la motivazione della Corte di appello, che ha confermato il trattamento sanzionatorio in assenza di qualsiasi forma di illogicità o irragionevolezza, rispetto alla quale la difesa cerca di introdurre una propria parziale considerazione dei fatti ascritti. In tal senso, si deve ribadire che la graduazione del trattamento sanzionatorio, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e a titolo di continuazione, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché nel giudizio di cassazione è comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non
sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 3, n. 29968 del
22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 39716 del
12/07/2018, COGNOME Rv. 273819-01, in motivazione; Sez. 2, n. 36104
del 27/04/2017, COGNOME Rv. 271243-01; Sez. 5, n. 5582 del
30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142-01).
6. I ricorsi devono in conclusione essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ex della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende
art. 616 cod. proc. pen., oltre che alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte
civile costituita che si liquidano in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, i ricorrenti alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Cattolica Assicurazioni S.p.aRAGIONE_SOCIALE ora RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 16/05/2025.