Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20989 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20989 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Wt3parte civile AUTOSTRADE PER RAGIONE_SOCIALE
nel procedimento a carico di:
NOME nato a AVELLINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/06/2023 della CORTEIAPPELLO di NAPOLI.
Vsti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito il difensore di RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso, ribadendo le proprie conclusioni con memoria tempestivamente depositata;
letta la memoria del difensore di NOME NOME, AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co.8 D.L. n. 137/2020 del successivo art. 8 D.L. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Benevento del 12/12/2013, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME NOME per il reato allo stesso ascritto (art. 640 cod.pen., così riqualificato il fatto originariamente ascritto ai sensi dell’art. 641 cod.pen.) per difetto di querela.
In particolare, la Corte di appello ha ritenuto che nel caso in esame fosse stata omessa la allegazione della documentazione legittimante la possibilità di proporre querela. La Corte osservava come alla querela fosse stata allegata la procura speciale conferita dal Responsabile dell’ufficio legale in virtù dei poteri spettanti allo stesso per statuto. Si rilevava come, tuttavia, mancasse documentazione dalla quale evincere i poteri del responsabile dell’ufficio legale. La società RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto allegare agli atti lo statuto. Venivano conseguentemente revocate le statuizioni civili.
RAGIONE_SOCIALE, parte civile costituita, ha impugnato ai soli effetti civili la sentenza predetta, per mezzo del proprio difensore, con motivi che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Violazione di legge per inosservanza o erronea applicazione della legge penale con particolare riferimento agli artt. 337, comma 3, e 122 cod.proc.pen.; la soluzione prescelta della Corte di appello si pone in contrasto non solo con l’evidente portato delle disposizioni evocate, ma anche con la giurisprudenza costante di legittimità che ha evidenziato come il potere di sporgere querela possa spettare, oltre che a soggetti che si vedano conferito tale potere per legge o per statuto, anche ad altri soggetti purché questi operino in virtù di una procura speciale rilasciata ai sensi dell’art. 122 cod.proc.pen.; in tal caso l’unico requisito previsto è che la procura sia rilasciata per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, con recepimento delle indicazioni richieste dalla legge, oltre che dell’oggetto per il quale è conferita la procura esattamente come nel caso di specie avvenuto; né è emerso o è stato in alcun modo allegato che il soggetto, che aveva conferito la procura speciale nella sua qualità e con i poteri conferiti dallo statuto, fosse effettivamente privo di tali poteri, circostanza che avrebbe comunque essere provata eventualmente dall’imputato che non aveva allegato nulla in tal senso.
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Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che la sentenza impugnata venga annullata con rinvio.
La difesa dell’imputato ha depositato memoria, con la quale ha argomentato le ragioni affinché si giunga al rigetto del ricorso, allegando nota spese.
La difesa della parte civile costituita odierna ricorrente ha depositato memoria, con la quale ha ulteriormente argomentato quanto ai motivi di ricorso proposti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato. Ne consegue l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente in grado di appello ex art. 622 cod. proc. pen.
In via preliminare, occorre osservare che la parte civile ha certamente interesse alla impugnazione in considerazione della decisione della Corte di appello di Napoli, che ha erroneamente ritenuto che non ricorresse una valida querela. Né tale decisione si pone in contrasto con il dictum delle Sez. U COGNOME Marco (Sez. U, n. 35599 del 21/0&/2012, COGNOME Marco, Rv. 253242-01,) anche attesa la diversità di fattispecie esaminate (nel caso in esame è stata realizzata una diversa qualificazione giuridica del fatto originariamente contestato con condanna in primo grado e dichiarazione di non doversi procedere in appello per mancanza di valida querela). Il dato da considerare è che la parte civile vanta effettivamente un interesse, che sostiene e legittima l’impugnazione della sentenza di proscioglimento, anche quando quella pronunciata non sia una delle decisioni contemplate dall’art. 652 cod. proc. pen. Si è in tal senso osservato, affermando principi che qui si intendono ribadire, (Sez. 2, n. 29323 del 12/04/2019, Scuto, Rv. 276780-01) che la dinamica delle azioni civili inserite nel processo penale, infatti, va considerata anche in correlazione ai fattori più significativi dell’iniziativa processuale adottata, che concernono le attività di ricerca della prova, i loro costi, la durata del processo. Non può trascurarsi, infatti, che la scelta operata dalla parte civile è frequentemente determinata dalla necessità
