Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26332 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26332 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI FERRARA nel procedimento a carico di:
NOME nato a LAGOSANTO il 02/04/2003
avverso l’ordinanza del 22/03/2025 dal G.i.p. del TRIBUNALE di FERRARA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME nel senso dell’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata;
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento indicato in epigrafe sono state rigettate la richiesta di convalida dell’arresto di NOME COGNOME per il reato di detenzione per fini non esclusivamente personali di 13,07 g di cocaina e 2,55 g di «ecstasy/MDMA» di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, in ragione dell’insussistenza del presupposto della c.d. «quasi flagranza», e la richiesta di applicazione della misura cautelare dell’obbligo di dimora.
Avverso l’ordinanza di non convalida dell’arresto la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ferrara ha proposto ricorso, ex art. 391, comma 4, cod. proc. pen., fondato su un motivo deducente violazione di legge e vizio cumulativo di motivazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Il ricorrente premette che, per quanto emergente dagli atti di polizia giudiziaria, l’arresto è stato eseguito all’interno di un locale-discoteca dalla polizia giudiziaria, di pattuglia nella zona, ivi giunta circa un’ora dopo la sollecitazione proveniente dall’addetto alla sicurezza della discoteca. Quest’ultimo, successivamente escusso quale persona informata dei fatti, avrebbe riferito di aver sorpreso l’indagato all’interno dei bagni con in mano un sacco contenente la sostanza successivamente risultata essere lo stupefacente di cui alla richiesta di convalida e che, nel detto contesto, il prevenuto gli avrebbe consegnato il sacchetto dichiarando che non fosse suo. Le forze dell’ordine all’atto del loro intervento, prosegue il ricorso, avrebbero rinvenuto NOME COGNOME all’interno di una stanza della discoteca, ivi condotto degli addetti alla sicurezza, seduto su una sedia vicino a un tavolino su cui vi era la busta di plastica contenente lo stupefacente. All’esito della perquisizione sono state infine rinvenute sulla persona dell’indagato circa 275,00 euro, in banconote da piccolo taglio e stropicciate, oltre che un foglio di carta recante, con scrittura a matita, «verosimili abbreviazioni di nomi» e, accanto, «verosimili importi» oltre che dei contL
Premesso quanto innanzi, si deduce l’errore nel quale sarebbe incorso il G.i.p. nel negare la convalida dell’arresto ritenendo insussistente il presupposto della c.d. «quasi flagranza», per aver gli agenti operanti non assistito ai fatti ma eseguito l’atto all’esito della ricostruzione della vicenda fatta loro dall’addetto alla sicurezza. Nella specie, conclude sul punto il ricorrente, diversamente da quanto ritenuto del giudice, si sarebbe trattato non di flagranza o di quasi flagranza per essere stato l’arrestato, subito dopo il reato, inseguito dalla polizia giudiziaria, bensì di quasi flagranza per aver le forze dell’ordine sorpreso NOME COGNOME con
cose e tracce tali da far apparire che egli avesse commesso il reato immediatamente prima. Il riferimento è, in particolare, al sacchetto contenente lo stupefacente, riposto sul tavolo vicino al quale era seduto l’indagato su invito dell’addetto alla sicurezza, oltre che alle banconote e al manoscritto sequestrati delle forze dell’ordine. Sicché, non trattandosi di intervenuto inseguimento da parte della polizia giudiziaria, sarebbe irrilevante la circostanza per cui la ricostruzione dei fatti sarebbe avvenuta grazie alle informazioni fornite dell’addetto alla sicurezza, stante comunque, nella specie, l’autonoma percezione, da parre di chi ha proceduto all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con NOME COGNOME.
A ciò si aggiunge che la sostanziale incensuratezza dell’arrestato, a dire del ricorrente, non potrebbe valere ad escludere la pericolosità ai fini della convalida, dovendo essere valutata in uno con le modalità della condotta, avente a oggetto la detenzione delle più volte indicate diverse tipologie di stupefacente all’interno di un locale-discoteca, e con i precedenti di polizia specifici a carico di NOME COGNOME.
La Procura generale ha concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Deve premettersi che, ex art. 382 cod. proc. pen., la condizione di flagranza caratterizzata dalla sorpresa dell’arrestato con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima presuppone l’immediata e autonoma percezione, da parte di chi procede all’arresto, delle dette cose o tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’arrestato (ex plurimis, Sez. 5, n. 6561 del 22/11/2024, dep. 2025, Romeo, Rv. 287616 – 01).
Orbene, l’infondatezza della censura emerge dalla stessa ricostruzione fattuale di cui all’articolato motivo di ricorso, come sintetizzato in sede di ricostruzione del fatto processuale.
La polizia giudiziaria che ha eseguito l’arresto ha avuto una mera percezione visiva dello stupefacente collocato su un tavolo situato all’interno di una stanza della discoteca ove era presente anche il soggetto poi arrestato. Per quanto emerge dalle dichiarazioni rese dall’addetto alla sicurezza della discoteca alla
polizia giudiziaria che ha eseguito l’arresto, evidenziate dal ricorrente, trattasi di sostanza riposta sul tavolo, in un momento antecedente rispetto all’intervento
delle forze dell’ordine, dallo stesso addetto alla sicurezza dopo averla ricevuta in consegna, su sua richiesta, da NOME COGNOME
Sicché, nella specie, si versa in ipotesi di mera «diretta percezione visiva»
delle cose o tracce del reato da parte della polizia giudiziaria esecutrice dell’arresto ma non del collegamento tra esse e l’arrestato, in quanto mediata, la
percezione del detto collegamento, dalle dichiarazioni rese dall’addétto della sicurezza. Trattasi, in sostanza, di mera «percezione riferita», alla polizia
giudiziaria, del collegamento delle cose o tracce all’arrestato, integrante quindi, come tale, una non percezione utile ai fini dell’integrazione del presupposto di
legittimità dell’arresto in flagranza. Ciò priva peraltro di valenza circa la legittimità dell’arresto per detenzione di stupefacente, ai fini d’interesse in
questa sede, la diretta percezione del solo denaro posseduto da NOME COGNOME e di un foglio di carta recante, con scrittura a matita, «verosimili abbreviazioni di
nomi» e, accanto, «verosimili importi» e conteggi.
Ne consegue il rigetto del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 17 giugno 2025
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f Presidente , ,eie