Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 15149 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 15149 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a CAMPODIMELE il 12/01/1948
avverso la sentenza del 08/07/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza con rimessione degli atti al giudice civile competente per la decisione.
udito il difensore
L’Avv. COGNOME NOMECOGNOME per la parte civile ricorrente, deposita conclusioni scritte, alle quali si riporta, unitamente alla nota spese, e insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
l’Avv. COGNOME per l’imputata, insiste per l’inammissibilità del ricorso della parte civile.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’8 luglio 2024, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Cassino di condanna dei prevenuti per i reati loro ascritti ai capi B e C, così decideva:
dichiarava non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME per il reato loro contestato al capo C dell’imputazione per essere stata, la relativa querela, tardivamente presentata;
assolveva NOME COGNOME dal reato ascrittole al capo B perché il fatto non costituisce reato;
dichiarava non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in relazione al medesimo reato di cui al capo B, per essersi lo stesso estinto per prescrizione.
Nel dettaglio, l’imputazione era così formulata:
al capo B, il delitto punito dagli artt. 110 cod. pen. e 2621, comma 1, cod. civ., per avere, NOME COGNOME quale presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME quale vicepresidente e componente del medesimo consiglio di amministrazione, al fine di annullare il credito che la società vantava nei confronti del Norcia per prelievi da questi operati dalle casse della cooperativa, dall’ottobre 2010 al marzo 2013, per un totale di euro 343.445,05, esposto, nel bilancio di esercizio chiuso il 31/12/2016 e nella relativa nota integrativa, fatti non rispondenti al vero, riportando dei costi, inesistenti, per il medesimo importo così da annullare il debito del Norcia, traendo in inganno i soci; in Gaeta il 31 dicembre 2016;
al capo C, il delitto di cui agli artt. 81 cpv, 110, 61 n. 7 cod. pen. e 2634, commi 1 e 4, cod. civ., per avere, nelle qualità ricordate, costituito la RAGIONE_SOCIALE, di cui Norcia era socio unico e amministratore, in conflitto di interessi con le sue cariche nella cooperativa, e per avere fatto conferire alla predetta i tre incarichi per prestazione di servizi, meglio individuati in rubrica, per un importo complessivo pari ad euro 408.990,00; in Gaeta dal 7 settembre 2017 al 26 marzo 2018.
1.1. In risposta ai motivi di appello la Corte osservava quanto segue.
Rilevava, innanzitutto, che, rispetto a tutti i reati contestati, era decorso i termine di prescrizione.
1.2. Era, tuttavia, fondata l’eccezione formulata dalla pubblica accusa e dagli imputati circa la tardività, in relazione al delitto di cui al capo C, della quere presentata da NOME COGNOME e da altri soci della cooperativa il 15 febbraio 2018,
tardività che prevaleva sul diverso proscioglimento per estinzione del reato perché cronologicamente anteriore.
La parte civile, infatti, aveva erroneamente individuato nel 4 gennaio 2018, quando era pervenuta la risposta in cui si negava la produzione della documentazione richiesta, il dies a quo della piena conoscenza dell’illecito penale.
Era infatti emerso che NOME e gli altri soci già da tempo sospettassero della commissione degli illeciti poi denunciati, tanto che, fin dal 9 ottobre 2017, NOME aveva inviato ai soci una missiva in cui denunciava la “scellerata gestione” della cooperativa da parte degli amministratori e la sua decisone di rivolgersi ad un legale per chiederne il commissariannento. Commissariamento che, infatti, era stato richiesto pochi giorni dopo, avendo, NOME e gli altri soci, presentato il relativo ricorso.
Il successivo 27 ottobre 2017, lo stesso COGNOME era stato cooptato nel consiglio di amministrazione e, nel corso della riunione del 6 novembre 2017, Norcia gli aveva messo a disposizione tutta la documentazione utile.
Era pertanto questa – il 6 novembre 2017 – la data da cui doveva ritenersi decorresse il termine per la presentazione della querela, posto che la documentazione messagli a disposizione aveva consentito al COGNOME ed agli altri soci querelanti di venire a conoscenza dell’esistenza della srls RAGIONE_SOCIALE, costituita da Norcia, e delle somme alla stessa veicolate.
Se ne aveva avuta conferma anche dal contenuto del ricorso al Tribunale delle imprese e dall’atto di citazione, del 2019, circa le gravi irregolarità denunciate, da cui si deduceva che NOME aveva chiesto ragione, in sede di approvazione del bilancio 2016, del ripianamento del debito del Norcia.
