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Quantum della pena: insindacabile valutazione del giudice

Un soggetto condannato per spaccio di sostanze stupefacenti ricorre in Cassazione contestando il quantum della pena applicato in appello, nonostante la concessione delle attenuanti generiche. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione del giudice di merito sulla misura della sanzione è insindacabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione logica e priva di vizi giuridici.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Quantum della pena: la valutazione insindacabile del giudice

La determinazione del quantum della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice esercita un potere discrezionale fondamentale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire i limiti entro cui tale discrezionalità può essere esercitata e le condizioni che la rendono insindacabile in sede di legittimità. Il caso analizzato riguarda un ricorso avverso una condanna per detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio, in cui l’imputato lamentava un’errata quantificazione della pena nonostante il riconoscimento delle attenuanti generiche.

I fatti del caso

Un individuo veniva condannato in primo grado a quattro anni e quattro mesi di reclusione e 20.000 euro di multa per aver detenuto, ai fini di spaccio, un considerevole quantitativo di sostanze stupefacenti, nello specifico 43 grammi di cocaina e quasi 235 grammi tra marijuana e hashish. La Corte di Appello, in parziale riforma della prima sentenza, riconosceva le circostanze attenuanti generiche e rideterminava la sanzione, riducendola a due anni e dieci mesi di reclusione e 12.200 euro di multa.

Il ricorso in Cassazione e il focus sul quantum della pena

Nonostante la significativa riduzione della pena, l’imputato proponeva ricorso per cassazione. La sua doglianza non riguardava l’accertamento della responsabilità, ormai confermata, ma si concentrava esclusivamente su due aspetti legati al quantum della pena:
1. L’entità della riduzione applicata per le circostanze attenuanti generiche, ritenuta non adeguata in relazione al comportamento successivo dell’imputato.
2. L’aumento di pena di tre mesi stabilito per il reato in continuazione, considerato eccessivo.

In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Suprema Corte di effettuare una nuova valutazione di merito sulla congruità della sanzione inflitta dai giudici di appello.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità. Le determinazioni del giudice di merito relative al trattamento sanzionatorio sono insindacabili in Cassazione a condizione che siano sorrette da una motivazione esente da vizi logici e giuridici.

Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto la motivazione della Corte di Appello pienamente adeguata. Quest’ultima aveva correttamente seguito il percorso di commisurazione della pena:
* Ha individuato una pena base di 6 anni di reclusione e 27.000 euro di multa.
* Ha applicato la riduzione di un terzo per le attenuanti generiche, concesse in virtù del comportamento processuale dell’imputato, arrivando a quattro anni di reclusione e 18.000 euro di multa.
* Ha applicato un aumento ritenuto congruo di tre mesi per la continuazione.
* Infine, ha operato l’ulteriore riduzione prevista per il rito processuale scelto, giungendo alla pena finale.

Secondo la Cassazione, questo iter argomentativo è immune da censure, poiché il giudice di appello ha fornito una giustificazione logica e coerente per ogni passaggio del calcolo sanzionatorio. La scelta del quantum della pena, all’interno della cornice edittale prevista dalla legge, rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, il cui operato non può essere messo in discussione se adeguatamente motivato.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Il suo compito non è quello di stabilire se una pena sia ‘giusta’ o ‘sbagliata’ in astratto, ma di verificare che la decisione del giudice che l’ha inflitta sia conforme alla legge e supportata da un ragionamento logico. Pertanto, un ricorso basato unicamente sulla richiesta di una valutazione più favorevole riguardo all’entità della pena, senza evidenziare specifiche violazioni di legge o palesi illogicità nella motivazione, è destinato all’inammissibilità. Questa pronuncia sottolinea l’importanza per le difese di articolare censure che attacchino la struttura logico-giuridica della motivazione, piuttosto che limitarsi a contestare il risultato sanzionatorio finale.

Un imputato può ricorrere in Cassazione solo perché ritiene la sua pena troppo alta?
No. Secondo la sentenza, il ricorso non può basarsi su un semplice disaccordo con l’entità della sanzione. È necessario dimostrare che la motivazione del giudice che ha stabilito la pena presenta vizi logici o violazioni di legge.

Cosa significa che la valutazione del giudice sul quantum della pena è ‘insindacabile’?
Significa che la Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla misura della pena da infliggere. Il suo controllo è limitato alla correttezza giuridica e alla logicità del ragionamento seguito dal giudice per arrivare a quella determinata sanzione.

Come è stata calcolata la pena finale nel caso di specie?
La Corte d’Appello è partita da una pena base di 6 anni, ha applicato la riduzione di un terzo per le attenuanti generiche, ha poi applicato un aumento di tre mesi per la continuazione e, infine, ha ulteriormente ridotto la pena per via del rito processuale scelto, arrivando al totale di 2 anni e 10 mesi di reclusione e 12.200 euro di multa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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