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Querela tardiva: inammissibile se eccepita in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per truffa continuata. La Corte ha stabilito che l’eccezione di querela tardiva non può essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità, in quanto richiede accertamenti di fatto. La sentenza conferma la condanna, ribadendo che i motivi di ricorso generici e la mancata prova dell’incapacità economica di risarcire il danno non possono portare all’annullamento della decisione di merito.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Eccezione di Querela Tardiva: Quando è Troppo Tardi per Sollevarla?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7337/2024) offre importanti chiarimenti sui limiti processuali per sollevare l’eccezione di querela tardiva. La decisione ribadisce un principio fondamentale: tale eccezione, richiedendo un’analisi dei fatti, non può essere proposta per la prima volta nel giudizio di legittimità. Questo articolo analizza la pronuncia, esaminando il caso di una truffa finanziaria e le ragioni che hanno portato alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

I Fatti del Caso: Una Truffa Finanziaria Continuata

L’imputato era stato condannato in primo e secondo grado per il reato di truffa continuata. Secondo l’accusa, si era presentato alle persone offese come un esperto di intermediazione finanziaria, nonostante fosse stato radiato dall’albo di riferimento. Utilizzando documentazione apparentemente riconducibile a una nota società bancaria internazionale, aveva indotto le vittime in errore, facendosi consegnare numerosi assegni per un valore complessivo superiore a 100.000 euro, con la promessa di investimenti redditizi.

La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, condannandolo a una pena di 10 mesi di reclusione e 200 euro di multa, subordinando la sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione basandosi su quattro motivi principali:

1. Violazione di legge per querela tardiva: Sosteneva che la querela fosse stata presentata oltre i termini di legge, in quanto la persona offesa era a conoscenza dei fatti illeciti già diversi mesi prima della presentazione formale.
2. Travisamento delle prove e carenza di motivazione: Lamentava che i giudici di merito non avessero valutato correttamente le prove a sua discolpa, in particolare riguardo alla sua presunta mancata abilitazione e all’elemento soggettivo del reato.
3. Erronea determinazione della pena: Riteneva la pena eccessiva e contestava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, come l’assenza di precedenti penali e il riconoscimento del debito.
4. Carenza di motivazione sulla sospensione condizionale: Contestava l’obbligo di risarcire il danno, affermando la propria incapacità economica di adempiere a tale condizione.

La Decisione della Corte sulla Querela Tardiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni suo punto. Il fulcro della decisione riguarda il primo motivo, relativo alla querela tardiva. Gli Ermellini hanno riaffermato un principio consolidato: l’eccezione di tardività della querela non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità. Questo perché la sua valutazione implica accertamenti di fatto (come stabilire il momento esatto in cui la persona offesa ha avuto piena conoscenza del reato) che sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Nel caso specifico, i giudici di merito avevano già accertato che la persona offesa aveva deciso di sporgere querela solo dopo il mancato adempimento, da parte dell’imputato, di un impegno a restituire le somme entro una data concordata. Pertanto, la questione era già stata risolta e non poteva essere riaperta in Cassazione.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto anche gli altri motivi di ricorso, definendoli generici e meramente ripetitivi di doglianze già respinte in appello.

In primo luogo, la sussistenza della truffa e l’intento fraudolento (dolo) erano stati, secondo la Corte, adeguatamente motivati dai giudici di merito. L’elemento soggettivo, hanno ricordato i giudici, può essere desunto dalle concrete circostanze e dalle modalità esecutive dell’azione criminosa, come il presentarsi quale esperto pur non essendolo e l’utilizzo di documentazione falsa per creare un’apparenza di affidabilità.

In secondo luogo, la determinazione della pena è stata ritenuta corretta e non illogica. La pena base, leggermente superiore al minimo, era giustificata dalla gravità dei fatti e dall’intensità del dolo. Il diniego delle attenuanti generiche era legittimo, poiché i giudici possono valorizzare gli elementi ritenuti decisivi (in questo caso, la gravità e la reiterazione delle condotte), superando implicitamente gli altri elementi favorevoli dedotti dalla difesa.

Infine, per quanto riguarda la sospensione condizionale subordinata al risarcimento, la Corte ha sottolineato che è onere dell’imputato fornire la prova concreta e specifica della propria incapacità economica. Una generica lamentela, come quella avanzata nel ricorso, non è sufficiente a invalidare la decisione del giudice di merito, il quale aveva correttamente considerato l’ingente somma incassata dall’imputato a seguito della truffa.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida importanti principi di diritto processuale penale. Il più rilevante è che le eccezioni che richiedono una valutazione dei fatti, come quella di querela tardiva, devono essere sollevate tempestivamente nei gradi di merito e non possono essere introdotte per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione. Inoltre, la pronuncia ribadisce che i ricorsi per cassazione devono contenere critiche specifiche e argomentate alla motivazione della sentenza impugnata, non potendosi limitare a una generica riproposizione delle tesi difensive già esaminate. Infine, conferma che l’onere di provare l’incapacità di adempiere alla condizione del risarcimento del danno, ai fini della sospensione condizionale, grava sull’imputato, che deve fornire elementi concreti e non mere affermazioni generiche.

Quando si può sollevare l’eccezione di querela tardiva?
L’eccezione di tardività della querela deve essere sollevata davanti ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello), poiché richiede accertamenti di fatto. Secondo la sentenza, non può essere proposta per la prima volta in Cassazione.

Come viene provato l’intento di truffare (dolo) in un processo?
La prova dell’elemento soggettivo del reato di truffa, cioè il dolo, può essere desunta dalle concrete circostanze e dalle modalità esecutive dell’azione criminosa. Non è necessaria una prova diretta, ma può essere ricavata attraverso un processo logico-deduttivo basato sul comportamento dell’imputato.

Chi deve dimostrare l’incapacità di pagare il risarcimento del danno per ottenere la sospensione condizionale della pena senza condizioni?
È onere dell’imputato fornire al giudice elementi di prova specifici e concreti che dimostrino la sua incapacità economica di soddisfare la condizione del risarcimento. Non è sufficiente una generica affermazione di difficoltà economica, specialmente se l’imputato ha ottenuto un profitto dal reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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