Di alcuna rilevanza era la successiva richiesta di documentazione, considerando che, pur non avendo ottenuto la documentazione bancaria, NOME era stato in grado di sporgere la querela.
Il capo C era pertanto improcedibile per la tardività della querela.
1.3. Quanto al delitto contestato al capo B, alla sola COGNOME nei cui confronti le parti civili si erano costituite, il Tribunale non aveva evidenziato alcuna condotta della medesima da cui potesse trarsi il concorso della medesima nella commissione del reato da parte di Norcia, non potendosi argomentare solo sulla base della carica formale ricoperta.
Dovevano così revocarsi anche tutte le statuizioni civili.
Propone ricorso la costituita parte civile, RAGIONE_SOCIALE in persona del commissario governativo e legale rappresentante COGNOME
COGNOME a mezzo del proprio difensore Avv. NOME COGNOME articolando le proprie censure in due motivi.
2.1. Con il primo deduce la violazione di legge, ed in particolare degli artt. 2634 cod. civ., 122, 124 cod. pen. e 336, 337 cod. proc. pen., e vizio di motivazione per avere, la Corte d’appello, ritenuto, in relazione al delitto di cui al capo C, la tardività della querela sporta nei soli confronti di NOME COGNOME.
La Corte aveva affermato che i querelanti (NOME COGNOME e gli altri soci della cooperativa che avevano sottoscritto l’atto) avrebbero potuto trarre la notizia del denunciato reato di infedeltà patrimoniale, nei suoi tratti essenziali, dalla produzione documentale avvenuta ad opera del Norcia nel consiglio di amministrazione del 6 novembre 2017.
Così, però, disattendendo la giurisprudenza di legittimità sul tema, che indica come il termine per proporre querela decorre dal momento in cui si abbia notizia precisa, diretta, effettiva di tutti gli elementi costitutivi del reato (Ca 25368/2023, 27638/2021), situazione che non si era creata affatto nel momento indicato, dato che, in quella occasione, NOME COGNOME aveva solo messo a disposizione del consiglio di amministrazione quei documenti che, esaminati, avrebbero potuto, solo ad esito di ulteriori accertamenti, giustificare la proposizione della querela.
Considerando poi che sarebbe stato sufficiente, per la sua tempestività (era stata presentata il 15 febbraio 2018), che l’esame della documentazione avesse richiesto anche solo una decina di giorni (a partire, appunto, dal 6 novembre 2017).
Era poi del tutto giustificato anche il tentativo del querelante di acquisire ulteriori conferme documentali all’ipotesi di reato che intendeva denunciare, tentativo portato avanti, pur senza esito concreto (per l’atteggiamento ostruzionistico del Norcia), con le richieste della documentazione bancaria di riscontro, formulata con la missiva inviata al Monte dei Paschi di Siena il 4 gennaio 2018 (la documentazione in tale occasione negata dall’istituto di credito sarebbe stata poi acquisita dalla Guardia di Finanza e riversata nel fascicolo nel maggio 2018).
Doveva, inoltre, considerarsi che la querela, pur unica, non era stata sottoscritta dal solo COGNOME presente alla riunione del consiglio di amministrazione del 6 novembre 2017, ma anche da altri soci della cooperativa che a quella seduta non avevano partecipato.
Sul momento in cui costoro avrebbero avuto contezza degli estremi del reato querelato, la Corte di merito non aveva speso alcuna argomentazione.
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2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge, ed in particolare degli artt. 192, 546 cod. proc. pen., 42, 43 cod. pen., 2621 cod. civ., ed il difetto di motivazione in relazione alla assoluzione perché il fatto non costituisce reato di NOME COGNOME dal reato di false comunicazioni sociali ascrittole al capo B della rubrica.
La Corte era pervenuta a tale esito decisorio, omettendo di considerare tutti gli elementi a carico della prevenuta, relativi al suo consapevole concorso alla condotta consumata al Norcia.
La sua permanenza ventennale nel consiglio di amministrazione della cooperativa, e la carica di vicepresidente, rendevano evidente la sua piena conoscenza del credito che la stessa vantava, negli anni, nei confronti del Norcia, pari a ben 343.445,03 fino al 2015, e la correlativa inesistenza di un debito di pari importo nei confronti del Norcia stesso per l’acquisto di materie prime.
