Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10934 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10934 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TIVOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/03/2023 della CORTE di APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di voler rimettere gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione del ricorso ad una RAGIONE_SOCIALE Sezioni c di codesta Corte.
AVV_NOTAIO NOME COGNOME in difesa di RAGIONE_SOCIALE chiede l’inammissibilità dei ricorsi; deposita conclusioni scritte e nota spese.
AVV_NOTAIO in difesa di COGNOME NOME chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Tivoli del 6 giugno 2022, ha dichiarato di non doversi procedere n confronti di NOME COGNOME per l’intervenuta prescrizione del reato di appropriazione inde dell’importo di € 166.103,57 ai danni della RAGIONE_SOCIALE, confermando statuizioni civili e le ulteriori statuizioni della sentenza di primo grado.
La difesa della imputata ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza formulando tre motivi.
2.1 Con il primo motivo si lamenta inosservanza o errata applicazione della legge penale nonché contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art.124 c.p
Laddove si tratti di reato continuato (come nel caso in contestazione), il diritto di q decorre dal momento in cui la persona offesa ha conoscenza certa del fatto-reato e non
A
dall’ultimo episodio della serie in continuazione. Perlanto, la possibilità di presentare q decorre dal momento di consumazione di ogni singolo episodio commesso in esecuzione del medesimo disegno criminoso.
In primo e secondo grado i giudici hanno travisato le prove testimoniali dalle quali emerge che la persona offesa avesse avuto conoscenza del reato ben prima della data del 9 aprile 2015, individuata dal giudicante come dies a quo per il computo del termine di tre mesi per la presentazione della querela. In realtà, la conoscenza effettiva da parte dell’ente persona off risaliva al mese di marzo 2015 quando la signora COGNOME venne nominata dai vertici aziendali per fare luce sugli ammanchi che si erano registrati. La notitia criminis era disponibile nell’intranet aziendale da un mese, anche se non era stato individuato l’autore della condot L’art.124 c.p. non richiede la conoscenza dell’autore del reato per la proposizione de querela.
2.2 Con il secondo motivo si lamenta la illogicità e contraddittorietà della motivazion ordine all’assunzione della prova in relazione alla responsabilità penale dell’imputata, a della decisione sugli effetti civili.
Manca la prova dell’effettiva presenza sul luogo di lavoro dell’imputata nei giorni in cu avrebbe ricevuto gli importi di cui si sarebbe indebitamente appropriata, secondo ricostruzione accusatoria in base alle sigle apposte apparentemente dalla COGNOME.
L’errore consiste nel fatto che la confessione stragiudiziale ex art. 2735 c.c. è scambiata con una dichiarazione testimoniale, con conseguente inutilizzabilità della stess Mancando qualsivoglia ulteriore elemento di riscontro, la citata confessione stragiudizial insufficiente a costituire il perno dell’affermazione di responsabilità. Tanto p (dichiarazione stragiudiziale) è smentita dalla dichiarazione scritta del 18 aprile 2015 con COGNOME COGNOME ogni addebito, eccezion fatta per due posizioni specifiche.
Manca inoltre una perizia sulle sigle apposte apparentemente dalla COGNOME con conseguente esclusione della riferibilità a costei RAGIONE_SOCIALE indebite appropriazioni ai danni della RAGIONE_SOCIALE
2.3 Con il terzo motivo si lamenta la violazione di legge in relazione agli art. 220 disp c.p.p., 111 Cost. e 6 CEDU.
Le dichiarazioni testimoniali rese dai testi COGNOME e COGNOME in relazione alla confes stragiudiziale della COGNOME resa sotto indebita pressione (perché in violazione dell’art. legge 300/70) e frutto di inganno, sono inutilizzabili. È stato violato l’art.220 disp.att. c. conseguente disapplicazione di garanzia procedurali che dovrebbero trovare tutela, in base CEDU anche alle controversie relative alle modalità procedurali di licenziamento i ambito privatistico (cfr. Corte EDU, sent. Bucholz vs. Germania del 1981).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto fondato su motivi manifestamente infondat o non consentiti in questa sede.
Non consentito in questa sede è il primo motivo, che presuppone una valutazione di fatto che esula dal giudizio di legittimità (Sez. 5, n. 19241 del 09/02/2015 Grasso Rv. 264847- 01).
Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte (fin da Sez. 5, n. 3315 del 20/01/2000 Prando Rv. 215580 – 01, ed anche in precedenza) ai fini della decorrenza del termine perentorio della querela, occorre che l’offeso abbia avuto conoscenza precisa, certa e diret del fatto delittuoso, in maniera da possedere tutti gli elementi di valutazione onde determin Invero, per notizia del fatto che costituisce reato, indicata dall’art.124 comma 1 c.p. intendere la conoscenza certa del fatto, tanto sotto il profilo oggettivo come sotto q soggettivo, non essendo sufficiente il sospetto ovvero anche la certezza di eventua ammanchi. Solo all’esito del formarsi di tale conoscenza, con la identificazione dell’autore reato (ove possibile, naturalmente) e la comprensione dei termini oggettivi dello stesso persona offesa, anche intuitu personae, potrà fare quella scelta che la legge rimette alla sua discrezione (ex multis, Sez. 2, n. 29923 del 24/07/2002, Battistuzzi, Rv. 222083 – 01).
