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Querela orale: valida anche senza formule sacramentali

Un soggetto condannato per il furto di una cassetta delle offerte in chiesa ricorre in Cassazione lamentando un vizio di motivazione della pena e la non validità della querela orale della persona offesa, resa procedibile a seguito di una riforma. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, specificando che un errore marginale nella motivazione non inficia la sentenza se questa si regge su altre valide argomentazioni, soprattutto se la pena è vicina al minimo. Inoltre, ha confermato che la stesura di un “verbale di ricezione di querela orale” è una manifestazione inequivocabile della volontà di punire, non richiedendo formule specifiche.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Querela Orale Valida Anche Senza Formule Specifiche: La Cassazione Fa Chiarezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 47033 del 2024, è tornata a pronunciarsi su due temi di grande rilevanza pratica: la validità della querela orale e i criteri di motivazione della pena. La pronuncia nasce dal ricorso di un imputato condannato per furto aggravato, il quale contestava sia la correttezza della motivazione della pena inflitta sia la stessa procedibilità dell’azione penale per un presunto vizio della querela. La Corte, nel rigettare il ricorso, ha ribadito principi consolidati, offrendo importanti spunti di riflessione.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda due individui ritenuti responsabili del furto di una cassetta metallica contenente circa 150 euro di offerte dei fedeli, sottratta durante la celebrazione di una messa. La condotta è stata qualificata come furto in concorso, aggravato dall’aver commesso il fatto su cose esposte per necessità alla pubblica fede (art. 625 n. 7 c.p.).
In primo e secondo grado, uno degli imputati veniva condannato a sei mesi di reclusione e 200 euro di multa. I giudici di merito avevano riconosciuto l’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.), considerandola equivalente all’aggravante contestata e alla recidiva. L’imputato decideva quindi di presentare ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato si basava su due argomentazioni principali:

1. Vizio di motivazione sulla pena: Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel giustificare la misura della pena. Pur avendo dato atto delle difficili condizioni personali ed economiche dell’imputato, la Corte aveva affermato che tali elementi erano già stati “adeguatamente valutati” con la concessione delle “attenuanti generiche”. Tuttavia, il primo giudice non aveva concesso le attenuanti generiche, bensì quella del danno tenue. Questo errore, secondo la difesa, dimostrava che la Corte non aveva realmente ponderato le condizioni di vita dell’imputato ai fini della determinazione della pena (in violazione dell’art. 133 c.p.).
2. Difetto di procedibilità per la querela orale: In un secondo momento, la difesa sollevava una nuova questione, legata alla riforma legislativa (d.lgs. 150/2022) che ha reso il reato di furto semplice perseguibile a querela. Secondo il ricorrente, dalla querela presente agli atti non emergeva una chiara e inequivocabile “volontà punitiva” da parte della persona offesa, rendendo così l’azione penale improcedibile.

Validità della querela orale e il principio del ‘favor querelae’

La Corte di Cassazione ha respinto con fermezza il motivo relativo all’improcedibilità. I giudici hanno osservato che la persona offesa si era presentata dinanzi alla polizia giudiziaria e aveva sottoscritto un “verbale di ricezione di querela orale”, dichiarando di voler proporre “denuncia”.

Richiamando un orientamento consolidato, la Corte ha ribadito che la manifestazione di volontà di perseguire l’autore del reato non necessita di formule sacramentali o particolari. L’espressa qualificazione dell’atto come “verbale di ricezione di querela orale”, formato su richiesta della stessa persona offesa, è di per sé un elemento sufficiente a desumere in modo univoco la volontà punitiva. In caso di incertezza, inoltre, si applica il principio del favor querelae, secondo cui gli atti devono essere interpretati nel senso più favorevole alla validità della querela stessa.

La Motivazione della Pena Vicina al Minimo Edittale

Anche il primo motivo di ricorso è stato ritenuto infondato. La Cassazione ha ammesso l’errore materiale della Corte d’Appello, che aveva fatto riferimento alle “attenuanti generiche” invece che a quella del danno tenue. Tuttavia, ha chiarito che tale errore non era decisivo per invalidare la sentenza.

Il principio applicato è quello secondo cui, se una decisione si fonda su più ragioni autonome e sufficienti, un vizio logico o giuridico relativo a una sola di esse non inficia la tenuta complessiva della motivazione. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva basato la sua decisione anche su altri elementi solidi: i numerosi precedenti penali dell’imputato e la particolare gravità del fatto (commesso in un luogo di culto ai danni delle offerte dei fedeli).
Inoltre, la pena inflitta (sei mesi di reclusione) era molto vicina al minimo edittale. La giurisprudenza costante afferma che l’obbligo di una motivazione rafforzata sul trattamento sanzionatorio sorge solo quando la pena si discosta significativamente dal minimo. In questo caso, il leggero scostamento era ampiamente giustificato dagli indici di disvalore oggettivi e soggettivi individuati dai giudici di merito.

le motivazioni
La Suprema Corte ha basato il rigetto del ricorso su due pilastri argomentativi. In primo luogo, ha evidenziato che l’erroneo riferimento della Corte d’Appello alle “attenuanti generiche” non rendeva nulla la sentenza, poiché la decisione sul trattamento sanzionatorio era sorretta da altre ragioni autonome e valide, come i precedenti penali dell’imputato e la gravità del fatto. Essendo la pena applicata prossima al minimo, non era necessaria una motivazione particolarmente analitica. In secondo luogo, riguardo alla procedibilità, la Corte ha riaffermato il principio del favor querelae, stabilendo che la qualificazione formale dell’atto come “verbale di ricezione di querela orale”, sottoscritto dalla persona offesa, costituisce una manifestazione inequivocabile della volontà di punizione, superando la necessità di formule verbali specifiche.

le conclusioni
La sentenza consolida due importanti principi di diritto. Primo, la stabilità delle decisioni giudiziarie non viene compromessa da meri errori materiali nella motivazione, se il nucleo argomentativo resta solido e coerente. Secondo, viene rafforzata una visione sostanzialista della querela, dove la volontà della persona offesa, se chiaramente desumibile dal contesto e dagli atti formali, prevale su eventuali ambiguità verbali. Questa pronuncia offre quindi un chiaro indirizzo sia sulla flessibilità della motivazione sanzionatoria per pene minime, sia sulla validità sostanziale della querela orale nel processo penale.

Una querela è valida anche se la vittima non usa formule specifiche per chiedere la punizione del colpevole?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la volontà di perseguire l’autore del reato è desumibile in modo univoco quando la persona offesa sottoscrive un atto qualificato come “verbale di ricezione di querela orale”. Non sono necessarie formule sacramentali e, nel dubbio, si applica il principio del favor querelae.

Un errore nella motivazione della sentenza la rende sempre nulla?
No. Se la decisione del giudice si basa su più ragioni distinte e autonome, ciascuna idonea a giustificarla, un errore logico o giuridico su una sola di queste ragioni non inficia la validità della sentenza, che resta sorretta dagli altri motivi corretti.

Perché la Corte non ha ridotto la pena nonostante le difficoltà economiche dell’imputato?
La Corte ha ritenuto che la pena di sei mesi di reclusione, essendo molto vicina al minimo previsto dalla legge, fosse già congrua. La decisione di non ridurla ulteriormente era giustificata dai numerosi precedenti penali dell’imputato e dalla particolare gravità del fatto (un furto in un luogo di culto), elementi considerati prevalenti rispetto alle condizioni personali dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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