Querela per Utenza Fittizia: La Cassazione Chiarisce Chi è la Vittima
L’attivazione fraudolenta di contratti e utenze a nome di ignari cittadini è un fenomeno purtroppo diffuso. Ma chi è la vera vittima del reato? E, soprattutto, chi ha il diritto di sporgere denuncia? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: la legittimazione a presentare una querela per utenza fittizia. La Corte ha confermato che la persona a cui viene intestato il contratto subisce un danno immediato e concreto, che la legittima a chiedere giustizia, anche se non ha ancora subito una perdita economica diretta.
I Fatti del Caso: Un Contratto Telefonico Attivato Fraudolentemente
Il caso esaminato trae origine da una vicenda comune: un individuo veniva condannato nei primi due gradi di giudizio per aver attivato un’utenza telefonica a nome di un’altra persona, a sua totale insaputa. La vittima, trovandosi esposta a una posizione debitoria che non aveva mai generato, aveva sporto querela, dando avvio al procedimento penale. L’imputato, tuttavia, decideva di ricorrere in Cassazione, contestando la validità stessa del processo.
I Motivi del Ricorso e la questione sulla querela per utenza fittizia
Il ricorrente basava la sua difesa su due argomenti principali:
1. Mancanza della condizione di procedibilità: Secondo la difesa, la querela era stata presentata da un soggetto non legittimato. La vera persona offesa, a suo dire, sarebbe stata la compagnia telefonica, non l’individuo a cui era stato fittiziamente intestato il contratto. Di conseguenza, il processo non avrebbe dovuto nemmeno iniziare.
2. Travisamento della prova: L’imputato sosteneva che i giudici di merito avessero interpretato erroneamente le prove a suo carico, in particolare le dichiarazioni della persona offesa e di un testimone.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione è particolarmente significativa per le motivazioni che la sostengono, soprattutto riguardo al primo punto.
Le Motivazioni: Il Danno da Semplice Esposizione Debitoria
La Corte ha ritenuto il primo motivo di ricorso ‘manifestamente infondato’. Richiamando un proprio precedente orientamento giurisprudenziale (Sez. 2, n. 22592 del 31/3/2023), i giudici hanno chiarito un principio fondamentale: il profitto derivante dall’attivazione di un’utenza fittizia provoca un’immediata esposizione debitoria per il soggetto a cui viene intestata.
Questa esposizione, di per sé, costituisce un’alterazione dell’equilibrio patrimoniale preesistente. In altre parole, il danno non consiste solo nell’eventuale esborso di denaro, ma già nella creazione di una passività giuridica. Inoltre, la Corte ha sottolineato che un danno concreto risiede anche nel ‘dispendio per l’attività di autotutela’, ovvero nel tempo, nelle energie e nelle eventuali spese che la vittima deve sostenere per disconoscere il contratto e rimuovere il pregiudizio derivante da questa involontaria assunzione di obbligazioni.
Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha ribadito che il giudizio di legittimità non consente una nuova valutazione delle prove. Le doglianze dell’imputato miravano a una riconsiderazione del merito della vicenda, attività preclusa in sede di Cassazione, tanto più che la valutazione delle prove testimoniali da parte dei giudici di appello era stata ritenuta logica e coerente.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza rafforza la tutela delle vittime di frodi e furti d’identità. Il principio affermato è chiaro: chiunque scopra di essere l’intestatario fittizio di un contratto subisce un danno immediato e ha pieno diritto di sporgere querela. Non è necessario attendere la richiesta di pagamento o subire un pignoramento. La semplice esistenza di un’obbligazione creata a proprio nome, in modo fraudolento, è sufficiente per essere considerati persona offesa dal reato e per attivare la risposta del sistema penale. Si tratta di una precisazione importante che semplifica l’azione legale per i cittadini e garantisce che i responsabili di tali illeciti possano essere perseguiti più efficacemente.
Chi può sporgere querela se un’utenza telefonica viene attivata a suo nome in modo fraudolento?
La persona a cui è stata fittiziamente intestata l’utenza può sporgere querela. Secondo la Corte, la semplice creazione di un’esposizione debitoria a suo nome costituisce un danno sufficiente a legittimare la sua azione.
Il danno deve essere già concretizzato in una perdita economica per poter sporgere querela?
No. La Corte ha chiarito che l’alterazione dell’equilibrio patrimoniale preesistente e il dispendio di energie e risorse per l’autotutela (ad esempio, per disconoscere il contratto) sono sufficienti a configurare il pregiudizio necessario.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove, come le testimonianze?
No. Il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile su questo punto perché la Corte non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare il merito delle prove già valutate dai giudici dei gradi precedenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46077 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46077 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ALGHERO il 27/11/1964
avverso la sentenza del 28/11/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione di legge in ordine alla individuazione della persona offesa dal reato e alla conseguente ritenuta sussistenza della condizione di procedibilità, nonostante la querela sia stata proposta da soggetto non legittimato, è manifestamente infondato in quanto la Corte di merito ha respinto la censura proposta in appello e ha confermato la legittimazione a sporgere querela del Rivano l con corretti argomenti logico giuridici (si vedano, in particolare, pagg. 9 e 10) e in conformità all’orientamento della giurisprudenza di questa Corte (si veda, Sez. 2, n. 22592 del 31/3/2023, COGNOME, non mass.), a mente del quale il profitto dato dall’utenza telefonica falsamente attivata, provoca un’esposizione debitoria del soggetto in nome del quale veniva stipulato il contratto idonea a realizzare nei suoi confronti un’alterazione dell’equilibrio patrimoniale preesistente in termini attuali e concreti (non potendosi, tra l’altro, disconoscere quanto meno un dispendio per l’attività di autotutela necessaria a rimuovere il pregiudizio derivante dall’inconsapevole e rilevante assunzione di obbligazioni);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta il difetto di motivazione e il travisamento della prova posta a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, è finalizzato ad ottenere, mediante doglianze in punto fatto già proposte e adeguatamente respinte in appello, una rivalutazione delle risultanze probatorie estranea al sindacato di legittimità e avulsa da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali già valorizzate dai giudici di merito (si vedano, in particolare, pagg.10-12 sulle precise, attendibili e concordanti dichiarazioni rese dalla persona offesa e dal teste COGNOME);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 5 novembre 2024
Il Consigliere estensore
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