Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 33449 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 33449 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BRINDISI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/05/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
RITENUTO IN FATTO
NOME, tramite il difensore, ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Bologna in data 30 maggio 2023, che ha parzialmente riformato la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti per i delitti di cui agli artt. 110, 624, 625, comma 1, nn. 2 61 n.2 cod. pen. (capo 1) e di cui agli artt. 110, 624-bis e 625, comma 1, n. cod. pen. (capo entrambi aggravati anche dalla recidiva, reiterata specifica ed infraquinquennale ex art. 9 comma 4, cod. pen., escludendo, quanto al primo reato, le sole circostanze aggravanti di cui all’art. 625, comma 1, nn. 2 e 7 cod. pen. e, per l’effetto, rideterminando la pena (fatti, entr commessi il 23 settembre 2013).
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando tre motivi, quivi enunciati nei limiti stabiliti dall’art. 173 disp proc. pen..
Il primo motivo eccepisce, sotto l’egida della violazione dell’art. 336 cod. proc. pe difetto di valida querela in relazione al delitto di furto di cui al capo 1), essendosi la p offesa, nel presentare denuncia alla Polizia Giudiziaria, limitata ad esprimere la volontà costituirsi parte civile nell’eventuale processo penale.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’artt. 192 cod. proc. pen. in punto affermazione di responsabilità per il delitto di cui al capo 2), in quanto basata su una m deduzione accusatoria, ossia che l’autore del furto perpetrato nell’abitazione della persona offes non potesse essere altri che colui che nella stessa giornata aveva perpetrato il furto delle chi dell’appartamento, sottraendole dall’autovettura della persona offesa.
Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 625, comma 1, n. 2 cod. pen., riferimento all’utilizzazione delle chiavi sottratte dall’autovettura della parte off commettere il furto nell’appartamento di NOME.
In data 27 marzo 2024 l’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia del ricorrente, ha avanzato istanza di differimento dell’udienza del 19 aprile 2024, da celebrarsi in sua presenza avendo egli chiesto che il ricorso fosse discusso oralmente; differimento che gli è stato accordato
In data 10 giugno 2024 lo stesso difensore ha nuovamente avanzato richiesta di differimento della discussione del ricorso fissata oralmente per l’odierna udienza, allegando suo legittimo impedimento, giustificato dalla necessità di dovere rappresentare ed assistere dinnanzi al Tribunale delle Libertà di Bologna persona sottoposta a custodia cautelare in carcere, non difesa da altri, per discutere l’appello presentato ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. avv l’ordinanza di rigetto della richiesta di sostituzione della misura, e rappresentando l’impossib di farsi sostituire nel giudizio di legittimità per la trattazione orale del presente ricorso, la mancata conoscenza di colleghi di fiducia in Roma, vuoi per l’assenza di collaboratori di studi
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente, giova spiegare che l’istanza di differimento dell’odierna udienza avanzata dal difensore del ricorrente sul presupposto del concomitante impegno professionale dinnanzi al Tribunale di Bologna in relazione ad un procedimento ex ad 310 cod. proc. pen. – è stata ritenuta non meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni: I.) perché intempestiv atteso che l’avviso di udienza dinnanzi al Tribunale per il Riesame di Bologna era stat comunicato all’AVV_NOTAIO il 24 maggio 2024; II.) perché non sufficientemente documentata la necessità della presenza del difensore istante in quel procedimento, non risultando allegat alla richiesta di differimento della trattazione del presente ricorso l’istanza di discussione dell’appello ex art. 310 cod. proc. pen.; III.) perché, nella comparazione dei due impeg professionali, è stato stimato prioritario quello dinnanzi a questa Corte, in quanto destinat sfociare in un provvedimento esecutivo suscettibile di incidere sulla libertà personale.
Nel decidere per il rigetto dell’istanza di differimento dell’odierna udienza, il Collegio dunque, attenuto all’insegnamento impartito dal diritto vivente, secondo cui l’impegn professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell’art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen. condizione che il difensore: a) prospetti l’impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni; b) indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo; c) rappresenti l’assenza in dett procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato; d) rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 cod. proc. pen. sia nel pro cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio (Sez. U, n. 4909 del 18/12/2014, 2015, Torchio, Rv. 262912), e secondo cui, nel caso di istanza di rinvio per concomitante impegno professionale del difensore, spetta al giudice effettuare una valutazione comparativa dei diver impegni al fine di contemperare le esigenze della difesa e quelle della giurisdizione, accertand se sia effettivamente prevalente l’impegno privilegiato dal difensore per le ragioni rappresenta nell’istanza e da riferire alla particolare natura dell’attività cui occorre presenziare, alla man o assenza di un codifensore nonché all’impossibilità di avvalersi di un sostituto a norma dell’a 102 cod. proc. pen.. (Sez. U, n. 29529 del 25/06/2009, De Marino, Rv. 244109).
