Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38354 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38354 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MONZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/02/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo con un primo motivo l’assenza di condizioni di procedibilità in quanto la denuncia in atti della persona offesa non conterrebbe alcuna istanza di punizione e con un secondo motivo vizio motivazionale in punto di affermazione di responsabilità in quanto non risultano acquisite agli atti del processo le immagini riprese dalle telecamere di sicurezza della farmacia che avrebbero ripreso l’imputato, filmato che era stato solo visioNOME da uno degli operanti, e perciò era stata chiesta la rinnovazione dell’istruttoria al fine di acquisire tale filmato.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il proposto ricorso è inammissibile.
2.1. Ed invero, quanto al primo motivo di ricorso, lo stesso è manifestamente infondato in quanto, come si evince dagli atti, in data 26/4/2017 alle ore 12.51 la titolare della farmacia di cui all’imputazione, COGNOME NOME, dinanzi ai CC di Monza ebbe a sottoscrivere un “verbale di ricezione di querela orale” dichiarando di sporgere “formale denuncia” nei confronti dell’autrice del furto subito il pomeriggio del giorno precedente.
Ebbene, questa Corte di legittimità, in casi assolutamente sovrapponibili a quello che ci occupa, ha condivisibilmente chiarito che, ai fini della validità della querela presentata oralmente alla polizia giudiziaria la manifestazione di volontà della persona offesa di perseguire l’autore del reato è univocamente desumibile dall’espressa qualificazione dell’atto, formato su richiesta della persona offesa, come “verbale di ricezione di querela orale” (così Sez. 2, n. 9968 del 02/02/2022, Saottini, Rv. 282816 – 01 che ha precisato che, ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità, non è dirimente l’indicazione della formale richiesta di punizione, ma la valutazione del contesto fattuale, riservata al giudice di merito; conf. Sez. 5, n. 2665 del 12/10/2021, dep. 2022, Baia, Rv. 282648 – 01; Sez. 2, n. 5193 del 05/12/2019, dep. 2020, Feola Rv. 277801 – 01 che aveva già chiarito che la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule particolari e, pertanto, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretati alla luce del “favor querelae”).
2.2. Il secondo motivo, in punto di responsabilità, non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito.
In sentenza si evidenzia che l’addebitabilità all’imputata del delitto contes è ampiamente provata alla luce delle riprese delle telecamere di videosorv glianza, apparendo del tutto superflua l’acquisizione del filmato, già visioNOME denunciante e dagli operanti, che ritraeva l’imputata nell’atto di porre in es furto in contestazione. Ciò sul corretto rilievo che piena efficacia probatori da legittimare ampiamente l’affermazione di penale responsabilità dell’imputata ordine al reato ascritto, deve infatti essere attribuita al riconoscimento del tata effettuato, attraverso la visione delle immagini estrapolate dalle telec di videosorveglianza, dagli operanti, della cui credibilità non vi è motivo alcu dubitare, alla luce delle risultanze processuali, risultando peraltro consol nella giurisprudenza di legittimità, l’orientamento secondo cui il riconoscime informale operato dalla polizia giudiziaria sulla base di una fotografia dell’ind costituisce una prova atipica la cui affidabilità deriva dalla credibilità della razione di chi, avendo esamiNOME la fotografia, si dica certo della sua ident zione (cfr. ex multis Sez. F, n. 37012 del 29/08/2019, COGNOME, Rv. 277635; conf. Sez. 6, n. 49758 del 27/11/2012, COGNOME, Rv. 253910 – 01; Sez. 2, n. 4787 del 28/10/2003, COGNOME, Rv. 227079 – 01 che aveva già precisato che l’individu zione di un soggetto – sia personale sia fotografica – è una manifestazione ri duttiva di una percezione visiva e rappresenta, perciò, una specie del più gene concetto di dichiarazione; di modo che la sua forza probatoria non discende dal modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione confe mativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale).
Corretto, peraltro. è il rilievo che nel giudizio abbrevlato d’appello le part titolari di una mera facoltà di sollecitazione del potere di integrazione istr esercitabile dal giudice “ex officio” nei limiti della assoluta necessità a dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., atteso che in sede di appello non riconoscersi alle parti la titolarità di un diritto alla raccolta della prova diversi e più ampi rispetto a quelli che incidono su tale facoltà nel giudizio di grado (Sez. 2, n. 5629 dei 30/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282585).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. p non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissi bilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della ricorren pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 3/10/2024