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Querela del genitore per minaccia al figlio minore

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un padre per minacce aggravate nei confronti dell’ex moglie e della figlia minorenne. Il ricorso dell’imputato, basato sulla presunta invalidità della querela sporta dalla madre per conto della figlia ultraquattordicenne, è stato respinto. La Corte ha stabilito che la querela del genitore è un diritto autonomo che non richiede formule specifiche, essendo sufficiente la chiara volontà di perseguire penalmente i fatti denunciati in danno del minore, in applicazione del principio del ‘favor querelae’.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

La querela del genitore per il figlio minorenne: la Cassazione fa chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 39724/2024) affronta un tema delicato e di grande rilevanza pratica nell’ambito del diritto di famiglia e penale: la validità della querela del genitore presentata nell’interesse del figlio minore che abbia già compiuto quattordici anni. La Corte ha stabilito che non sono necessarie formule sacramentali, consolidando un orientamento a tutela della vittima minorenne.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una complessa vicenda familiare. Un uomo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di minaccia aggravata nei confronti della sua ex moglie e della figlia. Le minacce, proferite durante una conversazione telefonica con la figlia, includevano frasi come “farò perdere tutto a tua madre” e la prospettiva di “bruciare la loro abitazione” e che sarebbero “successe cose bruttissime”.

L’imputato, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione lamentando diversi vizi della sentenza d’appello. Tra i motivi principali, spiccava la questione sulla condizione di procedibilità: la difesa sosteneva che la querela sporta dalla madre non fosse valida per la figlia, in quanto quest’ultima, essendo ultraquattordicenne al momento dei fatti, avrebbe dovuto manifestare personalmente la sua volontà di querela, cosa mai avvenuta.

Analisi della querela del genitore e gli altri motivi di ricorso

Il ricorrente basava la sua difesa su sette motivi, tra cui:
1. Prescrizione del reato: Sosteneva che i fatti fossero risalenti a una data che avrebbe reso il reato già estinto.
2. Mancanza della condizione di procedibilità: Il punto cruciale, relativo alla validità della querela del genitore per la figlia ultraquattordicenne.
3. Violazione del diritto di difesa: Lamentava che la specificità delle minacce fosse emersa solo tardivamente nel processo, impedendogli una difesa completa.
4. Mancanza di correlazione tra accusa e sentenza: Riteneva di essere stato condannato per fatti non contestati in modo preciso.
5. Violazione del divieto di reformatio in peius: Sosteneva che la Corte d’Appello avesse peggiorato la sua posizione estendendo la condanna anche alla figlia, mentre a suo dire il Tribunale lo aveva condannato solo per le minacce alla moglie.

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo tutti i motivi infondati.

le motivazioni

La Corte Suprema ha fornito una motivazione dettagliata e chiara su ogni punto sollevato. Il fulcro della decisione riguarda la validità della querela del genitore.

Citando l’art. 120, comma 3, del codice penale, i giudici hanno ribadito che il genitore di un minore che ha compiuto quattordici anni ha un diritto di querela “distinto ed autonomo”. Questo significa che il genitore può sporgere querela indipendentemente dal fatto che il minore lo faccia o meno, e anche in presenza di una sua volontà contraria.

La Corte ha inoltre specificato che per la validità di tale querela non sono richieste “formule sacramentali”. Non è necessario che il genitore dichiari esplicitamente di agire “in nome e per conto del figlio”. Ciò che conta è la sostanza: è sufficiente che dall’atto emergano chiaramente i fatti denunciati e la volontà di perseguire penalmente i responsabili anche per i reati commessi in danno del minore. Questo approccio si basa sul principio del favor querelae, secondo cui nel dubbio si deve interpretare l’atto in modo da favorirne la validità per garantire la massima tutela alla persona offesa.

Per quanto riguarda gli altri motivi, la Corte ha smontato le argomentazioni della difesa, chiarendo che:
– Il reato non era prescritto, in quanto il fatto era stato commesso in una data molto più recente di quella indicata dal ricorrente.
– Non vi era stata alcuna violazione del diritto di difesa o del principio di correlazione, poiché l’imputazione originaria per atti persecutori già descriveva chiaramente le minacce e indicava sia la madre sia la figlia come persone offese.
– Le minacce, sebbene pronunciate direttamente alla figlia, erano chiaramente volte a intimidire anche l’ex moglie, configurando il reato nei confronti di entrambe.

le conclusioni

La sentenza n. 39724/2024 rafforza un importante principio di diritto a protezione dei minori coinvolti in contesti di conflittualità familiare. Stabilisce con fermezza che la querela del genitore per un figlio ultraquattordicenne è pienamente valida ed efficace anche senza formule specifiche, purché sia chiara l’intenzione di chiedere la punizione per i fatti illeciti subiti dal minore. Questa decisione semplifica l’accesso alla giustizia per le vittime più vulnerabili, evitando che cavilli formali possano ostacolare la persecuzione di reati gravi commessi in ambito domestico.

Quando un genitore sporge querela per un figlio che ha più di 14 anni, è necessario che lo specifichi formalmente?
No, la Cassazione ha chiarito che non sono richieste “formule sacramentali”. È sufficiente che dalla denuncia dei fatti emerga chiaramente la volontà di perseguire penalmente anche i reati commessi in danno del figlio.

La minaccia deve essere rivolta direttamente alla persona offesa per essere reato?
No. La Corte ha ribadito che il reato di minaccia si configura anche se le espressioni intimidatorie non sono rivolte direttamente alla vittima, purché questa ne venga a conoscenza in un contesto che riveli la volontà dell’autore di produrre un effetto intimidatorio.

Cosa significa il principio del “favor querelae”?
È un principio interpretativo secondo cui, in caso di dubbio sulla validità di una querela, si deve optare per la soluzione che ne riconosce l’efficacia, al fine di garantire la tutela della persona offesa e non lasciare impuniti i reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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