Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 29609 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 6 Num. 29609 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2025
SESTA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME NOME
NOME COGNOME ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
1.XXXXXXXXXXXXXXXXXXX, tramite il proprio difensore, ha impugnatol’ordinanza di convalida dell’arresto in flagranza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani in data 31 marzo 2025 in relazione ai reati di maltrattamenti, aggravato dall’avere commesso il fatto in presenza di minori, ai sensi dell’art. 572, commi 1, 2, 5, cod. pen., e dalla recidiva specifica, e di lesioni aggravate dall’avere commesso il fatto nei confronti di persona convivente, a lui ascritti nella provvisoria incolpazione.
Nel proposto ricorso, affidato ad unico motivo, deduce violazione di legge e vizi di motivazione.
L’arresto Ł stato eseguito fuori dei casi consentiti dalla legge, in particolare in difetto dello stato di flagranza o di quasi flagranza, posto che, all’atto dell’intervento dei Carabinieri, il ricorrente non era presente nell’appartamento, ed essendo stato successivamente rintracciato presso l’abitazione della madre sulla base delle indicazioni della denunciante.
In ogni caso, difetterebbe nella specie qualsiasi elemento significativo della abitualità della condotta, stante l’unicità dell’episodio che ha dato causa all’arresto, nonchØ alla successiva applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa.
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto rigettarsi il ricorso, sulla considerazione che dal provvedimento impugnato risulta che gli appartenenti alla polizia giudiziaria che hanno proceduto hanno potuto direttamente percepire gli elementi idonei a far ritenere sussistente, con altissima probabilità, la responsabilità del ricorrente in ordine ad una condotta tenuta “immediatamente prima”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł inammissibile.
Va considerato che, ai fini della convalida dell’arresto, il giudice Ł tenuto a verificare l’osservanza dei termini previsti dagli artt. 386, comma 3, e 390, comma 1, cod. proc. pen.,
Sent. n. sez. 822/2025
CC – 23/05/2025
R.G.N. 12203/2025
nonchØ la legittimità dell’operato della polizia, sulla base di una verifica di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza o quasi flagranza ed all’ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dagli artt. 380 e 381 cod. proc. pen., in una prospettiva che non deve riguardare nØ la gravità indiziaria, nØ le esigenze cautelari, nØ l’apprezzamento sulla responsabilità (in tal senso Sez. 5, n. 1814 del 26/10/2015, dep. 2016, Koraj, Rv. 265885 – 01).
La valutazione da compiere al momento della convalida deve essere fatta retrocedere alla situazione in concreto riscontrata dalle forze di Polizia all’atto dell’arresto per verificare il legittimo uso da parte degli operanti dei poteri discrezionali ( ex plurimis , Sez. 5, n. 49340 del 16/09/2019, Rv. 278382; Sez. 6, n. 18196 del 13/04/2016, Rv. 266930; Sez. 4, n. 35558 del 27/04/2015; Sez. 6, n. 8341 del 12/02/2015, Ahmad, Rv. 262502).
Tanto premesso in fatto, correttamente la difesa ha rilevato che il Giudice della convalida ha richiamato in termini impropri il disposto dell’art. 382 -bis cod. proc. pen., che delinea l’ipotesi di flagranza c.d. differita, in relazione alla avvenuta esibizione agli agenti operanti, da parte della persona offesa, di un file contenente 30 fotografie ritraenti la sua persona con segni di violenze fisiche.
La norma, introdottadall’art. 10, comma 1, della legge24 novembre 2023, n. 168, che trova applicazione anche in relazione al delitto di cui all’art. 572 cod. pen. stabilisce che si considera comunque in stato di flagranza colui che, sulla base di documentazione videofotografica o di altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica, dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore sempre che l’arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione o comunque entro le 48 ore dal fatto stesso.
