Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 38232 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 38232 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/04/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
COGNOME
che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 15 aprile 2024 la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia del Tribunale di Monza del 13 marzo 2023 con cui NOME NOME era stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 110,00 di multa in ordine al reato di cui agli artt. 56, 624 e 625 n. 2 cod. pen.
L’imputato è stato ritenuto colpevole di avere compiuto atti idonei, diretti in modo non equivoco, ad impossessarsi, al fine di trarne profitto, di un giubbotto, per un valore complessivo di euro 49,90, sottraendolo dagli scaffali del punto vendita “Iper Montebello” di Busnago, eludendone il pagamento alle casse, non riuscendo nell’intento per cause indipendenti dalla sua volontà. Con l’aggravante di avere commesso il fatto con violenza sulle cose, consistita nel rimuovere le placche antitaccheggio, e con la recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge per intervenuta procedibilità a querela del reato ascrittogli a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, lamentando l’insussistenza della necessaria condizione di procedibilità e, quindi, invocando la conseguente pronuncia di non doversi procedere per mancanza di querela.
Avrebbero errato i giudici di secondo grado nell’aver ritenuto correttamente proposto l’atto di querela, non potendosi ravvisare nel verbale di ricezione di denuncia orale proposta dalla persona offesa l’espressione di una chiara e manifesta volontà punitiva. Sarebbe stata formulata solo una denuncia orale dei fatti, poi conclusasi con una frase di stile, presente in ogni denuncia precompilata redatta dalle Forze dell’Ordine (“Per quanto sopra, sporgo formale denuncia/querela nei confronti del responsabile”), insufficiente a comprovare la volontà e l’effettiva sussistenza dell’istanza di punizione da parte dell’interessato.
Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Il difensore ha depositato successive conclusioni scritte, con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
L’esame dell’impugnata sentenza consente, infatti, di constatare come la proposta censura riproponga un’identica doglianza dedotta nel giudizio di appello, rispetto alla quale non può che essere ribadito quanto già, più volte, chiarito da questa Corte di legittimità, per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
In ogni modo, a prescindere dalla decisività della superiore argomentazione, il Collegio rileva come la proposta doglianza sia del tutto priva di fondatezza nel merito, avendo i giudici di merito fatto buon governo dei principi espressi da questa Corte di legittimità in tema di accertamento della ricorrenza della volontà punitiva della persona offesa in occasione della presentazione di una “denuncia/querela”.
In ossequio ad un indirizzo giurisprudenziale ormai da tempo consolidatosi, la querela, consistendo in una manifestazione di volontà, deve essere considerata un vero e proprio negozio giuridico, per cui valgono, per la sua interpretazione, le regole stabilite dagli artt. 1362 e segg. cod. civ. Anche per la querela, pertanto, si deve indagare quale sia stata l’intenzione del suo autore, e, nel dubbio, le si deve attribuire il senso per cui essa possa avere qualche effetto anziché quello secondo cui non ne possa avere alcuno (così, tra le tante, Sez. 1, n. 1087 del 24/06/1968, Cherubino, Rv. 109255-01).
Pur non richiedendosi l’utilizzo di formule sacramentali, la manifestazione di volontà di perseguire il colpevole, ai fini della validità della querela, deve comunque emergere (cfr., in questi termini, Sez. 3, n. 24365 del 14/03/2023, G., Rv. 284670-01; Sez. 2, n. 30700 del 12/04/2013, De Meo, Rv. 255885-01), rna la sussistenza di tale volontà di punizione da parte délla persona offesa non richiede formule particolari e, pertanto, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano
situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretati alla luce del “favor querelae” (Sez. 5, n. 2665 del 12/10/2021, dep. 2022, Baia, Rv. 282648-01).
Il principio appare tanto più valido ove si consideri l’inclinazione decisamente finalizzata alla tutela della volontà dell’offeso che la c.d. “Riforma Cartabia” ha inteso dare alla procedibilità, dissociandosi dalla secolare tradizione imperniata sulla sua officialità e, invece, declinando un rito che oggi conosce un’ampia categoria di reati perseguibili a querela dell’offeso, rispetto ai quali si valorizza la sostanziale e concludente manifestazione della volontà punitiva espressa dall’offeso, superando la presenza di eventuali ostacoli formali nell’atto di querela.
3.2. Nel caso di specie, allora, la circostanza che la persona offesa, dopo avere diffusamente esposto i fatti, abbia espressamente concluso affermando “Per quanto sopra, sporgo formale denuncia/querela nei confronti del responsabile”, rappresenta, nell’ottica ermeneutica sino ad ora delineata, una manifestazione di sicura istanza punitiva per il fatto-reato commesso in suo danno, conseguentemente dovendosi ritenere, concordemente ai giudici di appello, la piena ricorrenza della condizione di procedibilità della querela.
D’altro canto, in piena analogia all’ipotesi in esame, è stato anche precisato che ai fini della validità della querela presentata oralmente alla polizia giudiziaria a seguito di arresto in flagranza, la manifestazione di volontà della persona offesa di perseguire l’autore del reato è univocamente desumibile dall’espressa qualificazione dell’atto, formato su richiesta della persona offesa, come “verbale di ricezione di querela orale” (così, Sez. 2, n. 9968 del 02/02/2022, Saottini, Rv. 282816-01).
Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso ih Roma il 1° ottobre 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente