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Quasi flagranza: quando l’arresto è legittimo?

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che non convalidava un arresto per tentata rapina. La Suprema Corte ha chiarito che la condizione di quasi flagranza sussiste non solo con la percezione diretta del reato, ma anche quando la polizia, giunta immediatamente sul posto, acquisisce prove oggettive come filmati di videosorveglianza, merce danneggiata e constata le lesioni alla vittima, creando un collegamento ininterrotto e inequivocabile tra il fatto e l’indiziato.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Quasi Flagranza e Arresto: La Cassazione Chiarisce i Limiti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 9406/2024) offre un importante chiarimento sui presupposti per l’arresto in stato di quasi flagranza. La decisione analizza il caso di una tentata rapina in un supermercato, dove l’arresto non era stato inizialmente convalidato perché gli agenti non avevano assistito direttamente al fatto. La Suprema Corte ha ribaltato la decisione, stabilendo che la percezione diretta e immediata delle tracce del reato è sufficiente a legittimare l’arresto.

I Fatti del Caso: Tentata Rapina e Arresto Non Convalidato

Tutto ha inizio con un tentativo di furto in un supermercato, che degenera in una tentata rapina impropria. L’individuo, dopo aver tentato di sottrarre della merce, viene fermato dalla vigilanza privata e, nel tentativo di fuggire e garantirsi l’impunità, ingaggia una colluttazione con un dipendente, causandogli lesioni.
Intervenute le forze dell’ordine, l’uomo viene arrestato. Tuttavia, il Tribunale di prima istanza non convalida l’arresto, ritenendo insussistente lo stato di quasi flagranza. Secondo il giudice, i militari non avevano avuto una percezione autonoma e diretta della condotta criminosa, ma l’avevano ricostruita basandosi sulle informazioni fornite dal personale del supermercato.

L’Intervento della Cassazione e il Principio della Quasi Flagranza

Il Procuratore della Repubblica ha impugnato l’ordinanza, portando il caso davanti alla Corte di Cassazione. Il punto cruciale del ricorso era la presunta errata applicazione della legge in materia di arresto. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, fondando la sua decisione su un’interpretazione precisa del concetto di quasi flagranza.

La Corte ha ribadito il principio, già affermato dalle Sezioni Unite, secondo cui un arresto è illegittimo se basato esclusivamente sulle dichiarazioni fornite dalla vittima o da terzi. La quasi flagranza, infatti, richiede che chi procede all’arresto abbia una percezione immediata ed autonoma delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato. Tuttavia, la nozione di “traccia” non deve essere intesa in senso restrittivo e letterale.

Le Motivazioni della Decisione

Nel caso specifico, la Corte di Cassazione ha individuato una serie di elementi oggettivi che, nel loro insieme, costituivano una prova diretta e ininterrotta del reato appena commesso, percepita dagli agenti intervenuti:

1. Visione Immediata dei Filmati: Gli agenti hanno potuto visionare subito le immagini del sistema di videosorveglianza, che mostravano il tentativo di furto.
2. Presenza dell’Indagato sul Posto: L’indagato era ancora presente presso il supermercato, essendo stato bloccato dalla vigilanza privata dopo un tentativo di fuga.
3. Esame della Merce Danneggiata: Gli operanti hanno esaminato i prodotti danneggiati e le placchette antitaccheggio manomesse, constatando materialmente il tentativo di appropriazione.
4. Verifica delle Lesioni: La constatazione che un dipendente si trovasse al pronto soccorso a seguito della colluttazione con l’indagato ha costituito una verifica diretta della violenza esercitata per ottenere l’impunità.

Questi elementi, valutati complessivamente, hanno creato un collegamento logico e temporale senza soluzione di continuità tra il soggetto, la sua condotta violenta e il tentativo di furto. La percezione di queste tracce da parte della polizia giudiziaria non è stata mediata da una mera valutazione critica delle dichiarazioni altrui, ma si è basata su dati oggettivi e immediatamente verificabili.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di grande rilevanza pratica: per la legittimità dell’arresto in quasi flagranza non è indispensabile che gli agenti assistano personalmente all’intera sequenza del reato. È invece sufficiente che, giunti immediatamente sul posto, possano percepire direttamente e autonomamente una serie di elementi fattuali (le “tracce” del reato, in senso ampio) che colleghino in modo inequivocabile e senza interruzioni temporali l’indiziato al crimine appena commesso. La visione dei filmati, la merce danneggiata e la constatazione delle conseguenze fisiche della violenza sono stati ritenuti elementi più che sufficienti a integrare tale presupposto.

Quando è legittimo un arresto in “quasi flagranza”?
L’arresto in quasi flagranza è legittimo quando chi procede all’arresto, pur non avendo assistito al reato, percepisce direttamente e autonomamente, subito dopo l’accaduto, tracce e elementi oggettivi (come video, merce danneggiata, lesioni alla vittima) che collegano in modo inequivocabile e senza interruzioni il sospettato al reato.

Le sole dichiarazioni di un testimone bastano per l’arresto in quasi flagranza?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’arresto basato esclusivamente sulle informazioni fornite dalla vittima o da terzi, senza una percezione diretta e autonoma delle tracce del reato da parte degli agenti, è illegittimo.

Cosa si intende per “tracce del reato” ai fini della quasi flagranza?
Le “tracce del reato” non sono solo quelle materiali come le impronte, ma possono includere un insieme di circostanze oggettive come la visione immediata di filmati di videosorveglianza, il ritrovamento di merce danneggiata, la constatazione di lesioni riportate dalla vittima nella colluttazione e la stessa presenza del sospettato sul luogo del delitto dopo un tentativo di fuga.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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