Nel caso di specie la documentazione raccolta su supporto informatico – in particolare il file con le immagini ritraenti le lesioni riportate nel tempo dalla stessa riportate – non consentiva anche di apprezzare il collegamento, che la disposizione di nuovo conio postula, stante il suo inequivoco tenore letterale, tra i fatti denunciati e la persona dell’indagato in veste di autore.
Se tanto Ł vero, nondimeno, non hanno pregio le ulteriori deduzioni difensive relative alla insussistenza dello stato di quasi flagranza. Si assume che il ricorrente non Ł stato ‘inseguito’, se non in senso figurativo o virtuale, nØ Ł stato sorpreso con cose o tracce da cui risultava che avesse commesso il fatto immediatamente prima.
4.1. La difesa richiama, al proposito, il principio da tempo affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte in forza del quale Ł illegittimo l’arresto operato dalla polizia giudiziaria sulla base delle informazioni fornite dalla vittima o da terzi nell’immediatezza del fatto, richiedendo lo stato di quasi flagranza la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi procede all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato (Sez. U n. 39131 del 24/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267591 – 01).
Risolvendo un pregresso contrasto insorto nella giurisprudenza di legittimità, in un caso in cui l’arresto era stato eseguito sulla base delle indicazioni della persona offesa che, mostrando segni obiettivi di lesioni, aveva riferito le generalità dell’aggressore, la pronuncia ha escluso che si possa far luogo alla convalida allorquando la polizia giudiziaria abbia proceduto sulla base delle dichiarazioni rese dalla vittima e dalle persone informate dei fatti, specie ove ci sia stata una netta cesura temporale tra la consumazione del reato ed il successivo intervento della polizia giudiziaria.
Secondo l’esegesi del Massimo Collegio, la condizione di quasi flagranza delineata dall’art 382 cod. proc. pen. evoca una duplicità di ipotesi, concettualmente distinte: quella in cui il soggetto attivo sia inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altri e
quella, alternativa, in cui lo stesso venga sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che abbia commesso il reato subito prima.
Dunque, l’ipotesi di c.d. quasi flagranza, costituita dalla sorpresa dell’indiziato con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima come Ł stato puntualizzato – non richiede, a differenza del caso dell’inseguimento, che la polizia giudiziaria abbia diretta percezione della commissione del reato, essendo sufficiente l’immediata percezione delle sole tracce della sua commissione e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato (in tal senso, cfr. anche Sez. 4, n. 53553 del 26/10/2017, COGNOME, Rv. 271683 – 01).
Come questa Corte ha già avuto modo di ulteriormente puntualizzare, l’integrazione della ipotesi di c.d. “quasi flagranza”, costituita dalla “sorpresa” dell’indiziato “con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima”, si correla alla diretta percezione da parte della stessa soltanto degli elementi idonei a farle ritenere sussistente, con altissima probabilità, la responsabilità del medesimo, nei limiti temporali determinati dalla commissione del reato “immediatamente prima” (v. Sez. 4, n. 38404 del 19/06/2019, COGNOME, Rv. 277187 – 01). La locuzione ha significato analogo a quella (“poco prima”) utilizzata dal previgente codice di rito, di cui rappresenta una mera specificazione quanto alla connessione temporale tra reato e sorpresa.
Rileva, dunque, che sussista una stretta contiguità temporale fra la commissione del fatto e la sorpresa del presunto autore di esso, come Ł reso manifesto dal senso proprio dell’avverbio utilizzato, che contiene in sØ l’idea del susseguirsi degli eventi senza alcun intervallo.
Così pure, si Ł puntualizzato che la nozione di “tracce” del reato, rilevante ai detti fini, non va considerata nel senso solo letterale del termine, quale indizio materiale della perpetrazione del reato, ma può ricomprendere anche l’atteggiamento tenuto dall’autore del fatto o dalla persona offesa che costituisca, con assoluta probabilità, un indicatore della avvenuta perpetrazione del reato in termini di stretta contiguità temporale rispetto al momento dell’intervento dalla polizia giudiziaria. (Sez. 5, n. 3719 del 28/11/2019, dep. 2020, P., Rv. 278295 – 01, con riferimento a fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimo l’arresto in quasi flagranza del delitto di lesioni personali, perpetrate dal marito in danno della moglie, operato, oltre che sulla base delle dichiarazioni rese dalla persona offesa e del referto, anche grazie a quanto percepito dalla polizia giudiziaria al momento dell’intervento, essendosi la vittima chiusa a chiave nella camera da letto mentre l’indagato, completamente nudo, inveiva contro di lei).