Così che era a sua piena conoscenza la falsa appostazione nel bilancio del bilancio 2016 di tale voce di costo, finalizzata soltanto compensazione con il credito vantato nei confronti del Norcia. ad operare la
Si ricordava che il dolo richiesto dall’art. 2621 cod. civ. intenzionale di inganno ma quello, pur specifico, volto conseguimento di un ingiusto profitto, per sé o per altri. non era quello al consapevole
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha chiesto la trattazione in presenza del ricorso.
3.1. L’Avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME ha inviato memoria con la quale ha venga dichiarata l’inammissibilità del ricorso, trattandosi di censure già adeguatamente confutate dalla Corte di merito.
3.1.1.
Quanto alla tardività della querela.
Il querelante COGNOME aveva:
il 9 ottobre 2017, denunciato la gestione anomala della cooperativa;
il 12 ottobre 2017, presentato ricorso dinanzi al Tribunale delle Imprese per il commissariamento della cooperativa;
durante la riunione del 6 novembre 2017 aveva ricevuto la documentazione contabile da parte del Norcia
Del resto, nella stessa querela aveva osservato che: “Sono stati riscontrati movimenti bancari, prelievi e giroconto con causali ambigue ed incomprensibili che il Sig. NOME COGNOME si rifiuta di giustificare, per un ammontare di circa 443.117€… non comprovati da alcuna pezza da appoggio” e che “Inoltre NORCIA
Almerindo, approfittando dei suoi poteri assoluti di firma, affidava a società a lui stesso riconducibili, contratti di consulenza milionari’ e che “Da alcuni movimenti bancari della Mila risultano ingenti quantità di denaro a favore di queste società, che quindi il Presidente “si bonifica” praticamente da solo nella duplice veste di “presidente erogante” e “amministratore ricevente”. Un paradosso e probabilmente conflitto, sul quale sarebbe certamente utile fare chiarezza”.
Aveva pertanto dimostrato di avere dettagliata e piena contessa della situazione tanto da coinvolgere nella sua denuncia anche altri soci.
Né poteva sostenersi che costoro avesse avuto conoscenza degli illeciti in altra data vista l’unitarietà della querela e visto che nessuno di essi indica date diverse circa la piena conoscenza di quanto denunciato.
3.1.2. Quanto all’assoluzione della COGNOME dal delitto di cui al capo B.
La Corte aveva osservato che non vi era elemento alcuno da cui dedurre la consapevolezza della COGNOME in merito alla presunta falsità del bilancio e alla presunta volontà di alterarlo per favorire NOME COGNOME
L’accusa si fondava soltanto su una presunzione di colpevolezza derivante dalla carica della COGNOME nel consiglio di amministrazione della cooperativa RAGIONE_SOCIALE, senza che se ne fosse accertato il concorso nella decisione di riportare in bilancio il costo inesistente.
Né aveva rilievo la circostanza che di tale posta non fosse stato fatto cenno nella nota integrativa al bilancio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso della parte civile merita di essere accolto, in riferimento ad entrambi i profili censurati. Pur se solo in relazione alla posizione di NOME COGNOME l’unica imputata rispetto alla quale la stessa si era costituita.
La Corte di merito ha prosciolto la COGNOME dal delitto di infedeltà patrimoniale contestatole al capo C ai sensi dell’art. 2634 cod. civ., per avere, le persone offese, presentato querela oltre il termine di tre mesi, a decorrere dalla notizia del fatto costituente reato, previsto dall’art. 124 cod. pen.
Un giudizio che questa Corte ritiene inadeguatamente motivato.
Va, innanzitutto, ricordato che il termine per proporre la querela decorre dalla data in cui la notizia di reato pervenga a conoscenza del querelante, restando, però, a carico di chi deduce la sua tardività la prova del difetto di tempestività della stessa (Sez. U, n. 12213 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272170 01).
Nel caso di specie, tenendo presente l’indicata distribuzione dell’onere della prova, risulta errato, e comunque del tutto congetturale, l’indicazione del dies a quo del termine per proporre querela nella data in cui NOME aveva ricevuto la documentazione che gli avrebbe consentito di venire a conoscenza della notizia di reato, posto che, al medesimo dovevano essere, quantomeno, lasciati alcuni giorni per pervenire ad un suo esaustivo esame.
Quei pochi giorni, non più di una decina, che avrebbero consentito di ritenere, comunque, tempestiva la querela.
