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Querela e reato continuato: la Cassazione decide

Una wedding planner è stata condannata per truffa tentata. La difesa sosteneva che la querela, presentata prima dell’ultimo atto illecito, fosse invalida. La Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che in un caso di querela e reato continuato, l’atto d’impulso iniziale è sufficiente a coprire l’intera condotta criminosa, poiché parte di un unico disegno.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Querela e reato continuato: la validità della denuncia anche per fatti successivi

Quando si parla di querela e reato continuato, sorge spesso un dubbio cruciale: una querela presentata prima che l’ultimo atto criminoso sia stato commesso è ancora valida per perseguire l’intero reato? La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, offre un chiarimento fondamentale, stabilendo che se i vari episodi delittuosi fanno parte di un’unica vicenda e di un medesimo disegno criminoso, la querela iniziale è sufficiente a coprire l’intera condotta, anche per gli atti commessi successivamente alla sua presentazione. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una wedding planner condannata in primo e secondo grado per truffa tentata aggravata ai danni di una coppia. L’imputata, responsabile di società che organizzavano matrimoni, aveva incassato diverse somme per l’organizzazione di un evento e del relativo viaggio di nozze. Tuttavia, le sue imprese avevano cessato di esistere e le somme ricevute non erano state utilizzate per pagare i fornitori, costringendo la coppia a pagare due volte le prestazioni.

La condotta illecita si è protratta nel tempo, con l’ultimo episodio avvenuto il 26 marzo 2018, quando l’imputata ha tentato di incassare un’ulteriore somma di 500 euro, venendo tratta in arresto. La querela da parte delle persone offese era stata sporta in data antecedente, il 17 febbraio 2018. Proprio su questa discrepanza temporale si è basato uno dei principali motivi del ricorso in Cassazione.

La questione della querela e reato continuato

Il motivo centrale del ricorso verteva sull’improcedibilità dell’azione penale. La difesa sosteneva che la condanna riguardava unicamente l’episodio del 26 marzo 2018, avvenuto dopo la presentazione della querela. Di conseguenza, secondo la tesi difensiva, mancava la necessaria volontà punitiva per quel fatto specifico.

La Corte di Cassazione ha rigettato questa argomentazione, fornendo una lettura chiara del rapporto tra querela e reato continuato. I giudici hanno sottolineato che la querela originaria era inerente alla stessa vicenda fattuale per cui è intervenuta la condanna. Le persone offese avevano denunciato un comportamento fraudolento complessivo, ovvero l’aver versato ripetutamente denaro per un’organizzazione di nozze che non veniva portata avanti.

La Corte ha stabilito che tutti gli atti, sebbene commessi in tempi diversi, facevano parte di un’unica vicenda illecita, composta da più momenti fattuali e riconducibile a un unitario disegno criminoso. La vittima, al momento della denuncia, non può prevedere l’evoluzione processuale futura o ogni singolo segmento della condotta dell’autore del reato. Pertanto, l’atto di querela, riferito all’intera vicenda, mantiene la sua efficacia anche per gli episodi successivi che ne costituiscono la naturale prosecuzione. Sarebbe, infatti, inesigibile pretendere dalla persona offesa di ribadire la propria volontà punitiva per ogni nuovo sviluppo della condotta illecita già denunciata.

Altri Motivi di Ricorso Respinti

La Suprema Corte ha dichiarato infondati anche gli altri motivi di ricorso:

* Responsabilità: I tentativi di fornire una ricostruzione alternativa dei fatti, come la cessione delle attività a una collaboratrice, sono stati considerati irrilevanti. Le prove, incluse le testimonianze, hanno confermato che l’imputata aveva incassato somme senza pagare i fornitori e aveva cessato le sue attività all’insaputa dei clienti.
* Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: La Corte ha ritenuto che l’offesa non fosse di particolare tenuità, data l’intensità del dolo e le modalità della condotta.
* Diniego delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena: La decisione è stata giustificata sulla base dell’intensità del dolo, della presenza di un precedente penale specifico e dell’assenza di segnali di resipiscenza.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio di unitarietà della condotta criminosa. Quando più atti sono legati da un medesimo contesto fattuale e da un unico disegno, essi costituiscono un’unica vicenda. La querela sporta in relazione a questa vicenda estende i suoi effetti a tutti gli atti che la compongono, anche a quelli temporalmente successivi. La volontà punitiva della vittima, espressa con la querela, si presume coprire l’intero svolgimento del piano criminale denunciato, senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà. Questa interpretazione garantisce la tutela della persona offesa ed evita che l’autore del reato possa sfuggire alla giustizia frammentando la propria condotta nel tempo.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale in materia di procedibilità: nel contesto di un querela e reato continuato, l’atto di impulso presentato dalla vittima è efficace per l’intera sequenza dei fatti delittuosi, purché riconducibili a un unico piano. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche, rafforzando la posizione della persona offesa e chiarendo che la validità della querela non è legata alla precisa datazione di ogni singolo episodio criminoso, ma all’unitarietà della vicenda denunciata.

Una querela presentata prima del completamento di un reato è valida per perseguire anche gli atti successivi?
Sì. Secondo la Corte, se gli atti successivi fanno parte della stessa vicenda illecita e di un unico disegno criminoso già denunciato, la querela iniziale è sufficiente e valida per procedere penalmente per l’intera condotta.

Cosa si intende per ‘unica vicenda illecita’ ai fini della validità della querela?
Si intende un insieme di condotte, anche commesse in momenti diversi, che sono collegate tra loro da un medesimo contesto fattuale e da un piano criminale unitario, così come percepito e denunciato dalla persona offesa.

Perché la Corte ha negato le attenuanti generiche e la sospensione della pena all’imputata?
La Corte ha negato tali benefici in ragione dell’elevata intensità del dolo, della presenza di un precedente penale specifico a carico della ricorrente e dell’assenza di segnali di pentimento o di comportamento collaborativo durante il processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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