4.2. Ciò posto, le censure difensive sottendono una alternativa ricostruzione dei dati fattuali emergenti dal verbale di arresto, in questa sede di legittimità non consentita.
L’ordinanza impugnata ha dato atto che la polizia giudiziaria rinveniva la persona offesa chiusa con i propri figli nella stanza dei bambini, in forte stato di agitazione e in lacrime, con vistosi segni di aggressione al volto (tumefazioni, graffi, sangue coagulato), nonchØ i locali dell’appartamento a soqquadro, con in terra una ciocca di capelli ‘strappata alla persona offesa dalla furia” dell’indagato e bottiglie di alcolici vuote disseminate dappertutto, e che lo stesso era rintracciato «pochi minuti dopo i fatti».
Dunque, l’arresto Ł stato eseguito in rapporto di strettissima successione cronologica con la verificazione dei fatti, che erano ‘palesemente a lui riconducibili’, espressione di sintesi nella quale si riassume, all’evidenza, il rilievo, da parte della polizia giudiziaria, di tracce – costiituite dalle condizioni dell’appartamento e della persona offesa univocamente rappresentative della riferibilità al medesimo della commissione del delitto.
Rileva altresì il dato, che Ł rimarcato nella stessa ordinanza, che, pur senza averne alcun segno, egli abbia lamentato di avere subito dalla persona offesa la rottura del setto nasale (così da ammettere, per implicito, il contrasto fisico).
La motivazione censurata – contratta, ma esente da illogicità – ha dunque dato conto di come gli operanti abbiano proceduto all’arresto pressochØ nella immediatezza dei fatti, sulla base della percezione di una situazione fattuale rivelatrice degli agiti violenti ed aggressivi che hanno connotato la condotta dell’arrestato.
Parimenti ritiene il Collegio che sia manifestamente infondata la doglianza difensiva sulla impossibilità di riferire la condizione di flagranza ad un reato abituale.
Conformemente ad indirizzo giurisprudenziale oramai consolidato, legittimamente il bagaglio conoscitivo di coloro che procedono all’arresto può ritenersi integrato da ulteriori elementi non caduti sotto la loro diretta percezione. Nella specie gli operanti hanno potuto prendere visione delle numerose immagini fotografiche riporoducenti le lesioni patite nel tempo dalla persona offesa e raccolto le dichiarazioni precise e circostanziate dalla stessa rese nell’immediatezza, relative alle vessazioni patite negli anni per mano del coniuge. Di tal che Ł possibile affermare che la condotta per cui il ricorrente Ł stato tratto in arresto ha costituito l’ultimo anello di una catena di comportamenti violenti, ponendosi inequivocablmente in una situazione di continuità rispetto a fatti di reiterata sopraffazione (Sez. 6, n. 7139 del 16/01/2019, G., Rv. 275085 – 01; Sez. 5, n. 7915 del 03/12/2018, dep. 21/02/2019, P., Rv. 275627 – 01; Sez. 6, n. 34551 del 09/05/2013, P., Rv. 256128 – 01; Sez. 5, n. 19759 del 16/04/2019, G., Rv. 277521 – 01, quest’ultima con riferimento ad arresto in flagranza per il delitto di atti persecutori).
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Non ritiene, invece, il Collegio di disporre anche la condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi profili di colpa nella proposizione del ricorso, posto che il Giudice della convalida ha richiamato una norma impropria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE
GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS.
196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 23/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME NOME
NOME COGNOME