Pertanto, nel caso in cui vengano condotti accertamenti indispensabili ai fini ora indica termine di cui all’articolo 124 c.p. decorre non dal momento in cui la persona offesa vien conoscenza del fatto oggettivo del reato né da quello in cui sulla base di semplici sospe indirizzi le indagini verso una determinata persona, ma dall’esito di tali indagini. Con viene chiarito che sulla persona offesa grava anche un onere di accertamento in ordine a termini concreti della vicenda, onere che va soddisfatto in vista di un ragionevole tempest esercizio del diritto di querela (Sez. 5, n.33466 del 9/07/2008, Ladogana, Rv.241396, cita anche dal ricorrente).
Sulla base di tali principi, peraltro assai risalenti e costanti, è manifestamente infond linea difensiva basata sulla tardiva contestazione della attività di indagine interna e anteriore conoscibilità (nell’intranet aziendale, si sostiene nel ricorso) della vicenda. A parte il fatto che mai viene indicato in quale data la conoscenza effettiva del fatto vi sia (limitandosi a sostenerne l’anteriorità), è del tutto corretta la valutazione del giudice d’ che ha ritenuto sostanzialmente la contestazione parte (ultima) del processo di accertamento, conclusosi il 9 aprile 2015 (pg.5) in quanto diretto a ricevere la versione della persona of prima di procedere (eventualmente, intuitu personae, come sopra detto) alla denuncia.
Non consentito e comunque manifestamente infondato è anche il secondo motivo che contesta il giudizio in ordine alla valutazione effettuata dai giudici di merito della conf stragiudiziale resa dell’imputata all’esito RAGIONE_SOCIALE contestazioni formulate a conclusion procedimento disciplinare. Si tratta, all’evidenza, di materia che costituisce l’essenza giudizio di merito in cui questa Corte non può entrare, pena la violazione RAGIONE_SOCIALE reg ordinamentali, che riservano alla funzione di legittimità l’interpretazione RAGIONE_SOCIALE norme, n (terza) valutazione del fatto. Ci troviamo in questo caso di fronte ad una ‘doppia conforme’ punto di responsabilità, di tal che, in assenza di carenza radicale di motivazione (nemmen evocata), di contraddittorietà motivazionale (enunciata in vero nella rubrica del motivo ma n
più menzionata nella trattazione dello stesso) o di illogicità (che deve essere manifesta, da porre il ragionamento del tutto al di fuori della comune e condivisa consequenzialità cau effetto) ogni valutazione espressa dal giudice di merito è immune da critica in questa sed ancorché fosse possibile formulare ipotesi alternative (Sez.3, n. 18521 del 11/01/2018, Fer Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01).
Nel caso concreto, tanto in primo grado (pg.3 e seguenti) come in appello (pg.5) i giudici merito hanno illustrato ampiamente le ragioni per cui le dichiarazioni autoaccusatorie re dalla COGNOME COGNOME COGNOME a COGNOME siano pienamente attendibili ed utilizzabili giudizial A ciò si aggiunge che in entrambi i gradi del giudizio la confessione dell’imputata v considerata come elemento non esclusivo del giudizio di responsabilità fondato altresì sul puntuale analisi dell’esito dell’attività di indagine interna condotta dai responsabili dell (cfr., in particolare, appello, pg.4).
Infine, corretta è la soluzione giuridica relativa alla inapplicabilità, al caso di interne condotte nell’ambito di attività ispettive, dell’art.220 disp. att. c.p.p.. Affinché ivi previste siano applicate, è necessaria non solo la previsione legislativa o regolamentare relativi poteri di indagine ma anche, e soprattutto, la natura pubblicistica del rappor dichiarante ed esercente la funzione o comunque la natura non esclusivamente privatistica dell’esercizio della funzione stessa (Sez. U, n. 45477 del 28/11/2001 Raineri Rv. 220291 -01).
È del tutto indiscusso che il rapporto in essere tra l’imputata e la parte civile si esau ambito privatistico e che anche gli accertamenti interni non avessero alcun rilievo che andas al di là della verifica di circostanze specifiche di natura contabile. In altre parole, accertamenti non costituivano oggetto di una indagine penale né amministrativa (nel senso di esercitata da una pubblica autorità amministrativa) ma solamente preludevano alle scelte inerenti alla (eventuale) presentazione di querela nonché alla prosecuzione del rapporto lavoro.
Anche il terzo motivo si presenta pertanto come manifestamente infondato.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la cond della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili d colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cass RAGIONE_SOCIALE ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
All’inammissibilità del ricorso consegue altresì la condanna dell’imputata al pagamento del spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile, liquidale come nel disposit secondo l’istanza ed in base ai parametri di legge e regolamento.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della soma di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE. Condanna, inoltre, l’imputata alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel prese
giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE in persona del leg. rappr. p.t., che in complessivi euro 4.000,00, oltre accessori di legge. Così deciso in Roma, 13 dicembre 2023 Il Con igliere est. GLYPH Il Pre idente