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Quasi flagranza: arresto valido anche con refurtiva resa

Un soggetto, dopo aver rubato un cellulare, viene inseguito dal personale del negozio, restituisce il bene ma viene arrestato. La Corte di Cassazione convalida l’arresto, chiarendo che per la quasi flagranza è determinante la continuità tra furto e inseguimento, a prescindere dalla restituzione della refurtiva.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Quasi flagranza: l’arresto è legittimo anche se la refurtiva viene restituita

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12289/2025, affronta un tema cruciale in materia di procedura penale: i confini e i presupposti della quasi flagranza di reato. La pronuncia chiarisce che l’arresto è valido quando vi è un inseguimento immediato e ininterrotto, anche se l’autore del furto ha già restituito il maltolto prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. Questa decisione ribadisce l’importanza della continuità tra l’azione criminosa e l’intervento successivo, sia esso di un privato cittadino o della polizia giudiziaria.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal furto di un telefono cellulare all’interno di un esercizio commerciale. Subito dopo la sottrazione, il personale addetto alla vigilanza si è messo all’inseguimento dell’autore del reato, senza mai perderlo di vista. L’uomo, raggiunto in strada, è stato invitato a fermarsi e ha restituito il telefono appena rubato. Nel frattempo, sono state allertate le forze dell’ordine, che, giunte sul posto, hanno proceduto all’arresto dell’individuo.

La non convalida dell’arresto e il ricorso del PM

In prima istanza, il Tribunale di Venezia aveva deciso di non convalidare l’arresto. Secondo il giudice, non sussistevano gli estremi della quasi flagranza poiché, al momento dell’intervento della Polizia, l’indagato aveva già restituito la refurtiva e non presentava su di sé tracce del reato. Il Tribunale aveva inoltre valorizzato l’incensuratezza (erroneamente, come si vedrà) e il comportamento collaborativo del soggetto.

Contro tale ordinanza, il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge processuale. Il PM ha sostenuto che il Tribunale non avesse correttamente valutato tutti gli elementi della quasi flagranza, in particolare l’inseguimento ininterrotto da parte del personale del negozio, che di fatto aveva trattenuto l’indagato fino all’arrivo della Polizia.

Il concetto di quasi flagranza secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Procuratore, annullando senza rinvio l’ordinanza del Tribunale e affermando la piena legittimità dell’arresto. La sentenza si fonda su un’analisi rigorosa dell’art. 382 del codice di procedura penale, che definisce lo stato di flagranza e quasi flagranza. La Corte ha ribadito che la quasi flagranza si concretizza non solo quando l’autore del reato viene sorpreso con cose o tracce del crimine, ma anche quando, subito dopo il reato, viene inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha spiegato che il Tribunale ha commesso un errore di valutazione, concentrandosi unicamente sulla situazione esistente al momento dell’arrivo della pattuglia di polizia. Invece, l’elemento determinante è la continuità dell’azione che lega il furto all’arresto. L’inseguimento, iniziato immediatamente dopo la sottrazione da parte del personale di vigilanza e proseguito senza soluzione di continuità fino all’arrivo degli agenti, costituisce il nesso che giustifica la quasi flagranza. La restituzione del cellulare, sebbene avvenuta, non interrompe questa continuità né cancella il reato commesso. L’arresto non si è basato sulle semplici dichiarazioni della persona offesa, ma sulla percezione diretta da parte della polizia giudiziaria di una situazione inequivocabile: un inseguimento in corso e un individuo bloccato in stretta contiguità temporale e spaziale con il luogo del furto. L’art. 382 c.p.p. non richiede che il soggetto inseguitore e quello che procede all’arresto coincidano. È sufficiente che chi insegue abbia avuto cognizione diretta del delitto e che l’azione prosegua senza interruzioni fino all’intervento delle forze dell’ordine.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione rafforza un principio fondamentale: per la configurabilità della quasi flagranza, è essenziale il collegamento diretto e immediato tra il reato e il suo autore, assicurato da un inseguimento ininterrotto. La collaborazione successiva dell’indagato, come la restituzione della refurtiva, non è sufficiente a escludere la legittimità dell’arresto se i presupposti di legge sono soddisfatti. La decisione sottolinea che la valutazione deve considerare l’intera dinamica dei fatti, a partire dalla consumazione del reato, e non solo la fotografia statica del momento in cui interviene la Polizia. Si tratta di un’importante precisazione a tutela dell’efficacia dell’azione di contrasto ai reati predatori e a garanzia della corretta applicazione delle norme processuali.

La restituzione della refurtiva impedisce l’arresto in quasi flagranza?
No, secondo la Corte di Cassazione, la restituzione del bene rubato non esclude la legittimità dell’arresto in quasi flagranza se sussistono gli altri presupposti, come l’inseguimento ininterrotto subito dopo il reato.

Cosa si intende per inseguimento ai fini della quasi flagranza?
Si intende un’azione immediata e continua, anche da parte di un privato cittadino, che non perde mai di vista l’autore del reato dal momento del furto fino al suo fermo, garantendo una continuità tra il crimine e la cattura.

È necessario che la polizia assista direttamente al furto per procedere all’arresto in quasi flagranza?
No, non è necessario. L’arresto è legittimo anche se la polizia interviene in un secondo momento, a condizione che vi sia una continuità ininterrotta tra il reato, l’inseguimento e il fermo del sospettato, e che gli agenti possano percepire elementi che collegano inequivocabilmente quest’ultimo al reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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