Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8095 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8095 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato ad Udine il 30/10/1972
avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste in data 07/05/2024 preso atto che il ricorrente è stato ammesso alla trattazione orale in presenza; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME
udite le conclusioni con le quali il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto l’inammissibilità del ricorso ·
lette le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE in persona del legale ra.pp.te NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso con conferma delle statuizioni civili e liquidazione delle spese di rappresentanza e assistenza sostenute nel grado;
udite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME difensore di COGNOME che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata,
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Letto il ricorso di COGNOME NOME avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste del 07/05/2024 confermativa di quella del Tribunale di Udine in data 20/07/2022 che lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di truffa;
2. considerato che il primo articolato motivo di ricorso con il quale COGNOME lamenta violazione di legge e contraddittorietà della motivazione ( art. 606 lett. b) ed e) c.p.p.), per non avere la Corte di appello dichiarato la tardività della querela facendo decorrere il tempo dal quale la persona offesa aveva avuto conoscenza dei fatti ( accessi abusivi al server e cancellazioni di files), dalla relazione del consulente tecnico di parte, datata 3/4/2018, anziché dal Report del 24/01/2018 che indicava (già) il numero, la natura e la qualità degli accessi come comprovato anche dal teste COGNOME diretto superiore del COGNOME e dal sistema di sorveglianza informatica che monitorava in tempo reale la condotta del dipendente, è generico e manifestamente infondato.
La Corte di appello ha sottolineato, in conformità con la giurisprudenza di legittimità, che il termine per proporre querela decorre dalla data di piena cognizione dei fatti da parte dell’interessato (Sez. 6, n. 3719 del 24/11/2015, Rv. 266954; Sez. 4, n. 21527 del 21/01/2015, Rv. 263855) conseguita, nella specie, al termine dell’accertamento tecnico svolto dal consulente dott. COGNOME che condusse a cristallizzare la situazione attinente all’avvenuto accesso da parte del COGNOME, consentendo di definire la natura e l’esito di tali accessi.
Di tale situazione l’interessato, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, aveva avuto in precedenza, sulla base del Report, solo il sospetto, che lo indusse ad attivare, tramite il suo consulente, una procedura di verifica che non avrebbe avuto ragion d’essere nell’ipotesi di acquisizione di elementi di fatto univoci al riguardo. Il motivo di ricorso, fondato sulla rilevanza della conoscenza comunque acquisita del fatto al fine di consentire il decorso del termine per proporre querela, ignora tale pacifica interpretazione e sollecita una diversa determinazione non supportata da elementi concreti, posto che proprio la mancanza di certezza sulla natura e sull’esito di tali accessi risulta dimostrata, in senso contrario a quanto prospettato dalla difesa, dalle iniziative della parte al riguardo;
3. considerato che anche il secondo motivo con il quale ci si duole della mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., è aspecifico e manifestamente infondato avendo la Corte di appello motivatamente escluso la particolare tenuità del fatto, per “la quantità dei dati copiati e cancellati” cos dando risalto alle peculiari modalità della condotta, al grado di colpevolezza da
esse desumibile e all’entità del danno, elementi che rientrano tra i parametri di cui all’art. 133 c.p., a tal fine valutabili (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266590).
4.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali come da dispositivo.
5. Nulla è dovuto per le spese alla parte civile costituita RAGIONE_SOCIALE non intervenuta alla discussione in pubblica udienza (Sez. U, n. 27727 del 14/12/2023, Rv. 286581).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese avanzata dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE
Così deciso il 28 gennaio 2025
Sentenza a motivazione semplificata