Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14477 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14477 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME nato a Palermo il 22/6/1976
avverso la sentenza resa il 14 giugno 2024 dalla Corte di appello di Palermo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile e il rigetto del ricorso nel resto lette le conclusioni dell’avv. COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Palermo, parzialmente riformando la sentenza resa dal Tribunale di Sciacca il 20 luglio 2023, ha confermato l’affermazione di responsabilità nei confronti di NOME COGNOME nella veste di amministratore di fatto della impres RAGIONE_SOCIALE per due distinti reati di truffa consumati in danno di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e ha assolto la moglie NOME COGNOME nella qualità di titolare della medesima impresa, per non avere commesso il fatto.
Si addebita al NOME di avere ricevuto come corrispettivo della consegna di un’autovettura Mercedes Clk la somma complessiva di 6.030 C senza ottemperare ai propri impegni di consegnare l’auto a Pettignano e di avere, nel consegnare la ricevuta sostitutiva del documento
di circolazione falsificata, indotto in errore COGNOME NOME sulla effettiva titolarità dell’auto Renault Scenic acquistata da quest’ultima.
2.Avverso detta sentenza propone ricorso l’imputato deducendo:
2.1 violazione dell’art. 640 codice penale e vizio di motivazione in ordine al giudizio attendibilità dei testi e alla sussistenza del delitto di truffa.
La condanna dell’imputato si fonda sulle dichiarazioni rese in dibattimento dalla persona offesa COGNOME che appaiono sconclusionate e incoerenti; i rilievi evidenziati dalla difesa non sono stati nemmeno esaminati, essendo molteplici i punti tralasciati, e la Corte si è limitata a ribadi l’attendibilità delle dichiarazioni del COGNOME, sostenendo che le stesse appaiono chiare e precise in merito agli elementi nodali della truffa, senza preoccuparsi di motivare sulle contraddizioni rilevate con l’atto di appello. L’attendibilità delle dichiarazioni della persona off è stata solo affermata ma non realmente motivata. In particolare, la circostanza che la persona offesa abbia volontariamente reso i tre assegni che aveva spiccato privi di provvista, sottraendo i soldi dal conto corrente, dimostra la sua assoluta mancanza di buona fede e l’assenza di artifizi e raggiri nella condotta del ricorrente; inoltre la Corte ritiene che le dichiarazioni persona offesa abbiano trovato valida conferma nella deposizione dell’amico COGNOME e nel pagamento della somma di 900 C sul conto Postepay dell’imputato, ma si tratta di considerazioni illogiche, in quanto emergono evidenti contrasti tra la deposizione del teste COGNOME e quella di COGNOME e il versamento della somma costituisce il riscontro della trattativa ma non dell truffa.
La mancata restituzione dell’acconto nulla aggiunge in termini di artifizi e raggiri, in sostan le dichiarazioni della persona offesa sono state considerate come verità assoluta, come se provenissero da un soggetto totalmente disinteressato, mentre avrebbero dovuto essere esaminate con maggiore prudenza.
2.2 Violazione degli artt. 124 cod.pen. e 129 e 529 cod.proc.pen. e vizio di motivazione in ordine al rigetto della eccezione di tardività della querela, poiché la stessa non è sta presentata nei termini previsti in quanto, secondo la Corte di merito, la persona offesa ha avuto certezza della frode nella sua dimensione oggettiva e soggettiva alla data del 30 Aprile 2016, ma ciò è smentito dal tenore dei messaggi whatsapp intercorsi con l’imputato, nonché dalle stesse dichiarazioni del teste COGNOME secondo cui sia lui che il COGNOME si erano resi cont dell’inesistenza dell’asta già alla fine dell’anno 2015, avendo effettuato un controllo onlin Sulla base di tali chiare circostanze è palese la tardività della querela, sporta soltanto il giugno 2016, ben oltre il termine di tre mesi dalla conoscenza del fatto.
2.3 Violazione dell’art. 640 cod.pen. e vizio di motivazione in ordine all’affermazione d responsabilità per il secondo episodio di truffa in danno di NOME COGNOME poichè la Corte ha erroneamente sostenuto che COGNOME non fosse il legittimo proprietario dell’autovettura oggetto di vendita e ne ha tratto la volontà di trarre in inganno la controparte sin dall’inizio
trattativa, ma nel contempo ha ritenuto valido il contratto di compravendita tra COGNOME e COGNOME riconoscendo l’effetto traslativo già al momento della manifestazione del consenso dei contraenti, a nulla rilevando la successiva trascrizione. È pertanto evidente che COGNOME fosse legittimo proprietario dell’auto per l’averla acquistata dalla RAGIONE_SOCIALE che gliela consegnò previa firma del contratto e ricezione degli assegni, a nulla rilevando le successive controversie economiche.
La carta di circolazione, così come il certificato di proprietà, nella disponibilità della Lo B avrebbe dovuto essere consegnata previa registrazione del passaggio di proprietà al legittimo proprietario, che poteva nelle more rivendere l’autovettura. Questa era la reale intenzione del ricorrente, che non poteva prevedere il sopraggiungere delle controversie economiche con Lo Brutto che decideva di trattenere la carta di circolazione. Non si comprende da quale elemento la Corte abbia desunto la volonta NOMECOGNOME dell’imputato di truffare la COGNOME omettendo di riferire in merito alla disponibilità del certificato di proprietà e della carta di circolazione a contingenti controversie economiche successive alla vendita alla COGNOME.
2.4 Violazione dell’art. 541 cod.proc.pen. e vizio di motivazione in ordine alla condanna al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile che è già stata dichiarata revocata ex art. 82 comma 2 cod.proc.pen. dal Tribunale di Sciacca con la sentenza di primo grado per non essere stata presente nel giudizio di appello e non avere presentato le conclusioni ai sensi dell’art. 523 cod.proc.pen.
