Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 21862 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 21862 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SASSUOLO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/07/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso per iscritto, chiedendo il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1.COGNOME NOME, tramite difensore abilitato, ha proposto ricorso per cassazione avverso sentenza della Corte d’appello di Bologna del 4 luglio 2023, che ha confermato la sentenza di primo grado che lo aveva condannato alle pene di legge in relazione al delitto di violazione domicilio, per essersi clandestinamente introdotto nelle parti comuni di un edifi condom in ia le.
2.L’impugnazione si è affidata a tre motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all’ comma 1 disp. att. cod. proc. pen..
2.1.11 primo motivo ha dedotto il vizio di inosservanza della legge penale per avere, la Cort di merito, disatteso l’eccezione di improcedibilità per mancanza di valida quere illegittimamente presentata da un singolo condòrnino in luogo dell’amministratore incaricat dall’assemblea o, in assenza di amministratore, da tutti i condòmini.
2.2.11 secondo motivo si è soffermato sui vizi di inosservanza della legge penale e dell motivazione in relazione alle doglianze mosse con l’atto di appello a riguardo della corre identificazione dell’imputato come autore dell’illecita introduzione, vuoi per le discrasìe descrizione dei capi d’abbigliamento indossati dal responsabile del fatto, vuoi per la debolez del riconoscimento fotografico effettuato dalla persona offesa, alla quale l’operante di pol giudiziaria incaricato avrebbe mostrato l’effigie del medesimo, tratta da una foto scattata co cellulare.
2.3.11 terzo motivo ha denunciato i medesimi vizi con riferimento al mancato riconoscimento dell’esimente del fatto tenue di cui all’art. 131 bis cod. pen., negata sulla scorta insussistente abitualità nel reato.
Considerato in diritto
Il ricorso, a tratti inammissibile, è nel complesso infondato.
1.Non merita accoglimento il primo motivo, poiché il collegio reputa di dare continuità principio di diritto in virtù del quale il singolo condòmino è legittimato, quanto meno i concorrente o surrogatoria rispetto all’amministratore del condominio, alla presentazione d una valida querela in relazione a un reato commesso in offesa del patrimonio comune del condominio di un edificio.
1.1. Mette conto ripercorrere, brevemente, l’evoluzione della giurisprudenza di legittimità riguardo della legittimazione a proporre querela nelle ipotesi di illecito penale commesso pregiudizio degli interessi e del patrimonio di un condominio, istituto disciplinato dal Libro (“della proprietà”), titolo settimo (“della comunione”), capo secondo del codice civile.
Un primo indirizzo – che non ha comunque escluso tout court le legittimazione dei condomini uti singuli alla formalizzazione della querela a salvaguardia delle parti comuni – ha affermato che il condominio non è persona giuridica distinta rispetto all’unione delle persone fisi comproprietarie, “bensì uno strumento di gestione collegiale degli interessi comuni de condomini diretto all’amministrazione ed al buon uso delle cose comuni, che non è suscettibile, in quanto tale, di essere portatore di propri autonomi interessi direttamente prot dall’ordinamento penale”; ha ritenuto che l’amministratore non sia il titolare del bene giuri
alla cui tutela è preposto l’esercizio della condizione di procedibilità, ma un organo esecu della volontà dei condomini, nell’ambito della gestione e protezione dei beni e servizi a attribuite dagli artt. 1130 e 1131 cod. civ.; ed ha concluso che intanto l’amministratore po promuovere querela in quanto ritualmente destinatario, da una deliberazione dei condomini all’unanimità, di una procura speciale, a pena di inammissibilità, nei rispetto degli artt. 336 cod. proc. pen. (sez. 2, n. 6 del 29/11/2000, COGNOME, Rv. 218562). A tale esegesi s sono ispirate sez. 3, n. 23800 del 27/03/2019, Cassaro, non mass. E sez. 6, n. 2347 del 18/12/2015, COGNOME, Rv. 266325, che hanno ritenuto invalida la querela sporta da un amministratore per conto del condominio, che non era stato investito della relativa facoltà mezzo di specifico mandato da parte dell’assemblea dell’ente.
