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Querela tardiva: annullamento senza rinvio

Un imputato, condannato per tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ha ottenuto l’annullamento della sentenza per querela tardiva. La Corte di Cassazione ha stabilito che il termine di tre mesi per sporgere querela decorre dalla data del fatto contestato, non da presunti episodi successivi non inclusi nel capo d’imputazione. Di conseguenza, la querela presentata sette mesi dopo il reato è stata ritenuta intempestiva, rendendo l’azione penale improcedibile e portando all’annullamento definitivo della condanna.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Querela Tardiva: Quando il Tempo Annulla la Condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 29322/2025, offre un importante chiarimento sui termini per la presentazione della querela e sulle conseguenze di una querela tardiva. Il caso in esame dimostra come un vizio procedurale, quale il mancato rispetto del termine di tre mesi per sporgere querela, possa portare all’annullamento di una condanna, anche se confermata in due gradi di giudizio. Questa decisione sottolinea l’importanza fondamentale del corretto calcolo del dies a quo, ovvero del giorno da cui il termine inizia a decorrere.

I Fatti e il Percorso Giudiziario

La vicenda giudiziaria ha origine da un episodio avvenuto il 18 luglio 2016. Un uomo, per ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla sua autovettura, avrebbe usato violenza e minaccia nei confronti del presunto responsabile e di un suo parente. Per questi fatti, veniva accusato del reato di tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alla persona.

Il Tribunale di primo grado e la Corte d’Appello lo avevano dichiarato colpevole. L’imputato, tuttavia, decideva di ricorrere in Cassazione, sollevando diversi motivi di doglianza. Tra questi, spiccava quello relativo alla violazione dei termini per la proposizione della querela.

Il Nodo Cruciale: La Querela Tardiva e l’Errore dei Giudici di Merito

Il punto centrale del ricorso, e quello che si rivelerà decisivo, riguarda la tempestività della querela. La persona offesa aveva sporto querela il 27 gennaio 2017, ovvero circa sette mesi dopo il fatto, avvenuto il 18 luglio 2016. L’articolo 124 del codice penale stabilisce un termine perentorio di tre mesi per presentare la querela, che decorre dal giorno della notizia del fatto che costituisce reato.

La Corte d’Appello aveva rigettato questa eccezione, sostenendo che il dies a quo dovesse essere fissato al 1° dicembre 2016, data di un presunto “ultimo fatto”. Tuttavia, come correttamente osservato dalla difesa e poi confermato dalla Cassazione, il capo di imputazione contestava esclusivamente la condotta del 18 luglio 2016. Nessun altro episodio, né una continuazione del reato, era stato formalmente contestato all’imputato.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso, definendolo “fondato e assorbente”, cioè in grado di risolvere la questione da solo, rendendo superfluo l’esame degli altri motivi. I giudici hanno chiarito che la decisione dei giudici di merito era errata perché, a fronte di una contestazione cristallizzata alla data del 18 luglio 2016, non era possibile far decorrere il termine per la querela da una data successiva basata su fatti non presenti nell’imputazione.

Il delitto contestato era pacificamente consumato il 18 luglio 2016. Di conseguenza, il termine di tre mesi per la querela scadeva a metà ottobre 2016. La querela presentata il 27 gennaio 2017 risultava, quindi, palesemente intempestiva. Questa querela tardiva ha determinato un difetto insanabile della condizione di procedibilità, rendendo l’azione penale non proseguibile.

Conclusioni

La sentenza si conclude con l’annullamento senza rinvio della condanna. Ciò significa che la decisione è definitiva e il processo si chiude perché non poteva nemmeno essere iniziato a causa della mancanza di una querela valida. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: il rispetto rigoroso delle condizioni di procedibilità. Il calcolo del dies a quo per la querela deve ancorarsi in modo inequivocabile ai fatti descritti nel capo di imputazione, senza possibilità per il giudice di estenderlo sulla base di elementi non formalmente contestati. Per cittadini e avvocati, questa sentenza è un monito sull’importanza di agire tempestivamente per la tutela dei propri diritti e sulla necessità di un’attenta verifica dei presupposti procedurali in ogni fase del giudizio.

Da quando decorre il termine di tre mesi per presentare una querela?
Il termine di tre mesi, stabilito dall’art. 124 del codice penale, decorre dal giorno in cui la persona offesa ha avuto notizia del fatto che costituisce reato. Nel caso di specie, questo giorno coincide con la data in cui il reato è stato commesso, il 18 luglio 2016, poiché la vittima era presente.

Cosa comporta una querela tardiva?
Una querela presentata oltre il termine di tre mesi è considerata intempestiva. Ciò costituisce un difetto della condizione di procedibilità, che impedisce l’avvio o la prosecuzione dell’azione penale. Se un procedimento è già in corso e viene accertata la tardività, esso deve essere chiuso con una declaratoria di improcedibilità, come avvenuto in questo caso con l’annullamento della sentenza di condanna.

Il giudice può spostare la data di decorrenza del termine per la querela basandosi su fatti non contestati nell’imputazione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che è errato far decorrere il termine per la querela da una data successiva a quella del reato contestato, se tale data si basa su episodi non descritti nel capo di imputazione. Il giudizio deve limitarsi ai fatti formalmente addebitati all’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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