RITENUTO IN DIRITTO
1.Solo la censura relativa alla condanna alle spese processuali è fondata, mentre nel resto il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
Costituisce un principio pacificamente accolto dalla Corte di cassazione quello secondo cui, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi dell motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali a imporre una diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle divers prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punt dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemen (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747-01; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965-01).
1.1 Tanto premesso , la prima censura con cui si contestano gli artifizi e raggiri, manifestamente infondata.
Va ribadito in questa sede che non è sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sul congruità e logicità della motivazione, la valutazione della prova testimoniale operata dal giudice di merito, al quale spetta il giudizio sulla rilevanza e sull’attendibilità di tale f prova (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623-01; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, COGNOME, Rv. 250362-01). Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno statuito che «la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifest contraddizioni» (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253214-01; più di recente: Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609-01).
La affermazione di responsabilità si fonda sulle dichiarazioni di COGNOME NOME che hanno trovato riscontro nei messaggi Whatsapp e nelle dichiarazioni del teste COGNOME.
La Corte ha evidenziato la generale attendibilità della persona offesa COGNOME in ordine al nucleo essenziale del racconto della frode subita e ha giustificato le riscontrate incertezze ne suo racconto valorizzando il consistente periodo di tempo trascorso dai fatti e i plurimi contatt attraverso i quali si è snodata la vicenda fraudolenta.
Le dichiarazioni della persona offesa hanno peraltro trovato significativa conferma in quella del teste COGNOME COGNOME, che non solo ha assistito alla trattativa tra Pettignano e COGNOME ma aveva anche lui aderito alla proposta di COGNOME di acquistare un’autovettura all’asta e aveva effettuato dei bonifici e non aveva poi ricevuto il veicolo.
Versando in ipotesi di doppia conforme affermazione di responsabilità, le due sentenze di merito si integrano reciprocamente e dalla lettura della sentenza di primo grado (pag.4) emerge con inequivoca evidenza l’intento fraudolento dell’imputato il quale, dopo avere ricevuto i tr assegni in garanzia dal Pettignano, lo chiamava al telefono sostenendo di essere a Roma per partecipare personalmente all’asta e acquistare l’autovettura promessa, chiedendogli di effettuare un versamento urgente di 900 C mediante una ricarica Postepay, che COGNOME effettuava immediatamente, come accertato dagli inquirenti, iniziando ad attendere l’autovettura che COGNOME si era aggiudicato all’asta.
Nel successivo maggio 2016 l’imputato consegnava alla persona offesa un assegno con cui restituiva la somma di 900 C che aveva versato, ma l’assegno risultava privo di fondi, sicché COGNOME decideva di sporgere querela.
1.2 La seconda censura è manifestamente infondata. La giurisprudenza di legittimità stabilisce che il termine per presentare querela decorre dal momento in cui la persona offesa ha avuto certezza in merito al fatto illecito consumato ai suoi danni e sia sotto il profilo oggettivo sotto il profilo soggettivo e questa certezza non può essere integrata da meri sospetti o dubbi. La Corte ha reso congrua motivazione a pagina 6 della sentenza, osservando che dalla lettura integrale della deposizione del teste COGNOME emerge che lui e COGNOME nutrivano sospetti in merito alla effettività della vendita all’asta, ma non avevano la certezza della frode ch
avevano maturato solo nel mese di Aprile 2016, così come emerge dal tenore dei messaggi inviati tra l’imputato e la persona offesa.
1.3 La terza censura è generica poiché non si confronta con la motivazione resa dalla Corte di merito che a pagina 5 ha sinteticamente esposto gli elementi posti a fondamento del giudizio
di colpevolezza per il delitto di truffa contestato al capo
B
della rubrica, osservando che l’imputato al momento della consegna dell’autovettura, aveva fornito un foglio sostitutivo del
certificato di proprietà apparentemente rilasciato da un’agenzia, che ne permetteva la circolazione provvisoria, e che si rivelava essere falso.
E’ di tutta evidenza che questo artifizio era diretto a celare la mancata disponibilità da part dell’imputato dei documenti necessari per la circolazione del veicolo, a causa del mancato
pagamento dell’auto in favore dell’originario dante causa dell’autovettura, anch’esso escusso a dibattimento. La Corte ha bene spiegato che la compravendita si perfeziona con il valido
consenso manifestato dalle parti e che l’iscrizione al
PRA
non costituisce requisito di validità e non impedisce l’effetto traslativo, ma si tratta di profili irrilevanti considerato che la man
trasmissione della carta di circolazione e del certificato di proprietà non consente di adempiere a questi obblighi di pubblicità dichiarativa e di circolare regolarmente, così integrando il danno
a carico della persona offesa.
1.4 Il quarto motivo è fondato poiché dalla lettura degli atti allegati al ricorso emerge che co la sentenza di primo grado l’imputato non è stato condannato al pagamento delle spese in favore della parte civile costituita e la stessa non ha proposto conclusioni come si evince dall’intestazione della sentenza.
La mancata presentazione delle conclusioni comporta la revoca GLYPH 1ttdeIla costituzione di parte civile, che infatti non ha preso parte al giudizio di secondo grado.
v
Ne consegue che l’imputato non poteva certamente essere condannato alla rifusione in favore della parte civile delle spese processuali sostenute nel grado di appello.
Si impone l’annullamento sul punto della sentenza senza rinvio e la conseguente esclusione della condanna di COGNOME alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla rifusione delle spese processuali della parte civile COGNOME NOME che elimina. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso
Roma 19 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
NOME r-snellino