Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4733 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4733 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a COSENZA il 28/03/1965
avverso la sentenza del 11/03/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore Generale COGNOME COGNOME che ha chiesto di annullare senza rinvio la sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata pronunziata 1’11 marzo 2024 dalla Corte di appello di Ancona, che ha parzialmente riformato – revocando la sospensione condizionale della pena e le statuizioni civili – la sentenza del Tribunale di Pesaro
resa all’esito di rito abbreviato, che aveva condannato COGNOME Agostino alla pena di euro 800,00 di multa e al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile, per il reato di cui all’art. 595, comma 3, cod. pen.
Secondo l’ipotesi accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, l’imputato avrebbe offeso l’onore di COGNOME NOME, sindaco del Comune di Pesaro, pubblicando, sul social network “Facebook”, una fotografia del COGNOME sulla quale erano state sovraimpresse parole lesive della sua reputazione: «l’onnipresente mediomen, il pinocchio semianalfabeta sindacontagio, dentro COGNOME per epidemia colposa …».
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, deduce il vizio di motivazione e la violazione dell’art. 120 cod. pen.
Rappresenta che: la querela era stata presentata dal Comune di Pesaro; la difesa, con l’atto di appello, aveva sostenuto che l’ente non fosse legittimato a proporre querela, atteso che le offese oggetto di imputazione erano rivolte al COGNOME e non al Comune; la Corte territoriale ha parzialmente accolto il motivo di gravame, revocando le statuizioni civili, confermando tuttavia la condanna penale.
Tanto premesso, il ricorrente ribadisce la mancanza della condizione di procedibilità, essendo stata la querela presentata dal Comune di Pesaro, che non era minimamente coinvolto nelle offese contestate. Al riguardo, evidenzia che il COGNOME, anche in sede di sommarie informazioni testimoniali, aveva precisato che intendeva «procedere nella qualità di sindaco pro tempore del Comune di Pesaro».
Contraddittoria sarebbe la decisione del giudice di secondo grado, che, pur revocando le statuizioni civili, ritenendo che le offese riguardassero esclusivamente il COGNOME non costituitosi parte civile, ha confermato la condanna penale, considerando sussistente la condizione di procedibilità.
2.2. Con un secondo motivo, deduce il vizio di motivazione e l’omessa acquisizione di una prova decisiva.
Contesta la riconducibilità all’imputato del profilo “Facebook” utilizzato per arrecare le offese al COGNOME, sostenendo che i giudici di merito, sul punto, avrebbero basato la propria decisione sulle dichiarazioni rese da COGNOME NOME, addetto «al gabinetto del Sindaco», che sarebbero scarsamente attendibili.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di annullare senza rinvio la sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perché l’azione penale non poteva essere esercitata pe mancanza di querela.
1.1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
Va premesso che, a norma dell’art. 120 cod. pen., la querela deve essere presentata dalla persona offesa dal reato, ossia dal soggetto titolare dell’inter direttamente protetto dalla norma penale. Nel caso della diffamazione, conseguentemente, la persona offesa deve essere individuata nel soggetto la cui reputazione sia stata lesa con il fatto oggetto di contestazione.
Ebbene, nel caso in esame, non risulta dubitabile che il fatto risulti offensiv per la reputazione di COGNOME NOME, la cui fotografia era stata pubblicata “Facebook”, accompagnata da frasi lesive della sua onorabilità. Legittimato a presentare la querela, dunque, era la persona fisica COGNOME NOME, in quant persona offesa dal reato, e non il Comune di Pesaro.
Dalla querela allegata al ricorso, invece, emerge che: la querela è stat presentata dal «Comune di Pesaro, in persona del sindaco protempore, rappresentato dall’avv. NOME COGNOME»; la querela è firmata dal suddetto difensore, «quale componente della avvocatura civica».
Nella stessa sentenza impugnata si afferma che la querela è stata presentata «nell’interesse del Comune di Pesaro».
Risulta, pertanto, evidente, attesa la formale distinzione tra la persona fis COGNOME NOME e la persona giuridica Comune di Pesaro, che la querela è stata presentata da soggetto non legittimato e che l’azione penale sia stata esercita in mancanza della necessaria condizione di procedibilità.
1.2. Il secondo motivo risulta assorbito, atteso che «il difetto della condizio di procedibilità, impedendo la valida costituzione del rapporto processuale, inibisce ogni valutazione del fatto imputato e preclude, quindi, la pronuncia d proscioglimento, secondo la regola della prevalenza, per evidenza della causa di non punibilità nel merito» (Sez. 3, n. 43240 del 06/07/2016, 0., Rv. 267937; Sez. 5, n. 24687 del 17/03/2010, COGNOME, Rv. 248386).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché l’azione penale non poteva essere esercitata per mancanza di querela.
Così deciso, il 14 novembre 2024.