Nella sostanza, l’opzione interpretativa ha preso le mosse dal rilievo in base al qu l’amministratore di condominio (che non sia anche, naturalmente, contitolare di diritti reali altre posizioni giuridicamente salvaguardate al medesimo titolo sulle parti comuni dell’edific non è persona offesa dal reato perché la regolamentazione della sua attività, in base al norme del diritto civile, si fonda sulla disciplina del mandato (v. ora il rinvio espressa previsto dall’art. 1129, comma 15, del codice civile alle disposizioni della sezione I del cap del titolo III del libro IV del codice civile); in altre parole, egli non è figura imputazione di interessi meritevoli protezione in ambito penalistico ed in quanto mandatario ovvero un organo essenzialmente esecutivo delle deliberazioni dell’assemblea (in motivazione, Cass. civ. sez. U n. 18331 del 06/08/2010) – può formalizzare un atto di querela per conto de condominio in quanto a ciò deputato ed autorizzato dall’assemblea dei condomini nel rispetto delle prescrizioni imposte dal codice civile, dal regolamento di condominio e dal codice procedura penale.
Altro approdo, collocatosi nella medesima, ancorchè non sovrapponibile, direttrice, ha invece optato per una legittimazione esclusiva al promovirnento della querela, a tutela del patrimoni comune – a prescindere dalla concreta proiezione offensiva della condotta di reato in suo danno – della totalità dei condomini e, di conseguenza, dell’amministratore in veste di s mandatario (sez.5, n. 6197 del 26/11/2010, Arcari, Rv.249259).
A seguito della riforma della regolamentazione civilistica del condominio, operata con la L. 220 del 2012, si è affacciato e sviluppato un approccio ermeneutico che si è discostato dall sentenza della quinta sezione, Arcari, cit. e, nel far leva sulle argomentazioni della decis delle Sezioni Unite civili n. 19663 del 2014 e nel trarre dal dato testuale dell’art. 1117 cod. civ. la formulazione di un principio generale, si è orientata per negare l’attribuibilità d qualsiasi forma di personalità giuridica al condominio, con ciò riprendendo le riflessioni d sentenza della seconda sezione, RAGIONE_SOCIALE, ed ha rassegnato conclusioni volte a rimarcare, nitidamente, il diritto soggettivo di ogni singolo compartecipe, quantomeno in via concorren o surrogatoria rispetto all’iniziativa dell’amministratore, a proporre querela a prote dell’intera comproprietà, anche a prescindere dalla volontà degli altri condomini (sez.3,
49392 del 03/07/2019, Valenza, Rv. 278261; sez.2, n. 45902 del 27/10/2021, COGNOME, Rv.282444; cfr. anche sez. 4, n.5622 del 2023 – ud. 20/12/2022, COGNOME, non mass.).
Merita di essere menzionata, nel panorama delle decisioni di interesse, sez.5, n. 33813 de 26/05/2023, COGNOME, Rv.284991, che si è occupata della legittimità di una querela orale presentata da un amministratore di condominio, in relazione al furto di acqua potabil commesso in pregiudizio del condominio da uno dei comunisti, ritenuta valida ed efficace sulla scorta del precedente delle sez. U n. 40354 del 18/07/2013, COGNOME, Rv. 255975, che ha affermato la legittimazione del responsabile di un punto-vendita di un esercizio commerciale ancorchè non legale rappresentante e non espressamente destinatario di una procura speciale ad hoc, a depositare atto di querela in nome e per conto della società titolare, considerazione del ruolo di responsabilità, nel settore della custodia e vigilanza sulla res, a lui attribuito dalla proprietà. La decisione vi ha, in definitiva, assimilato i compiti gestio controllo dell’amministratore di condominio, previsti dal diritto civile a salvaguardia delle comuni, consistenti anche in iniziative autonomamente adottabili, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, come quella di fare opposizione a decreto ingiuntiv nonché impugnare la decisione del giudice di primo grado, per tutte le controversie che rientrino nell’ambito delle sue attribuzioni ex art. 1130 cod. civ., come quelle aven oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio dal terzo creditore in adempimento di un’obbligazione assunta dal medesimo amministratore per conto dei partecipanti, ovvero quelle attinenti all’esecuzione di delibere assembleari, alla erogazione delle spese occorrent fini della manutenzione delle parti comuni o all’esercizio dei servizi condominiali (Sez. 2 ci 16260 del 03/08/2016 – Rv. 641005 – 01; Sez. 2 civ., n. 10865 del 25/05/2016 – Rv. 639968 01).
