Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 36127 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 36127 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/1/2024 del TRIBUNALE di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, del foro di CATANIA, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso, con il favore delle spese di giudizio; letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, del foro di CATANIA, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 22 gennaio 2024, il Tribunale di Catania, in composizio monocratica, ha confermato la sentenza con cui il Giudice di pace aveva condann NOME alla pena di euro 400,00 di multa, oltre al risarcimento dei in favore della parte civile NOME.
1.1. Secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, il gior novembre 2020, mentre rientrava nella propria abitazione, NOME veni accerchiata da alcuni cani sfuggiti al controllo dell’odierna ricorrente. Uno d un cocker di colore bianco e nero, la mordeva alla gamba destra, così causando lesioni personali di cui alla imputazione.
Quanto alla procedibilità, i giudici hanno valorizzato l’intervenuta costit di parte civile e gli atti compiuti dalla persona offesa per far identificare il r dell’accaduto, tra cui il recarsi presso la polizia per denunciare il fatto (p. del Tribunale).
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. pr quanto segue.
2.1. La ricorrente sostiene che l’atto sottoscritto dalla persona offesa c una semplice descrizione dell’accaduto, senza alcuna manifestazione di volo querelatoria.
Manca, pertanto, la condizione di procedibilità del reato, non potendosi qu desumere dalla successiva costituzione di parte civile.
Vero è che il d. Igs. 10 ottobre n. 2022, n. 150 consente di valorizzare a la costituzione di parte civilelknna soltanto in relazione ai reati che, per ef novella sono divenuti perseguibili a querela, non per reati che lo erano fin dall
Diversamente opinando si finirebbe per aggirare i limiti temporali entro c volontà querelatoria deve essere univocamente espressa.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le par formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
Il Sostituto Procuratore generale ha presentato requisitoria scritta nell ha concluso per la inammissibilità del ricorso, così come la parte civile.
La ricorrente ha chiesto, invece, l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato )( e va accolto.
1.1. Dalla natura negoziale della querela si è fatta discendere, in dottrina ed in giurisprudenza, la necessità di interpretarne il contenuto in forza dei criteri di cui a artt. 1362 e ss. cod. civ. (Sez. 2, n. 4554 del 11/01/1986, Raio, Rv. 172884 – 01; da ultimo, sulla natura negoziale, Sez. 5, n. 17009 del 23/4/2024, Fiore, non mass.), e comunque a prescindere dalla esplicita manifestazione di volontà di punizione, non essendo richiesta, sempre per costante orientamento giurisprudenziale, l’adozione di formule sacramentali (Sez. 3, n. 28837 del 08/09/2020, C., Rv. 280627 – 01; Sez. 2, n. 5193 del 05/12/2019, dep. 2020, Feola, Rv. 277801 – 01).
Proprio perché la volontà di punizione non richiede formule particolari, può essere riconosciuta anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno interpretati alla luce del favor querelae. Ne deriva che l’apprezzamento della sussistenza della volontà di querelare costituisce giudizio di merito, insindacabile in sede di legittimità, sempre ch l’interpretazione di tale volontà, in tutti i suoi elementi, sia compiuta dal giudic merito in conformità a corretti canoni di ermeneutica (Sez. 3, n. 24365 del 14/03/2023, G., Rv. 284670 – 01; Sez. 3, n. 10254 del 12/02/2014, Q., Rv. 258384; Sez. 5, 25/05/1999, Carta, Rv. 213806).
Nella specie la persona offesa si recava, qualche giorno dopo l’accaduto, presso la polizia municipale, sporgendo una “denuncia” in cui descriveva i fatti, consentendo così di individuare la proprietaria dei cani.
Sebbene nel corpo della denuncia manchi qualsiasi dato da cui poter desumere la manifestazione dell’intento querelatorio, il Tribunale (p. 4 sentenza) ha ritenuto d poter inferire la sussistenza di una implicita volontà di perseguire gli autori del rea proprio dall’avvenuta denuncia, nonché dalla successiva costituzione di parte civile, intervenuta ben oltre il termine per presentare querela.
Va innanzitutto richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la denuncia – e cioè la comunicazione all’autorità dell’avvenuta consumazione di un fatto di reato – non è sufficiente a qualificare il relativo atto com querela, ove quest’ultimo non contenga l’univoca manifestazione, da parte del soggetto legittimato, della volontà di chiedere la punizione del colpevole, atteso che proprio in ciò consiste la differenziazione tra querela e denuncia (Sez. fer., n. 36001 del 02/08/2012, NOME, DATA_NASCITA).
La volontà di instare per la punizione del reo, infatti, pur non richiedendo formule sacramentali, deve essere assolutamente chiara ed inequivocabile e non può perciò desumersi dai contenuti di una mera denuncia di un fatto di reato (Cass., Sez. 6, n. 11386 del 22/01/2003, Crimi, Rv. 223950 – 01), altrimenti annullandosi la distinzione tra i reati perseguibili d’ufficio e quelli perseguibili a querela.
Né l’intento querelatorio può essere argomentato in forza della successiva costituzione di parte civile.
Il Collegio, sul punto, intende dare continuità all’indirizzo giurisprudenzia secondo cui la volontà di perseguire il responsabile del reato non può essere dedotta dal comportamento successivo alla presentazione della denuncia allorché il tenore di quest’ultima risulti del tutto privo di indicazioni al riguardo, anche per il prin generale, vigente in materia penale, in dubio pro reo (Sez. 4, n. 1964 del 19/12/2023, dep. 2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 7532 del 5/12/2018, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 1390 del 21/03/1996, COGNOME, Rv. 205432 – 01; ritiene insufficiente la successiva costituzione di parte civile, qualora manchi, nel denuncia originaria, qualsiasi riferimento ad istanze di punizione, anche Sez. 5, Sentenza n. 11075 del 19/11/2014, dep. 2015, Chiarenza, Rv. 263102 – 01).
Principio di cui è espressione anche l’art. 529, comma 2, cod. proc. pen., proprio in tema di condizioni di procedibilità.
Non appare nemmeno ammissibile una accentuata operazione di interpretazione della volontà del dichiarante ad opera del giudice, che è incompatibile con la formulazione dell’art. 336 cod. proc. pen., il quale richiede una “dichiarazione”, con cui “si manifesta” la volontà che si proceda. Norma che sembra ostare ad un’attività ermeneutica volta a ricavare aliunde la volontà di perseguire i responsabile del reato.
I precedenti giurisprudenziali richiamati nella sentenza impugnata riguardano invece la diversa ipotesi in cui la persona offesa, all’atto della denuncia, si costituis o si riserva di costituirsi parte civile, ritenendo in tali ipotesi, non ricorrent specie, una valida manifestazione del diritto di querela (Sez. 2, n. 5193 del 05/12/2019, dep. 2020, Feola, Rv. 277801 – 01; conf., Sez. 5, n. 15691 del 06/12/2013, dep. 2014, Anzalone, Rv. 260557). Così come non sono pertinenti gli arresti, pure richiamati, che hanno valorizzato, ai fini querelatori, la persiste costituzione di parte civile, in presenza di un mutato regime di procedibilità (Sez. 6, n. 20624 del 07/02/2023, COGNOME, non mass.).
La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio perché l’azione penale non poteva essere iniziata per difetto di querela.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l’azione penale non avrebbe potuto essere iniziata per mancanza di querela.
Così deciso in Roma, il 25 giugno 2024