E si è già avuto modo di precisare (Sez. 2, n. 7988 del 01/02/2017, COGNOME, Rv. 269726 – 01; Sez. 5, n. 17104 del 22/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263620 – 01) che la decorrenza del termine per la presentazione della querela è differita quando la persona offesa deve compiere accertamenti al fine di acquisire la consapevolezza della illiceità penale del fatto (pur se questo, come appare essere stato nell’odierno caso concreto, si protragga solo per il tempo strettamente necessario al compimento di tali verifiche).
In tale ottica, allora, acquista rilevanza anche la missiva spedita dal COGNOME all’istituto bancario MPS il 4 gennaio 2018, in cui aveva richiesto la documentazione di conferma delle operazioni bancarie che erano state solo prefigurate, ma non interamente provate, dalla documentazione consegnata dal Norcia nel corso del consiglio di amministrazione il 6 novembre 2017.
La mancata risposta alla stessa (anche per l’atteggiamento tenuto nell’occorso dal Norcia) non consente di ritenerne la superfluità, tanto che tale documentazione era stata poi acquisita al fascicolo, perché evidentemente ritenuta rilevante ai fini del decidere, grazie alle successive indagini della Guardia di Finanza.
Risulta, pertanto, non adeguatamente motivata, da parte della Corte d’appello, l’intempestività della querela del COGNOME.
Del tutto apparente era, invece, la motivazione della Corte di merito in ordine tela intempestività della querela sporta dagli altri soci della cooperativa, dando, infatti, per pacifico un fatto che pacifico non era, l’intervenuta conoscenza, piena ed effettiva, della notizia di reato da parte di costoro contemporaneamente al primo firmatario dell’atto, che, invece, rivestiva un ruolo diverso, visto che era entrato a far parte del consiglio di amministrazione.
Né, pur ammettendo che costoro avessero tratto la conoscenza della notizia di reato dai racconti del COGNOME stesso, non emergeva affatto (ed anzi la circostanza appariva illogica) che questi li avesse informati nell’immediatezza del consiglio di amministrazione del 6 novembre 2017, ancor prima di verificare lui stesso (con il legale che aveva nominato per sincerarsi della situazione) la documentazione consegnatagli.
La sentenza impugnata va pertanto annullata, in ordine al capo C, per il rilevato difetto di motivazione.
La Corte d’appello ha, poi, ritenuto non fosse stata raggiunta la prova, quanto all’ulteriore delitto di false appostazioni in bilancio, contestato al capo B ai sensi dell’art. 2621 cod. civ., del fatto che NOME COGNOME fosse consapevole della falsità di quella voce di costo che aveva consentito, al Norcia, di compensare i propri debiti con la cooperativa, a fine esercizio 42016.
Anche tale decisione non appare congruamente motivata.
La prevenuta, infatti, era, da molti anni, consigliere di amministrazione della cooperativa, ove aveva assunto anche la carica di vicepresidente, e quindi di legale rappresentante in caso di assenza o di conflitto di interessi del presidente NOME COGNOME e nel corso degli ultimi anni, proprio per la posizione di garanzia che il ruolo ricoperto comportava, doveva essere certamente consapevole del fatto che proprio il Norcia stava accumulando un debito, ingente, nei confronti della cooperativa medesima.
Un evidente campanello di allarme, perfettamente deducibile dai bilanci precedenti a quello che avrebbe chiuso l’esercizio dell’anno 2016. Così che particolarmente attento avrebbe dovuto essere la considerazione sua, e dell’intero consiglio di amministrazione, sulla improvvisa comparsa, nel 2016, di quel credito vantato dal Norcia, per un importo curiosamente pari al debito fino ad allora maturato nei confronti della cooperativa che provvidenzialmente gli aveva consentito di operare la compensazione in quel bilancio effettuata.
Un credito che era risultato, non inaspettatamente e senza neppure un particolare approfondimento, del tutto inesistente.
Così che l’asserzione della Corte di merito circa l’assenza di circostanze che inducano a ritenere che la prevenuta fosse consapevole dell’inesistenza del credito del Norcia, non considera il complessivo contesto, la posizione di garanzia ricoperta nella cooperativa dalla prevenuta e il campanello di allarme derivate dai complessiva, ingente, prelievo si somma da parte del Norcia dalle casse sociali.
La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo giudizio che, residuando solo possibili statuizioni civili, va indirizzato al giudice individuato a norma dell’art. 622 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso, in Roma l’il marzo 2025.