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Quantificazione della pena: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la quantificazione della pena. La Corte ha stabilito che la valutazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se non manifestamente illogica o arbitraria. Il motivo del ricorso è stato considerato una semplice riproposizione di censure già respinte in appello.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Quantificazione della Pena: I Limiti del Ricorso in Cassazione

La corretta quantificazione della pena è uno dei pilastri del diritto penale e rappresenta l’esercizio della discrezionalità del giudice nel bilanciare la gravità del reato con la necessità di rieducazione del condannato. Tuttavia, quali sono i limiti per contestare questa decisione davanti alla Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente chiarisce quando un ricorso su questo punto viene dichiarato inammissibile, ribadendo principi consolidati in materia.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte di Appello. Quest’ultima aveva confermato la condanna emessa in primo grado dal Giudice dell’udienza preliminare. L’imputato, non soddisfatto della pena inflittagli, ha deciso di portare la questione fino all’ultimo grado di giudizio, la Corte di Cassazione.

L’Unico Motivo di Ricorso: Errata Quantificazione della Pena

Il ricorrente ha basato la sua intera difesa su un unico motivo: l’erronea applicazione dell’articolo 133 del codice penale e la mancanza di motivazione in relazione alla quantificazione della pena. In sostanza, l’imputato sosteneva che i giudici di merito non avessero giustificato adeguatamente la misura della sanzione applicata, violando i criteri legali che guidano la discrezionalità del giudice.

La Decisione della Cassazione sulla Discrezionalità del Giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due argomenti principali, che rappresentano un punto fermo nella giurisprudenza di legittimità.

In primo luogo, il motivo sollevato non era nuovo. Si trattava, infatti, della mera riproposizione di censure già ampiamente esaminate e correttamente respinte dalla Corte di Appello. Un ricorso in Cassazione non può essere una semplice ripetizione delle argomentazioni già discusse nei gradi di merito.

In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, la determinazione del trattamento sanzionatorio è un’attività che rientra pienamente nella discrezionalità del giudice di merito. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato direttamente i fatti e le prove. L’intervento della Suprema Corte è ammesso solo in casi eccezionali.

Le Motivazioni

Le motivazioni dell’ordinanza sono chiare e dirette. La Corte ha ribadito che il controllo di legittimità sulla quantificazione della pena è limitato a verificare che la decisione del giudice di merito non sia il risultato di un puro arbitrio o basata su una motivazione manifestamente illogica. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano fornito una giustificazione adeguata per la pena inflitta, come emergeva dalle pagine della sentenza d’appello citate dalla stessa Cassazione.

Poiché non è emersa alcuna illogicità manifesta né arbitrarietà, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista per scoraggiare ricorsi infondati.

Conclusioni

Questa pronuncia conferma un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito. Il suo compito è assicurare l’uniforme interpretazione della legge, non rivalutare le decisioni discrezionali dei giudici dei gradi inferiori, a meno che queste non siano palesemente viziate. La quantificazione della pena, se motivata in modo logico e coerente con i criteri dell’art. 133 c.p., è una valutazione insindacabile in sede di legittimità. Questo principio serve a garantire la certezza del diritto e a prevenire un uso dilatorio dei mezzi di impugnazione.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
No, non è generalmente possibile. La quantificazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e può essere contestata in Cassazione solo se la motivazione è manifestamente illogica o se la decisione è frutto di arbitrio.

Cosa significa che un ricorso è ‘riproduttivo’ di censure già esaminate?
Significa che il ricorso si limita a ripetere le stesse argomentazioni e critiche che sono già state presentate, valutate e respinte nei precedenti gradi di giudizio (in questo caso, dalla Corte di Appello), senza introdurre nuovi profili di illegittimità.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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