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Querela singolo condomino: legittima per violazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21862/2024, ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per violazione di domicilio nelle parti comuni di un condominio. Il punto centrale della decisione riguarda la piena legittimità della querela sporta da un singolo condomino. La Corte ha stabilito che ogni proprietario, in quanto titolare del diritto all’inviolabilità del domicilio che si estende alle aree comuni, è persona offesa dal reato e può validamente presentare querela per tutelare il bene comune, senza necessità di un mandato dell’assemblea o dell’intervento dell’amministratore.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Querela Singolo Condomino: La Cassazione Conferma la Piena Legittimità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande interesse pratico per la vita condominiale: la validità della querela singolo condomino per reati commessi nelle parti comuni dell’edificio. Con la pronuncia n. 21862 del 2024, i giudici hanno confermato un principio fondamentale: ogni proprietario ha il diritto individuale di agire per difendere gli spazi comuni, considerati un’estensione della propria privata dimora.

I Fatti del Caso: Intrusione nelle Parti Comuni e la Contestazione sulla Querela

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di violazione di domicilio, per essersi introdotto clandestinamente nelle parti comuni di un edificio condominiale. L’imputato, dopo la conferma della condanna in appello, ha presentato ricorso in Cassazione basando la sua difesa su tre motivi principali. Il più rilevante contestava la procedibilità stessa dell’azione penale, sostenendo che la querela, presentata da un solo condomino, fosse invalida. Secondo la difesa, la legittimazione a sporgere querela sarebbe spettata esclusivamente all’amministratore di condominio, previa delibera assembleare, o a tutti i condomini congiuntamente.

Gli Altri Motivi di Ricorso

Oltre alla questione centrale sulla legittimità della querela, l’imputato lamentava anche vizi relativi alla sua identificazione come autore del reato e il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis del codice penale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla querela del singolo condomino

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. La parte più significativa della sentenza è dedicata a sciogliere il nodo sulla legittimazione a presentare la querela.

L’Evoluzione Giurisprudenziale

I giudici hanno ripercorso l’evoluzione della giurisprudenza in materia. In passato, orientamenti più restrittivi consideravano l’amministratore un mero esecutore della volontà assembleare, richiedendo un mandato specifico per poter agire penalmente. Tuttavia, un approccio più moderno e consolidato, confermato da questa sentenza, riconosce che il condominio non è una persona giuridica distinta dai singoli proprietari, ma uno strumento di gestione di interessi comuni.

Il Diritto Soggettivo del Singolo Proprietario

La Corte ha affermato un principio chiave: il singolo condomino è a tutti gli effetti persona offesa dal reato di violazione di domicilio commesso nelle parti comuni. Questo perché il bene giuridico protetto dalla norma (art. 614 c.p.) è l’inviolabilità del domicilio, un diritto di rango costituzionale che tutela la sfera privata e la “libertà domestica”. Le parti comuni, come l’androne o le scale, sono una proiezione spaziale della vita privata che si svolge negli appartamenti. Di conseguenza, ogni condomino, in quanto titolare del diritto di comproprietà (art. 1100 c.c.) e del diritto all’inviolabilità della propria dimora, ha un potere autonomo di querela, uti singuli, per difendere questi diritti.

Questo potere è concorrente e può anche essere surrogatorio rispetto a quello dell’amministratore, il quale è comunque legittimato ad agire in virtù dei suoi doveri di conservazione delle parti comuni (art. 1130 c.c.).

Il Rigetto degli Altri Motivi

La Corte ha dichiarato inammissibili le censure relative all’identificazione dell’imputato, trattandosi di una valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità. Ha inoltre ritenuto infondata la richiesta di applicazione della tenuità del fatto, poiché l’imputato aveva precedenti per furto. Secondo i giudici, il furto e la violazione di domicilio sono reati “della stessa indole”, in quanto entrambi espressione di una tendenza a commettere intrusioni illecite nella sfera patrimoniale e personale altrui. Tale abitualità nel comportamento osta all’applicazione del beneficio.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un principio di fondamentale importanza per la tutela della sicurezza nei condomini. La legittimazione del singolo condomino a sporgere querela garantisce una protezione più rapida ed efficace degli spazi comuni. Ogni proprietario può attivarsi immediatamente per denunciare un’intrusione illecita, senza dover attendere i tempi di una convocazione assembleare o l’iniziativa dell’amministratore. Questa decisione rafforza la posizione del singolo, riconoscendo che la difesa delle aree comuni è una difesa diretta della propria casa e della propria tranquillità.

Un singolo condomino può presentare una querela per un reato commesso nelle parti comuni del condominio?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che ogni singolo condomino è legittimato a presentare querela, in via concorrente o surrogatoria rispetto all’amministratore, per tutelare il patrimonio e la sicurezza delle aree comuni.

Perché il singolo condomino ha questo diritto?
Perché il diritto all’inviolabilità del domicilio, costituzionalmente garantito, si estende anche alle parti comuni dell’edificio (come androni e scale). Ogni condomino è titolare di questo diritto e quindi è considerato persona offesa dal reato di violazione di domicilio, potendo agire direttamente per la sua tutela.

Un imputato con precedenti per furto può beneficiare della causa di non punibilità per “particolare tenuità del fatto” se commette una violazione di domicilio?
No. Secondo la sentenza, il reato di violazione di domicilio è considerato “della stessa indole” di quello di furto. La presenza di precedenti specifici configura una “abitualità” nel comportamento criminale che impedisce l’applicazione del beneficio della non punibilità per tenuità del fatto previsto dall’art. 131 bis del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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