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Querela del singolo condomino: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per violazione di domicilio a carico di un soggetto introdottosi nell’autorimessa di un condominio. La sentenza stabilisce che la querela del singolo condomino è pienamente valida per perseguire reati commessi nelle parti comuni, poiché ogni condomino è persona offesa e titolare del diritto di tutelare il bene comune. La Corte ha inoltre ritenuto legittimo il diniego delle pene sostitutive basato sui precedenti penali dell’imputato.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Querela del singolo condomino: legittima per reati nelle parti comuni

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato una questione di grande rilevanza pratica per la vita condominiale: la validità della querela del singolo condomino per reati commessi nelle aree comuni. La pronuncia chiarisce che ogni comproprietario ha il diritto di agire per la tutela del patrimonio comune, consolidando un importante principio di diritto. Il caso specifico riguardava una violazione di domicilio in un’autorimessa condominiale, ma le conclusioni della Corte hanno implicazioni ben più ampie.

I Fatti di Causa: Violazione di Domicilio in un’Autorimessa Condominiale

Un giovane veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di violazione di domicilio in concorso (artt. 110 e 614 c.p.), per essersi introdotto abusivamente nell’autorimessa di un condominio. La difesa dell’imputato decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, basando la propria strategia su due principali motivi di contestazione.

I Motivi del Ricorso: Legittimazione e Pene Alternative

Il ricorso si articolava su due punti fondamentali:

1. La legittimazione a sporgere querela: La difesa sosteneva che un singolo condomino non fosse legittimato a presentare querela per un reato che offende le parti comuni dell’edificio. Secondo questa tesi, tale diritto spetterebbe esclusivamente all’amministratore, in rappresentanza di tutti i condomini, o alla totalità dei condomini stessi.
2. La mancata applicazione delle pene sostitutive: Si contestava la decisione dei giudici di merito di non concedere le pene sostitutive alla detenzione (previste dalla L. 689/1981), lamentando una motivazione generica e insufficiente che non specificava gli elementi ostativi, come i precedenti penali, che giustificavano tale diniego.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi del ricorso, fornendo importanti chiarimenti su entrambi i fronti.

La piena validità della querela del singolo condomino

Sul primo e più rilevante punto, la Cassazione ha confermato la piena legittimità della querela del singolo condomino. I giudici hanno ripercorso l’evoluzione della giurisprudenza, affermando un principio di diritto ormai consolidato: il singolo condomino è a tutti gli effetti “persona offesa” dal reato e, come tale, titolare del diritto di querela. Questa titolarità sussiste in via concorrente, o addirittura surrogatoria, rispetto a quella dell’amministratore.

La Corte ha spiegato che il diritto leso, nel caso della violazione di domicilio, non è un astratto interesse del “condominio” come entità, ma il diritto all’inviolabilità del domicilio personale di ogni singolo condomino. Questo diritto, di rango costituzionale, si estende anche alle pertinenze e alle parti comuni, come le autorimesse. Ogni condomino, in quanto comproprietario pro quota di tali aree, subisce una lesione diretta del proprio diritto e ha quindi un autonomo potere di attivarsi per la sua tutela penale. La Corte ha inoltre richiamato l’art. 122 del codice penale, secondo cui, quando un reato offende più persone, ciascuna ha il diritto di presentare querela.

Il corretto diniego delle pene sostitutive

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Corte ha ribadito che la concessione delle pene sostitutive è una valutazione discrezionale del giudice, che deve basarsi sui criteri dell’art. 133 del codice penale, tra cui la personalità e i precedenti del reo. Nel caso specifico, l’imputato presentava “cospicui precedenti penali”, elemento che, secondo i giudici, giustificava ampiamente una prognosi negativa sulla sua futura condotta e, di conseguenza, il diniego del beneficio. La motivazione del giudice d’appello, seppur sintetica, è stata ritenuta congrua e non illogica, in quanto fondata su un dato oggettivo e decisivo come la biografia criminale dell’imputato.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza la posizione di tutela del singolo proprietario all’interno del condominio. Stabilisce in modo inequivocabile che chiunque subisca un’offesa relativa alle parti comuni (dal danneggiamento alla violazione di domicilio) può agire autonomamente sporgendo querela, senza dover attendere una decisione dell’assemblea o un’iniziativa dell’amministratore. Questa pronuncia non solo semplifica l’iter per la persecuzione dei reati in ambito condominiale, ma riafferma anche la natura personale e inviolabile del diritto alla “libertà domestica”, che si estende a tutti gli spazi di cui si è comproprietari.

Un singolo condomino può presentare una querela per un reato commesso nelle parti comuni del condominio (es. un garage)?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il singolo condomino è pienamente legittimato a presentare querela, in quanto è considerato ‘persona offesa’ dal reato che lede un bene di cui è comproprietario.

Perché il singolo condomino è considerato ‘persona offesa’ in caso di reati come la violazione di domicilio nelle aree comuni?
Perché il reato non lede un’entità astratta come il ‘condominio’, ma il diritto personale di ogni condomino all’inviolabilità del domicilio. Questo diritto, costituzionalmente garantito, si estende anche alle pertinenze e alle parti comuni, come le autorimesse.

Per quale motivo la Corte ha negato all’imputato l’applicazione delle pene sostitutive?
La Corte ha ritenuto legittimo il diniego perché l’imputato aveva numerosi precedenti penali. Questo elemento ha portato il giudice a formulare una prognosi negativa, ritenendo fondato il motivo che le prescrizioni legate alle pene sostitutive non sarebbero state rispettate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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