Quantitativo di droga: la Cassazione traccia il confine con l’uso personale
Quando la detenzione di sostanze stupefacenti smette di essere considerata per uso personale e diventa reato di spaccio? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale: il quantitativo di droga è un elemento decisivo. Un’ingente quantità di sostanza è di per sé incompatibile con la tesi del consumo personale. Analizziamo questa decisione per comprendere meglio i criteri utilizzati dai giudici.
I fatti del processo
Il caso ha origine dalla condanna di un soggetto, emessa dal Giudice per le indagini preliminari e successivamente confermata dalla Corte d’Appello, per il reato di coltivazione e detenzione di sostanze stupefacenti. Nello specifico, l’imputato era stato trovato in possesso di un quantitativo complessivo di 1.809,5 grammi di cannabis. Le analisi tecniche avevano stabilito che da tale sostanza sarebbe stato possibile ricavare ben 3.879,40 dosi medie singole.
L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione, cercando di sostenere le proprie ragioni, verosimilmente incentrate sulla destinazione della sostanza ad uso esclusivamente personale.
La decisione della Cassazione sul quantitativo di droga
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ponendo fine al percorso giudiziario e rendendo definitiva la condanna. La decisione si fonda su due pilastri principali: uno di carattere procedurale e uno di carattere sostanziale, strettamente legato proprio al quantitativo di droga sequestrato.
Dal punto di vista procedurale, i giudici hanno ritenuto i motivi del ricorso troppo generici. Un ricorso in Cassazione, per essere valido, deve contenere un’analisi critica e specifica delle argomentazioni della sentenza che si intende impugnare, non potendosi limitare a riproporre le stesse difese già respinte nei gradi precedenti. In mancanza di questa critica puntuale, l’impugnazione viene considerata inammissibile.
Le motivazioni
Nel merito, la Corte ha sottolineato come i giudici dei precedenti gradi di giudizio avessero già ampiamente motivato la condanna sulla base di elementi di fatto chiari e inequivocabili. L’elemento centrale della loro valutazione è stato proprio l’enorme quantitativo di sostanza. Secondo la Corte, una quantità così ingente, capace di soddisfare un numero molto elevato di consumatori, è logicamente e fattualmente incompatibile con l’ipotesi di un uso puramente personale.
La difesa dell’imputato è stata quindi smontata dal semplice dato oggettivo del peso della droga. Inoltre, la Corte ha escluso anche la possibilità di qualificare il fatto come ‘di lieve entità’ (il cosiddetto ‘piccolo spaccio’ previsto dal comma 5 dell’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti). Anche in questo caso, il dato ponderale e il numero di dosi ricavabili sono stati considerati ostativi a una simile riqualificazione, indicando un’attività non occasionale o di modesta portata.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. La prima, di natura processuale, è che un ricorso per cassazione deve essere tecnicamente ben costruito, con critiche mirate alla logica giuridica della sentenza impugnata. La seconda, e più rilevante per il tema trattato, è che il quantitativo di droga rappresenta una prova regina nei processi per stupefacenti. Sebbene la legge non fissi soglie quantitative rigide per distinguere l’uso personale dallo spaccio, un dato ponderale significativo costituisce un indizio talmente grave, preciso e concordante da poter fondare, anche da solo, una sentenza di condanna. Di fronte a quasi 2 kg di cannabis, la tesi dell’uso personale perde ogni credibilità, trasformandosi in un reato conclamato agli occhi dei giudici.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile principalmente per ragioni procedurali. I motivi presentati erano generici e non contenevano una critica specifica e analitica delle argomentazioni della sentenza d’appello, requisito fondamentale per poter accedere al giudizio della Corte di Cassazione.
Un grande quantitativo di droga è sufficiente per una condanna per spaccio?
Sì, secondo questa ordinanza, un quantitativo ingente (in questo caso oltre 1,8 kg di cannabis, da cui erano ricavabili quasi 3.900 dosi) è un elemento di fatto considerato incompatibile con l’ipotesi dell’uso personale e può essere sufficiente a fondare una prova di responsabilità penale per il reato di spaccio.
Perché non è stata riconosciuta l’ipotesi del fatto di lieve entità (piccolo spaccio)?
L’ipotesi del fatto di lieve entità, prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti, è stata esclusa a causa dell’elevato dato ponderale della sostanza e della sua capacità di soddisfare un numero significativo di consumatori. Tali elementi sono stati ritenuti incompatibili con la nozione di ‘piccolo spaccio’.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27353 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27353 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a FAVARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/12/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
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OSSERVA
Rilevato che COGNOME NOME ha proposto ricorso con difensore avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo, in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata quella del GUP del Tribunale di Agrigento, di condanna ad esito di giudizio abbreviato per il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309/1990 ;
ritenuto il ricorso inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., perc proposto per motivi non scanditi da necessaria analisi critica delle argomentazioni poste base della decisione (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso p cassazione), avendo i giudici di merito dato conto degli elementi in fatto dai quali è s tratta la prova della penale responsabilità (lo stesso quantitativo essendo stato riten incompatibile con l’asserito uso personale) ed esclusa l’ipotesi di cui all’art. 73, c. 5, n. 309/1990 alla stregua del dato ponderale e della capacità di soddisfare un numero significativo di utenti, incompatibile con il cd. piccolo spaccio;
che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 26 giugno 2024
NOME COGNOME
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