tg, di conseguire l’acquisizione di elementi di prova che, per la natura dei fatti da provare, per il contesto criminale in cui i fatti sono stati realizzati, per le possibili difficoltà di ottenere la presenza di testimoni nel giudizio, sono più agevolmente raggiungibili nel processo penale, valendosi dell’iniziativa della parte pubblica; altrettanto decisiva, nella prospettiva del riconoscimento del bene della vita cui aspira il danneggiato nel veder attribuito il diritto alla reintegrazione del patrimonio, la considerazione della maggiore rapidità di definizione dei giudizi penali rispetto a quelli civili. Tali aspetti, che incidono in modo evidente sull’effettività del diritto costituzionalmente garantito dall’art. 24 Cost., assumono un rilievo che non può esser trascurato o ridimensionato, divenendo invece metro di concreta utilità per la parte civile nel conseguire l’accertamento in sede penale della responsabilità, ai fini civili, dell’imputato per il fatto di reato commesso. Del resto, l’interesse della parte civile a conseguire attraverso l’impugnazione della sentenza di proscioglimento una sentenza che contenga la condanna dell’imputato alle restituzioni ed al risarcimento dei danni è stato affermato da plurime decisioni della Corte (v. Sez. 4, n. 13326 del 23/01/2003, COGNOME, Rv. 226430; Sez. 7, n. 4216 del 15/01/2002, COGNOME, Rv. 222052; Sez. 5, n. 12359 del 06/02/2001, COGNOME, Rv. 218905; Sez. 4, n. 10451 del 29/10/1997, COGNOME, Rv. 209673; Sez. 5, n. 10990 del 31/10/1996, Piccioni, Rv. 207064); e in quell’esito processuale si è riconosciuta la sussistenza dell’interesse della parte civile, in quanto l’impugnazione risulta «preordinata a chiedere l’affermazione di responsabilità dell’imputato, quale presupposto della condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno, con la conseguenza che detta richiesta non può condurre ad una modifica della decisione penale, sulla quale si è formato il giudicato, in mancanza dell’impugnazione del pubblico ministero, ma all’affermazione della responsabilità dell’imputato per un fatto previsto dalla legge come reato, che giustifica la condanna alle restituzioni ed al risarcimento del danno. Da ciò deriva che l’interesse della parte civile al gravame non è commisurato (…) alla preclusività della formula di proscioglimento, con la conseguenza che essa può proporre impugnazione, senza incorrere in censure di carenza di interesse, anche contro la sentenza di proscioglimento adottata con formula non preclusiva dell’esercizio della azione risarcitoria in sede civile» (in questi termini nella motivazione, Sez. unite, n. 6509 del 20/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254130-01 richiamata da Sez. 2, n. 29323 del
12/04/2019, Scuto, Rv. 276780-01). In questa prospettiva, l’interesse della parte civile al riconoscimento della responsabilità dell’imputato per il fatto di reato originariamente contestato, mira a non disperdere le prove raccolte nel giudizio penale e ad evitare un’attività di istruzione probatoria in sede civile che, pur potendosi giovare delle prove assunte nel processo penale (attraverso la richiesta di acquisizione dei relativi verbali, quali prove atipiche), deve sottostare alla valutazione del giudice civile in termini di libero apprezzamento di quelle prove e impone all’evidenza una ripetizione di attività istruttorie che nuocciono alla speditezza del processo e confliggono con il principio di economia processuale (sempre in termini Sez. 2, n. 29323 del 12/04/2019, Scuto, Rv. 276780-01). La conferma della rilevanza di tali criteri valutativi dell’interesse della parte civile all’impugnazione di sentenze di proscioglimento, che pur non possiedono efficacia preclusiva rispetto all’instaurazione del giudizio risarcitorio in sede civile, si trae dalle decisioni che hanno riconosciuto l’interesse processuale della parte civile ad impugnare la decisione con cui l’imputato sia stato prosciolto con la formula perché il fatto non costituisce reato, «in quanto colui che intraprende il giudizio civile dopo avere ottenuto in sede penale il riconoscimento della responsabilità per fatto illecito della controparte si giova di tale risultato» (Sez. 5, n. 15245 del 23/02/2005, Nalesso, Rv. 232157; nello stesso senso v. anche Sez. 3, n. 6581 del 15/04/1999, COGNOME, Rv. 213840; il principio è stato ribadito da ultimo da Sez. 2, n. 36930 del 04/07/2018, COGNOME, Rv. 273519, che ha evidenziato come «le limitazioni all’efficacia del giudicato, previste dall’art. 652 cod. proc. pen., non incidono sull’estensione del diritto all’impugnazione, riconosciuto in termini generali alla parte civile nel processo penale dall’art. 576 cod. proc. pen.», considerato il vantaggio della parte civile che può giovarsi dell’accertamento ottenuto in sede penale, quanto al riconoscimento della responsabilità per fatto illecito della controparte, senza dover dare inizio integralmente ad un nuovo giudizio sul punto in sede civile)(Sez. 5, n. 3223 del 26/02/1981, Pol., Rv. 148359-01; in senso sostanzialmente analogo anche Sez. 6, n. 39537 del 23/09/2021, COGNOME NOME, Rv. 282121-01, che ha ampiamente ripreso l’approfondito ragionamento argomentativo di Sez. 5, n. 14015 del 2020, Vacca, Rv. 278993-01).