1.2. Ed a conferma dello sviluppo della corrente di pensiero che assegna al singolo condòmino la spettanza di un autonomo diritto soggettivo ad esigere la tutela delle cos comuni, sono intervenute le sez. U civili n.10934 del 18/04/2019, Rv. 653787, che ne hanno ribadito il potere individuale di agire in giudizio, concorrente con quello dell’amministr dell’ente, di regola privo di personalità giuridica, a salvaguardia della propria partecipa “pro quota”. Il massimo consesso nomofilattico ha, per un verso, precisato che la consentanea attribuzione al privato condòmino e all’amministratore del condonnìnio del potere di agire tutela del patrimonio comune riconosce la natura sostanzialmente complementare delle rispettive prerogative, l’una estrinsecazione del diritto reale di proprietà e l’altra eman dei compiti di gestione e di organizzazione devoluti per effetto del mandato; per altro verso, rafforzato il principio secondo il quale è la qualità del diritto, per c:osì dire “natur valere in sede giurisdizionale la ragione di fondo della sussistenza della facoltà dei sing affiancarsi o surrogarsi all’amministratore nella sua difesa in contenzioso.
1.3. Ritiene il collegio che, nel caso in esame – nel quale si discetta dell’abusiva introduzi di un estraneo nell’androne di un condominio cittadino, qual che sia l’inquadramento dogmatico della veste dell’amministratore nella prospettiva di assicurare tutela penale agli interess
condominio – debba da un lato affermarsi che l’amministratore, accanto alle facoltà che pertengono alla gestione dei beni comuni, è titolare dei poteri-doveri, previsti dall’art. comma 1 n. 4 cod. civ., di compimento degli atti di conservazione delle parti comuni dell’edificio condominiale, di cui rappresenta espressione il potere di promuovere querel anche indipendentemente da uno specifico investimento da parte dell’ assemblea dei condomini, poiché tali poteri-doveri non possono essere circoscritti alle iniziative di na cautelare ed assolutamente indifferibile, ma debbono ritenersi estesi a tutte le atti finalizzate a garantire l’esistenza, la pienezza e l’integrità dei diritti dei condòmini su comuni (cfr Cass. Civ. sez. 2, n. 10869 del 24/04/2023, Rv. 668072; Sez. 2, Ordinanza n. 25782 del 13/11/2020; Sez. 2, Sentenza n. 7063 del 15/05/2002; Sez. 2, Sentenza n. 6190 del 03/05/2001; Sez. 2, Sentenza n. 4117 del 14/05/1990; Sez. 2, Sentenza n. 6593 del 11/11/1986; Cass. Civ. sez.2, n. 6494 del 06/11/1986, Rv. 448662; Sez. 2, Sentenza n. 3510 del 28/05/1980); e che, dall’altro lato, debba essere riaffermato il principio secondo il qua diritto soggettivo di promuovere querela spetti parimenti, e comunque, alla persona offesa in senso stretto – art. 120 cod. pen. – che si identifica nel soggetto passivo del reato, il del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice (tra le tante, sez.2, n. 2862 27/01/1999, Brogi, Rv. 212766). Il singolo condòmino, che gode del diritto reale d comproprietà tipico dell’istituto della comunione sulle parti comuni (art. 1100 e segg. c civ.), è, in relazione ad esse, persona offesa dal reato lesivo dell’interesse penalmente prote dalla norma incriminatrice di cui all’art. 614 cod. pen., perché il diritto all’inviola domicilio, di rango costituzionale (artt.2,3,14 Cost.), e sovranazionale (art. 8 della CED rappresenta una delle forme di estrinsecazione dell’insindacabile diritto alla tutela della di e della sfera privata, nell’accezione strettamente connessa alla “libertà domestica” e a nozione di privata dimora, di cui si è ampiamente occupata la giurisprudenza di legittimit Vanno in proposito ricordate le indicazioni delle Sezioni Unite Prisco, che in relazione concetto di “privata dimora” hanno sottolineato il «particolare rapporto con il luogo in c svolge la vita privata, in modo da sottrarre la persona da ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza” (Sez. U., 28 marzo 2006, Prisco, Rv 234269); e le coordinate della pronuncia delle Sezioni Unite COGNOME, n. 31345 del 23/03/2017, che hanno richiamato gli insegnamenti della Corte Costituzionale nella sentenza n. 135 del 2002, che, a loro volta, hanno messo in risalto che il domicilio, cui fa riferimento l’art. 14 Cost., v rilievo «nel panorama dei diritti fondamentali di libertà come proiezione spaziale della person nella prospettiva di preservare da interferenze esterne comportamenti tenuti in un determinato ambiente: prospettiva che vale, per altro verso, ad accomunare la libertà in parola a quella comunicazione (art. 15 Cost.), quali espressioni salienti di un più ampio diritto alla riservat della persona»; la libertà di domicilio assume «una valenza essenzialmente negativa, concretandosi nel diritto di preservare da interferenze esterne, pubbliche o private, determina luoghi in cui si svolge la vita intima di ciascun individuo». Tali principi sono stati riba fermezza dalla Consulta nella sentenza n. 149 del 2008, in cui si è osservato che la tutela de Corte di Cassazione – copia non ufficiale
domicilio prevista dall’art. 14 Cost. viene in rilievo sotto due aspetti: «come dir ammettere o escludere altre persone da determinati luoghi, in cui si svolge la vita intima ciascun individuo; e come diritto alla riservatezza su quanto si compie nei medesimi luoghi (cfr. anche Corte Cost. sent. n. 38 del 1973; n. 238 del 1996). E’ dunque evidente, in tale prospettiva, che il diritto alla protezione dalle altrui interferenze e l’esigenza dell’altru si rivelino a loro volta simbiotici, in via primaria, con la tutela del diritto di propr all’art. 832 cod. civ., che pertiene alla signor -La di dominio e godimento del singolo condòmino.
