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Querela per diffamazione: chi può presentarla?

Un soggetto viene condannato per aver diffamato un sindaco su un social network. La Corte di Cassazione annulla la sentenza perché la querela per diffamazione era stata presentata dal Comune e non dal sindaco come persona fisica, unico soggetto legittimato a farlo. La mancanza di una querela valida rende l’azione penale improcedibile.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Querela per Diffamazione: La Lezione della Cassazione sulla Legittimazione ad Agire

Nel contesto dei reati contro l’onore, specialmente nell’era digitale, la corretta identificazione dei soggetti coinvolti è fondamentale. Un errore procedurale può compromettere l’intero iter giudiziario, come dimostra una recente sentenza della Corte di Cassazione. Il caso analizzato riguarda una condanna per diffamazione aggravata, annullata a causa di un vizio insanabile: la querela per diffamazione era stata presentata da un soggetto non legittimato. Questa pronuncia offre spunti cruciali sulla distinzione tra la figura pubblica e la persona fisica quando si tratta di tutelare la propria reputazione.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla pubblicazione su un noto social network di una fotografia di un sindaco, accompagnata da frasi ritenute lesive della sua reputazione. A seguito di ciò, veniva sporta querela e l’autore del post veniva condannato in primo grado per il reato di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595, comma 3, del codice penale, con condanna al pagamento di una multa e al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

In sede di appello, la Corte territoriale riformava parzialmente la sentenza: pur confermando la condanna penale, revocava le statuizioni civili. La difesa dell’imputato, tuttavia, decideva di ricorrere in Cassazione, sollevando un’eccezione dirimente.

Il Ricorso in Cassazione e la questione della querela per diffamazione

Il motivo principale del ricorso si fondava su un vizio procedurale: la mancanza della necessaria condizione di procedibilità. La difesa sosteneva che la querela era stata presentata dal Comune, in persona del sindaco pro tempore, e non dalla persona fisica del sindaco, che era il reale destinatario delle offese.

L’offesa, infatti, era diretta alla persona e alla sua onorabilità individuale, non all’ente pubblico che egli rappresentava. La Corte d’Appello, secondo il ricorrente, era caduta in contraddizione: da un lato aveva revocato il risarcimento civile (riconoscendo implicitamente la natura personale dell’offesa), ma dall’altro aveva confermato la responsabilità penale, ritenendo valida una querela proveniente da un soggetto, il Comune, che non era la “persona offesa” dal reato.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza senza rinvio. La motivazione si basa su un principio cardine del diritto processuale penale, sancito dall’articolo 120 del codice penale: il diritto di querela può essere esercitato esclusivamente dalla persona offesa dal reato.

Nel caso della diffamazione, la persona offesa è colei la cui reputazione è stata lesa. I giudici hanno chiarito che, nonostante il soggetto passivo fosse un sindaco, le frasi offensive colpivano la sua reputazione personale e non quella dell’istituzione comunale. Vi è una netta distinzione formale e sostanziale tra la persona fisica (il sindaco) e la persona giuridica (il Comune).

La querela, essendo stata presentata dal “Comune di Pesaro, in persona del sindaco protempore” e sottoscritta da un legale dell’avvocatura civica, proveniva da un soggetto giuridico non legittimato a proporla. Poiché la querela è una condizione di procedibilità, la sua assenza o invalidità impedisce l’esercizio stesso dell’azione penale. Di conseguenza, l’intero processo era viziato fin dall’inizio e nessuna valutazione sul merito della vicenda poteva essere compiuta.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la titolarità del diritto di querela è strettamente personale e non può essere esercitata da enti o soggetti diversi dalla vittima diretta del reato. Anche quando la persona diffamata ricopre una carica pubblica, se l’offesa attiene alla sua sfera personale, spetta a lei, e non all’ente che rappresenta, attivare la tutela penale. Questo caso serve da monito sull’importanza di una corretta impostazione processuale sin dalle prime fasi, poiché un errore nella legittimazione a querelare può portare all’annullamento di una condanna, vanificando l’intero percorso giudiziario.

Chi è legittimato a presentare una querela per il reato di diffamazione?
Esclusivamente la persona offesa dal reato, ossia il soggetto la cui reputazione è stata direttamente lesa dal fatto contestato.

Se viene diffamato un sindaco nell’esercizio delle sue funzioni, il Comune può presentare la querela al suo posto?
No. La sentenza chiarisce che esiste una formale distinzione tra la persona fisica del sindaco e la persona giuridica del Comune. Se l’offesa è diretta alla reputazione della persona, è quest’ultima a dover presentare la querela, non l’ente che rappresenta.

Quali sono le conseguenze se la querela viene presentata da un soggetto non legittimato?
La querela è invalida e ciò comporta la mancanza di una condizione di procedibilità. L’azione penale non può essere esercitata e, se un processo è stato comunque avviato e si è concluso con una condanna, la sentenza deve essere annullata senza rinvio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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