Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 18833 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 18833 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 11/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA NOME COGNOME nato a ROMA il DATA_NASCITA NOME COGNOME nato a TORINO il DATA_NASCITA NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/10/2023 del TRIBUNALE di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
letta la memoria del difensore delle ricorrenti che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, del 3 ottobre 2023, il Tribunale di Torino ha applicato a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME le pene concordate fra le parti nelle misure indicate in dispositivo, per i reati loro rispettivamente ascritti (tutti furti aggravati e per la sola NOME COGNOME anche la violazione dell’art. 493 ter cod. pen.).
Le imputate hanno proposto ricorso, con unico atto ed a mezzo del comune difensore, articolando tre motivi.
2.1. Con il primo deducono la violazione di legge in relazione al furto contestato al capo 1 della rubrica per non essere stata proposta la relativa querela, divenuta necessaria con il d.lgs. n. 150/2022.
Non potendosi dare rilievo alle querele proposte il 13 ottobre 2022 perché:
tardive rispetto alla consumazione del reato perché proposte oltre il termine di tre mesi previsto dall’art. 124 cod. pen.;
inefficaci, quanto al disposto del d.ligs. n. 150/2022, perché presentate prima della decorrenza del termine previsto dall’art. 85 – dal :30 dicembre 2022 al 30 marzo 2023 – appunto, per presentare la querela per i reati divenuti, a seguito del medesimo d.lgs., procedibili a querela.
2.2. Con il secondo motivo lamentano la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento del difetto di querela in ordine al furto contestato al capo 5 della rubrica.
Si evidenzia infatti che, dopo una prima denuncia del furto in cui non risultava la volontà di perseguire i responsabili, la persona offesa ne aveva sporta una seconda per il diverso delitto di cui all’art. 493 ter cod. pen., ove aveva in effetti manifestato tale volontà che doveva però ritenersi limitata a tale secondo addebito.
2.3. Con il terzo motivo denunciano la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all’avvenuto riconoscimento dell’aggravante del mezzo fraudolento in riferimento al furto indicato al capo 2 dell’imputazione in palese difetto del necessario elemento della insidiosità della condotta.
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha inviato requisitoria scritta con la quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha inviato memoria con la quale ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
E’ del tutto evidente che la querela presentata il 13 ottobre 2022 in relazione al delitto di furto di cui al capo 1, divenuto perseguibile a querela a seguito del d.lgs. del 10 ottobre 2022 (e quindi di tre giorni prima, salva la vacatio legis) era stata proposta a seguito ed a causa di tale novità normativa.
Così che per un verso, la querela in oggetto non poteva considerarsi tardiva rispetto al termine di cui all’art. 124 cod. pen., di tre mesi dal giorno della notizi del fatto-reato, non essendo lo stesso, all’epoca della sua consumazione, perseguibile a querela, per altro verso non può considerarsi la data inziale del termine fissato dal citato art. 85 del medesimo d.lgs. un limite di efficacia della volontà espressa dalla persona offesa di punire i responsabili del reato.
Tanto che si è già avuto modo di affermare che, in tema di condizioni di procedibilità, la volontà punitiva tardivamente manifestata dalla persona offesa in relazione a reati originariamente perseguibili d’ufficio, divenuti procedibili a querela a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma “Cartabia”), equivale a presentazione della querela, non rilevando la sua tardività, in quanto trattasi di irregolarità afferente a un momento procedirnentale anteriore, in cui essa non era richiesta a fini di procedibilità (Sez. 2, n. 50672 del 10/11/2023, PM/Ongaro, Rv. 285691).
Ne costituisce una conferma logica il fatto che si sia anche precisato che la costituzione di parte civile – anche risalente a data anteriore alla cd. riforma Cartabia – equivale, se non revocata, a querela, proprio ai fini della procedibilità di reati originariamente perseguibili d’ufficio, divenuti perseguibili a querela a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, posto che la volontà punitiva della persona offesa, non richiedendo formule particolari, può essere legittimamente desunta anche da atti che non contengono la sua esplicita manifestazione (Sez. 3, n. 27147 del 09/05/2023, Andronio, Rv. 284844).
Si è così dedotta la volontà della persona offesa di perseguire i reati consumati a suo danno anche da un atto ritenuto solo equipollente alla querela e di data anteriore anche alla pubblicazione della riforma.
Tanto più, pertanto, deve considerarsi la piena efficacia della querela stessa, presentata in data posteriore alla pubblicazione del decreto seppure in data anteriore al lasso di tempo in cui lo stesso prevede la possibilità di sporgerla per i reati prima procedibili d’ufficio.
Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Già il primo atto a firma della persona offesa (del delitto di cui al capo 5) reca segni inequivoci della volontà della persona offesa di punire i responsabili del furto consumato a suo danno: non vi è sola intestazione dell’atto come “denunciaquerela” ma anche l’inequivoca espressione “sporgo denuncia nei confronti degli autori del reato qualora individuati” che ricollega la volontà punitiva alla sola condizione della futura ed eventuale identificazione degli stessi.
Si aggiunge poi che la successiva denuncia, del fatto di cui all’art. 493 ter cod. pen. conseguente al furto delle carte di pagamento, è anch’esso intestato come “denuncia querela” ed esprime ancora la volontà di punizione dei responsabili, evidentemente della complessiva condotta consumata a suo danno: “a seguito del furto del mio portafoglio ” ” sporgo denuncia querela nei c:onfronti degli autori del reato, qualora individuati, chiedendo la punizione dei colpevoli nei termini di legge”.
Tutte peraltro, le sopra ricordate, eccezioni non erano state neppure mosse al giudice procedente al quale la difesa si era limitata a sottoporre la pena concordata, anche per i fatti ora contestati, con il pubblico ministero.
Quanto al motivo di ricorso afferente la configurabilità dell’aggravante della destrezza in riferimento al furto contestato al capo C della rubrica, deve rilevarsi come tale motivo non rientri in quelli opponibili alla sentenza di patteggiamento della pena ai sensi dell’art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen,
All’inammissibilità dei ricorsi segue la condanna di ciascuna ricorrente al pagamento delle spese processuali e, versando le medesimi in colpa, anche della somma di euro 3.000 a favore della Cassa delle ammende.
P.QM.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3.000 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 1’11 aprile 2024.