1.4.Quando, con la commissione del reato, si offendano contestualmente più persone e dunque più titolari del medesimo bene giuridico protetto, ciascuna di esse è titolare di autonomo potere di querela, che rende punibile la condotta illecita non, riduttivamente, protezione dei diritto soggettivo pro quota ma, estensivamente, nei confronti di tutti, ai sensi dell’art. 122 cod. pen., regola che ha per finalità quella di rimuovere l’ostacolo all’ese dell’azione penale da parte del pubblico ministero e, dunque, a consentire che il reato s perseguito nella pienezza dei suoi contenuti offensivi.
2.11 secondo motivo è inammissibile, non soltanto perché – in modo aspecifico – ripropone le medesime ragioni proposte con l’atto di appello e adeguatamente respinte dalla Corte territoriale, senza alcun confronto argomentativo con la sentenza impugnata (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 31939 del 16/04/2015, COGNOME, Rv. 264185; Sez. 6, n. 13449 del 12/02/2014, Kasem, rv. 259456), ma altresì perché propone motivi diversi da quelli consentiti dalla legge (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.), essi risolvendosi in lagnanze eminentemente di fatto, riservate al merito della decisione. Va, nuovamente, ribadita l’inammissibilità censure relative alla consistenza probatoria delle dichiarazioni della persona offe all’attendibilità del riconoscimento dell’imputato nella fotografia scattata con il t cellulare dall’agente di polizia audito nel corso del dibattimento di primo grado e alla genu del contributo testimoniale offerto da quest’ultimo, a sostegno della responsabil dell’imputato, nonostante qualche lacuna nel ricordo, in quanto sollecitano, in realtà, rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità; ed invero, pur essendo formalmen riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di violazione di legge o della motiva sensi dell’art. 606 c.p.p., tali doglianze sono in realtà dirette a richiedere a questa Co inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale, contesto peraltro di c.d. doppia conforme (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, COGNOME, Rv 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
Il terzo motivo è manifestamente infondato, dal momento che il reato “della stessa indole” rilevante a norma dell’art. 131 bis comma 3 cod. pen. per escluderne l’operatività – non dev necessariamente coincidere con lo “stesso reato” o consistere in un reato che offenda il medesimo bene giuridico. Per costante giurisprudenza della Corte di Cassazione (tra le tante,
Cass. sez. 6, n.15439 del 17/3/16, C., Rv. 266545), il nuovo reato deve esprimere – i concreto anche in ordine ai “motivi che lo hanno determinato” – “caratteri fondamental comuni” e la valutazione spetta al giudice di merito, se congruamente motivata; tra i “caratt fondamentali comuni” si annoverano gli indicatori che ne comprovino l’affinità. La Corte merito ha puntualizzato che il prevenuto .
3.1. Alla luce delle coordinate ermeneutiche sopra citate deve ritenersi che il reato violazione di domicilio sia della stessa indole di quello di furto, in quanto costi manifestazione della tendenza a perpetrare fatti indebitamente intrusivi nell’altrui sf latamente patrimoniale, inclusiva del diritto alla riservatezza individuale e del diritto al della proprietà e del possesso che ne rappresentano forme di espressione.
3.2. La sentenza impugnata ha dunque fatto buon governo dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “ai fini del presupposto ostativo alla configurab della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen., il comportamento è abitu quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame” (Sez. U n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591).
4.Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al rigetto del ricorso, consegue la condanna ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21/03/2024
Il consigliere estensore
Il Presidente