Tanto premesso, il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
1.1. La Corte territoriale ha ritenuto ritualmente espressa dalla persona offesa la volont di ottenere la punizione del colpevole del furto di cui al capo 1), valorizzando la qualificaz dell’atto redatto dalla Polizia Giudiziaria come “verbale di ricezione di querela orale”, in cui, oltretutto, era stata esplicitata dalla persona denunciante la riserva di costituzione di parte nell’instaurando processo penale. Così opinando, il giudice della sentenza impugnata si è attenuto al consolidato principio di diritto secondo cui, ai fini della validità della que manifestazione della volontà di perseguire l’autore del reato, è univocamente desumibile dall’espressa qualificazione dell’atto, formato dalla polizia giudiziaria, come “verbale di denu querela”, qualora l’atto rechi la dichiarazione, sottoscritta dalla persona offesa “previa lett conferma”, di sporgere “la presente denuncia – querela” (Sez. 4, n. 3733 del 07/11/2019, dep. 2020, Rv. 278034; Sez. 5, n. 42994 del 14/09/2016, Rv. 268201; Sez. 5, n. 1710 del 05/12/2013, dep. 2014, Rv. 258682).
Si tratta di enunciazione direttiva che merita di essere ribadita, perché frutt un’interpretazione assai aderente al dettato degli artt. 336 e 337 cod. proc. pen., letti attra la lente della norma di cui all’art. 120 cod. pen.. Infatti, se l’art. 120 cod. pen. espressa stabilisce il diritto della persona offesa alla querela, all’attivazione, cioè, della potestà per i reati per i quali il legislatore rimette alla parte la decisione sulla concreta persec penale, l’art. 337 cod. proc. pen. chiarisce in quali forme la richiesta debba essere espressa lo fa rinviando alla disciplina della denuncia di cui all’art. 333, comma 2, cod. proc. pen., ad un atto – scritto o orale – dotato di specifica formalità, che può essere validamente present solo dalla persona offesa (o dal suo procuratore speciale) e validamente ricevuto solo dal pubblico ministero o da un ufficiale di polizia giudiziaria.
Dunque, la disciplina della querela, che è, infatti, istituto di natura mista, sostanzi processuale (Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018, in motivazione; Sez. 5, n. 22641 del 21/04/2023, Rv. 284749; Sez. 5, n. 3019 del 09/10/2019, dep. 2020, Rv. 278656), riconduce la richiesta di impulso all’utilizzazione del potere punitivo dello Stato, qualora la scelta sia rimessa alla p proprio alla ‘formalità’ dell’espressione di volontà, distinguendo la denuncia, quale informazio resa all’Autorità di un fatto che può costituire reato (art. 333, comma 1, cod. proc. pen.) d querela, quale volontà di chiedere che esso sia perseguito (art. 336 cod. proc. pen.): tan comporta che l’esercizio del diritto di querela può senz’altro essere desunto dall’espress qualificazione dell’atto con il quale esso viene esercitato, in quanto il ricorso al termine ‘qu di per sé sintetizza, ai sensi dell’art. 336 cod. proc. pen., la manifestazione della volontà Stato proceda penalmente in ordine al fatto di reato in essa descritto (Sez. 4, n. 3733/2020 cit.).
1.2. Ciò posto, deve, comunque, essere sottolineato che la Corte territoriale non si è limitata a valorizzare l’intestazione dell’atto predisposto dalla Polizia Giudiziaria, ma ha
elementi di conferma della voluntas puniedi della persona offesa dalla parte contenutistica dell’atto stesso, ossia dalla riserva di costituzione di parte civile nell’istaurando processo. riserva costituisce, infatti, un chiaro elemento sintomatico della volontà di persegui responsabile del reato, non potendosi dubitare del fatto che chi abbia subito un reato e, in se di denuncia-querela, manifesti il suo intento di costituirsi parte civile in un procedimento pe non ancora instaurato, esprima chiaramente la sua volontà che quel procedimento venga instaurato, questo essendo il presupposto necessario per l’esercizio dell’azione civile nel process penale. In tale guisa, il Collegio di merito ha pure dato seguito all’orientamento interpretat espresso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la volontà di chiedere la punizione colpevole non è sottoposta a particolari formalità e può ricavarsi dall’esame dello stesso atto querela, di modo che la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretati alla luce del “favor querelae” (Sez. 5, n. 2293 del 18/06/2015, dep. 2016, Rv. 266258).
2. Anche il secondo motivo è inammissibile.
Consta, infatti, di doglianze generiche, perché meramente riproduttive di censure già adeguatamente vagliate e correttamente disattese dai giudici di merito (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Rv. 277710; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Rv. 231708), ed unicamente dirette a sollecitare una non consentita rivalutazione e/o alternativa lettura delle fonti probatorie presenza di un apparato motivazionale che, nel suo complesso, non si espone a rilievi di illogicit di macroscopica evidenza (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Rv. 214794).
Il rilievo di non manifesta illogicità vale, in particolare, per i passaggi argomen sviluppati alla pagina 6 della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale ha plausibilm spiegato come il furto, commesso a bordo di un’autovettura, delle chiavi di un’abitazione e dell patente di guida del proprietario, suscettibile di fornire indicazioni circa l’ubic dell’abitazione, non potesse avere altro significato che quello di consentire al ladro o a sogg terzi di introdursi in essa senza compiere effrazioni e danneggiamenti; situazione effettivament verificatasi nel caso di specie ed a breve distanza di tempo dalla commissione del furto dell chiavi.
3. Il terzo motivo è generico è manifestamente infondato.
La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, affermato che «Integra la circost aggravante del mezzo fraudolento l’utilizzazione, al fine di commettere il delitto di furto, d chiave vera ottenuta indebitamente» (Sez. 5, n. 22127 del 28/04/2022, Rv. 283219), come nel caso che occupa (vedasi pag. 7 della sentenza impugnata).
Per tutto quanto argomentato il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 12/06/2024.