Deve quindi essere precisato, come evidenziato da Sez. 5, n. 14015 del 2020, Vacca, Rv. 278993-01, che il principio affermato dalle Sez. U Di Marco deve essere circoscritto alle ipotesi in cui essendo
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mancato un precedente accertamento in fatto, la parte civile non potrebbe trarre alcun vantaggio dall’impugnazione.
Nel caso in esame, dunque, deve essere ritenuta la sussistenza dell’interesse ad impugnare della parte civile tenuto conto dell’accertamento del fatto compiuto nel giudizio di primo grado all’esito del quale l’imputato è stato condannato per il reato in contestazione, per come riqualificato, alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno; si deve inoltre in tal senso tener conto del vantaggio oggettivamente conseguibile dalla parte civile attraverso il ribaltamento della decisione impugnata, con accertamento, anche se solo a fini civili, della responsabilità dell’imputato. Ne consegue che deve essere ribadito il principio di diritto secondo il quale sussiste l’interesse della parte civile ad impugnare la sentenza della Corte di appello che decidendo in senso difforme rispetto alla sentenza di condanna di primo grado, dichiari l’improcedibilità per difetto di querela.
3. Quanto al caso in esame occorre osservare che questa Corte ha affermato, con principio che qui si intende ribadire, che qualora una persona giuridica sia costituita parte civile a mezzo di procuratore speciale, al quale la procura sia stata conferita da soggetto che abbia agito nella qualità di organo istituzionalmente investito per legge o per statuto, del necessario potere di rappresentanza, spetta a chi contesti l’esistenza di tale potere di fornire la prova del suo assunto (Sez. 1, n. 11925 del 26/02/2003; COGNOME, Rv. 223681-01). Ne consegue che la Corte di appello nel valutare, con i poteri alla stessa attribuiti, la regolarità della querela avrebbe dovuto tenere conto dei principi in tema di formalità della querela ai sensi degli artt. 122 e 337 cod.proc.pen. ed eventualmente, in caso di dubbio, acquisire la documentazione richiamata (ovvero lo statuto della RAGIONE_SOCIALE al fine di riscontrare il proprio assunto, a seguito del quale è stata pronunciata sentenza di non doversi procedere per mancanza di querela).
La Corte di appello ha in conclusione dichiarato non doversi procedere per difetto di querela in violazione dei principi costantemente affermati da questa Corte. In tal senso, occorre rilevare che la stessa disposizione di legge di cui all’art. 337, comma 3, cod. proc. pen. si limita a richiedere l’indicazione della fonte dei poteri di rappresentanza da parte del soggetto che la presenta e non già la prova della veridicità
delle dichiarazioni di quest’ultimo sul punto: tale veridicità, pertanto, deve presumersi fino a contraria dimostrazione e non incombe alla parte alcun onere di allegazione documentale (Sez. 5, n. 4996 del 19/12/2006, COGNOME, Rv. 235939-01; Sez. 5, n. 1460 del 16/01/1997, Rv. 206841-01; Sez. 6, n. 1131 del 12/12/96, Rv. 206900-01). Nel caso concreto la querela è stata presentata tra l’altro da procuratore speciale nel pieno rispetto dei presupposti richiesti dall’art. 122 cod.proc.pen. (Sez. 2, n. 22506 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 279288-01; Sez. 6, n. 28807 del 05/04/2016, COGNOME, Rv. 267432-01).
La sentenza impugnata deve quindi essere annullata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione tra le parti per questo grado di legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione tra le parti per questo grado di legittimità.
Così deciso il 30 aprile 2024.