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Querela tardiva: quando inizia il termine per denunciare?

Un ex dipendente, condannato per truffa per accessi abusivi ai sistemi informatici aziendali, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che la querela dell’azienda fosse una querela tardiva. La Corte Suprema ha respinto il ricorso, stabilendo che il termine per sporgere querela non decorre dal momento del semplice sospetto, ma da quando la persona offesa acquisisce una conoscenza piena e certa dei fatti, in questo caso a seguito di una perizia tecnica dettagliata. La Corte ha inoltre escluso la non punibilità per particolare tenuità del fatto a causa della gravità della condotta.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Querela Tardiva: Il Sospetto Non Basta, Serve Certezza

Nel diritto penale, il tempismo è tutto. La presentazione di una querela tardiva può vanificare la possibilità di perseguire un reato, rendendo cruciale stabilire il momento esatto da cui inizia a decorrere il termine. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 8095/2025) offre un chiarimento fondamentale su questo punto, specialmente in contesti complessi come i reati informatici. La Corte ha stabilito che il termine per querelare decorre non dal mero sospetto, ma dal momento in cui la vittima acquisisce una conoscenza piena e certa del fatto.

I Fatti del Processo: Accessi Abusivi e la Querela Contestata

Il caso riguarda un ex dipendente di una società di automazione, condannato in primo e secondo grado per il reato di truffa. L’accusa era quella di aver effettuato accessi abusivi al server aziendale, copiando e cancellando una quantità significativa di file. La società, dopo aver notato delle anomalie, aveva ricevuto un primo report interno che indicava possibili accessi non autorizzati. Tuttavia, solo a seguito di una consulenza tecnica esterna più approfondita, l’azienda aveva avuto un quadro chiaro e definitivo della natura, dell’estensione e dell’autore degli accessi illeciti. Solo a questo punto aveva sporto querela.

I Motivi del Ricorso in Cassazione: Querela Tardiva e Tenuità del Fatto

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Violazione di legge per querela tardiva: Secondo la difesa, il termine per presentare la querela avrebbe dovuto decorrere dalla data del primo report interno (24/01/2018) e non da quella della successiva consulenza tecnica (03/04/2018). Poiché il report iniziale già indicava accessi anomali, la società aveva, a dire del ricorrente, una conoscenza sufficiente per agire.
2. Mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto: La difesa sosteneva che il fatto, per le sue caratteristiche, dovesse essere considerato di lieve entità e quindi non punibile ai sensi dell’art. 131-bis c.p.

La Decisione della Corte: la querela non è tardiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. I giudici hanno rigettato entrambi i motivi, fornendo importanti precisazioni sulla decorrenza dei termini per la querela e sulla valutazione della tenuità del fatto.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito che il principio consolidato in giurisprudenza è che il termine per proporre querela decorre dalla data di piena cognizione dei fatti da parte della persona offesa. Un semplice sospetto non è sufficiente. Nel caso di specie, il primo report aveva generato solo un sospetto, tanto da indurre l’azienda ad avviare un accertamento tecnico più approfondito. È stata proprio questa successiva indagine a ‘cristallizzare’ la situazione, fornendo elementi certi sulla condotta illecita, sulla sua portata e sul suo autore. Pertanto, la Corte ha ritenuto corretto far decorrere il termine dalla data della relazione del consulente tecnico, rendendo la querela tempestiva.

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Cassazione ha ritenuto infondata la richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p. La Corte d’Appello aveva correttamente escluso la particolare tenuità del fatto basandosi sulla ‘quantità dei dati copiati e cancellati’. Questo elemento, insieme alle modalità della condotta, dimostrava un grado di colpevolezza e un’entità del danno tali da non poter considerare il fatto come lieve. La valutazione, basata sui parametri dell’art. 133 c.p., è stata quindi ritenuta logica e immune da censure.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di fondamentale importanza pratica: per i reati perseguibili a querela, specialmente quelli che richiedono indagini tecniche complesse come i crimini informatici, il termine per agire legalmente non scatta alla prima avvisaglia. La legge garantisce alla vittima il tempo necessario per acquisire una conoscenza certa e dettagliata, senza costringerla ad agire sulla base di meri sospetti. La decisione sottolinea inoltre come la valutazione della ‘tenuità del fatto’ non sia un automatismo, ma dipenda da un’analisi concreta della gravità della condotta e del danno arrecato, escludendo l’applicazione del beneficio in casi di significativa offensività.

Da quale momento esatto inizia a decorrere il termine per presentare una querela?
Il termine per presentare una querela decorre dal momento in cui la persona offesa ha una conoscenza piena, certa e completa dei fatti che costituiscono reato, non dal momento in cui sorge un semplice sospetto.

Un primo report interno che indica possibili illeciti è sufficiente per far partire il termine della querela?
No. Secondo la Corte, un report che genera solo un sospetto e che induce la parte offesa ad avviare ulteriori accertamenti tecnici non è sufficiente a far decorrere il termine. Quest’ultimo inizia solo quando gli accertamenti forniscono un quadro chiaro e definitivo della situazione.

Perché è stata esclusa l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La Corte ha escluso la non punibilità perché la condotta non è stata ritenuta di lieve entità. La valutazione si è basata su elementi concreti come ‘la quantità dei dati copiati e cancellati’, le modalità specifiche della condotta e il grado di colpevolezza, che indicavano una significativa gravità del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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